Egregio Prof. Pagliarini,
mi permetto di disturbarLa per porle un quesito - probabilmente banale - ma per me assolutamente angosciante.
Sono un ricercatore a tempo determinato,con inizio del rapporto in data 03/11/2010 e data di fine rapporto 03/11/2013 (Art.2 del contratto)
Sul contratto stipulato con l'Università,classificato come "Contratto individuale di lavoro subordinato di tipo privato a tempo determinato",è previsto un periodo di prova non meglio specificato,ovvero (cito testualmente):
"ARTICOLO 3 (PERIODO DI PROVA): La conferma in servizio è subordinata all'espletamento di un periodo di prova di n. 180 giorni lavorativi (e comunque non superiore al 10% della durata complessiva del rapporto di lavoro),durante i quali ciascuna delle parti ha diritto di recedere unilateralmente,senza obbligo di preavviso,con effetto immediato dalla comunicazione alla controparte".
La mia domanda è questa,possono realmente (mi perdoni la poco aulica espressione) cacciarmi dall'oggi al domani e, se sì, quali potrebbero essere le motivazioni? So che non devono essere "motivazioni discriminatorie",ma a quanto pare non sono neanche costretti a dare queste motivazioni..!
Sono piuttosto preoccupata, perchè l'Università dove svolgo la mia attività di ricerca è tra quelle passate agli onori della cronaca per avere tra i maggiori buchi di bilancio in Italia.
Spero sinceramente di averLe posto una domanda "degna" di risposta.
In attesa di un Suo cortese riscontro, La ringrazio anticipatamente per il tempo prezioso che vorrà dedicarmi.
Distinti saluti.
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gentile dottoressa
per la lettera dell'art. 3 del contratto l'università può recedere liberamente senza alcun preavviso. E' difficile che ciò accada. Se accade sarebbe corretto motivare la recessione. Cordialmente
Alberto Pagliarini
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