Caro Pagliarini,
mi permetto di scriverle nuovamente nel dubbio che il mio precedente messaggio
non sia stato trasmesso correttamente. Io sono stato in aspettativa senza assegni
per 5 anni dalla mia posizione di Professore Ordinario, per dirigere una Struttura
di un Ente di Ricerca, e sono rientrato all'Università a fine settembre. Per varie
ragioni, potrebbe essere profiquo continuare la mia attività a tempo pieno
nell'Ente in questione, e mi chiedo se in questo caso si possa applicare la cosidetta
"mobilità volontaria" (Art. 30 Dlgs 165/2001), transitando cioè definitivamente nella
dirigenza dell'Ente.
La ringrazio in anticipo per l'attenzione e le porgo i miei migliori auguri.
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caro collega
ritengo che la via della "mobilita' volontaria" di cui all'art. 30 del Dlgs. 165/2001, integrato dall'art. 5, comma 1 - quater della legge 43/2005 possa essere utilizzata, ma con adeguate accortezze. Poiche' non e' un semplice interscambio tra due dipendenti di amministrazioni diverse, ma un volontario trasferimento di un dipendente da una ad altra amministrazione, per il quale, peraltro, e' indispensabile un regolare nulla osta dell'amministrazione di appartenenza, sarebbe preferibile predisporre alcuni formali atti preparatori. Una dichiarazione dell'Ente di ricerca che attesti la piena e apprezzata validita' della direzione della struttura per 5 anni, con piena soddisfazione del personale e dell'Ente per i risultati conseguiti. La successiva dichiarata disponibilita' del docente a trasferire il suo posto di ruolo a dirigere definitivamente la struttura dell'Ente di ricerca, gia' diretta per 5 anni con dichiarata soddisfazione della stessa, ovviamente se l'amministrazione di appartenenza dovesse concedere il regolare nulla-osta. Ci sarebbero i presupposti per giustificare l'attribuzone della direzione di una struttura a tempo indeterminato, probabilmente non contemplata nel CCNL dei dipendenti dell'Ente al quale la struttura appartiene. Ritengo in tal modo piu' facilmente raggiungibile l'effetto della "mobilita' volontaria" . Cordialmente
Alberto Pagliarini
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3 commenti:
Credo sia davvero scandaloso che un Professore universitario, addirittura un ORDINARIO, non conosca nemmeno la lingua italiana. Non si scrive profiquo ma proficuo! Caro Prof. lei dovrebbe ritornare sui banchi di "squola", leggendo persone come lei mi convinco sempre di più che l'Università italiana merita davvero tutto il fango che la sta seppellendo.
Non mi scandalizzo. Ho trascorso mesi e mesi a correggere gli sfondoni compiuti da colleghi, contenuti in articoli sottoposti a una rivista scientifica. Direi anzi che gli errori ortografici sono il male minore. Quel che manca in molti casi è la capacità di analisi e di sintesi; sovente anche la coerenza dell'argomentazione. Fenomeni del genere non sono tuttavia infrequenti anche in atenei stranieri. Il passaggio a un'università di massa ha spesso comportato il reclutamento di docenti -- soprattutto di ricercatori -- poco qualificati e motivati. Da questo punto di vista la vecchia guardia, i cosiddetti "baroni" -- contro cui si scaglia quasi giornalmente il ministro Gelmini -- sono mediamente meglio formati e preparati delle nuove leve. Le ragioni dell'attacco ai "baroni" da parte dell'avv. Gelmini sono tutte politiche. La posta in gioco è il controllo degli atenei italiani nei prossimi decenni. Conoscendo le affiliazioni culturali del ministro non è difficile intuire chi abbia soprattutto a cuore questo disegno.
Neanche io mi scandalizzo più di tanto. Avrei tuttavia qualche dubbio che i famosi "baroni" siano mediamente più preparati delle nuove leve. Gli attuali baroni rientrano per fascia d'età nella grande ope legis del 1980. All'epoca il reclutamento di massa non fu limitato ai soli ricercatori. Divennero associati - e più tardi ordinari - una gran quantità di assistenti per i quali non era affatto ovvio un avanzamento di carriera. E non tutti erano Alessandro Manzoni, anche nelle facoltà di Lettere.
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