mercoledì 26 dicembre 2012
nomina e stato giuridico
Gent.mo Prof. Pagliarini,
Sono stato nominato da pochi giorni Professore Associato (con presa di servizio 28/12/2012) con procedura "pre-Gelmini", ai sensi dell'art. 29, comma 4.
Per poter andare in pensione a 70 anni è necessario che eserciti opzione per la Legge Moratti? O invece l'applicazione del famoso comma 17 è per me automatica (essendo stato assunto dopo il 2005)?
Ringraziandola di cuore per il fondamentale servizio che rende all'intera comunità universitaria,
Con i migliori auguri per le prossime festività e per il nuovo anno,
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caro collega
la nomina ad associato e' stata fatta applicando le procedure delle norme esistenti prima della legge Gelmini. In conseguenza la sua posizione giuridica rientra nello stato giuridico antecedente la legge Gelmini, anche ai fini della pensionabilita'. Pertanto per poter usufruire del comma 17 della legge Moratti deve, necessariamente, esercitare il diritto di opzione previsto nella stessa legge.
Ringrazio e ricambio gli auguri. Cordialmente
Alberto Pagliarini
martedì 25 dicembre 2012
nomina e presa di servizio termini giuridici ed economici
Gent.mo Prof. Pagliarini
mi permetto di rinviare la mail spedita il 14 dicembre perchè domani abbiamo un Senato Accademico e la Sua illuminante risposta potrebbe portarci in una direzione piuttosto che in un'altra.
Il quesito deriva dalla necessità di approvare la presa di setvizio di 6 idonei di prima fascia entro il 2012 per evitare di cadere nel vincolo normativo che per ogni PO che prende servizio l'Ateneo deve prevedere almeno un concorso da ricercatore tipologia B, con tutto quello che comporta. Trattasi di 6 colleghi che hanno preso l'idoneità nel 2010 e sono stati tutti chiamati dalle rispettive Facoltà nel rispetto di quanto previsto dai piani triennali delle stesse.
Il problema è che il piano triennale precedente faceva riferimento al triennio 2010-2012 quando ancora i nuovi vincoli rispetto ai ricercatori di tipologia B che, invece, sono previsti per il triennio 2013-2015.
Se potessimo prevedere la presa di servizio dei Colleghi entro la fine del 2012, con decorrenza giuridica, forse, potremmo non cadere in quel baratro rappresentato dai tanti paletti disposti.
RingraziandoLa anticipatamente per i chiarimenti che vorrà darmi, Le porgo distinti saluti
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Da: "xxxxxxxxxxxx
A: "pagliarini alberto"
Inviato: Venerdì, 14 dicembre 2012 23:24:23
Oggetto: Presa di servizio: termini giuridici ed economici
Egregio Prof. PAGLIARINI
Il momento caotico che sta passando il sistema universitario e' a Lei ben noto e quindi non mi dilungo in premesse per Lei assolutamente scontate.
Vado quindi direttamente al punto: e' possibile oggi, come lo e' stato in passato nel Sistema Universitario del nostro Paese, disgiungere il concetto di "termini giuridici" della presa di servizio di un docente da quello di "termini economici"?
Colgo l'occasione per ringraziarLa per il prezioso servizio offerto con competenza e professionalità indiscusse per aiutare tanti a districarsi nella giungla in cui stiamo vivendo.
Cordiali saluti
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gentile collega
la questione: chiamata, nomina e conseguente presa di servizio per i professori di 1^ fascia, idonei sui concorsi banditi dal 2008, è inverosimilmente e legislativamente ingarbugliata per effetto di successive leggi che hanno fissato blocchi e vincoli alle assunzioni, molto forti per le cosiddette università non virtuose. E' pertanto impensabile poter dare una risposta univoca alle domande poste. Una risposta l'ho data prendendo a riferimento il comma 4 dell'art.18 (per un errore di digitazione nella risposta è indicato l'art. 28) della legge Gelmini. Quella risposta può valere solo per le università virtuose e nel rispetto del piano triennale e dei diversi vincoli, più leggeri per queste università. Posso comunque affermare che non ha senso parlare di nomina e presa di servizio solo ai fini giuridici, perché con la formale presa di servizio inizia il rapporto di lavoro effettivo e, quindi la corrispondente attribuzione della retribuzione, con la quale è concretizzato il fine economico oltre che quello giuridico. La questione richiamata all'inizio ha avuto e continua ad avere risvolti anche parlamentari: interrogazioni e proposte di emendamenti a disegni di legge. La soluzione legislativa al problema che investe alcune centinaia di idonei con le vecchie norme, non c'è ancora. E' auspicabile che il nuovo governo e il nuovo parlamento risolvano la questione anche perché vi sono profili di incostituzionalità sul trattamento delle diverse figure di idonei con gli stessi diritti, solo perché appartenenti a sedi diverse. Allego una ottima relazione sulla questione idonei che tratta in modo chiaro ed esaustivo, almeno sino ad oggi, la questione. Auguri di Buon Natale e cordialità
Alberto Pagliarini
venerdì 30 novembre 2012
riconoscimento posizioni apicali ai professori di 1^ e 2^ fascia
Gent.mo prof. Pagliarini,
La disturbo per porLe il seguente quesito: sono un Professore Straordinario di Medicina Interna, e, dal punto di vista assistenziale, mi stata assegnata, da alcuni anni, la sola responsabilità di una struttura semplice.
Il D.I. 9 novembre 1982 equiparava il professore ordinario o straordinario di materie cliniche al “primario”.
Il Decreto Legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, all’articolo 5 comma 4 afferma che “Ai professori di prima fascia ai quali non sia stato possibile conferire un incarico di direzione di struttura semplice o complessa, il Direttore Generale, sentito il Rettore, affida, comunque la responsabilita' e la gestione di programmi, infra o interdipartimentali finalizzati alla integrazione delle attivita' assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali, nonche' al coordinamento delle attivita' sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale. La responsabilita' e la gestione di analoghi programmi puo' essere affidata, in relazione alla minore complessita' e rilevanza degli stessi, anche ai professori di seconda fascia ai quali non sia stato conferito un incarico di direzione semplice o complessa. Gli incarichi sono assimilati, a tutti gli effetti, agli incarichi di responsabilita' rispettivamente di struttura complessa e di struttura semplice”.
Secondo il suo giudizio, in termine “rispettivamente” riportato dell’ultima riga, va interpretato nel senso che per il professore ordinario il programma infra o interdipartimentale deve essere assimilato a quello di struttura complessa, e per il professore associato assimilato a quello di struttura semplice ?
So bene quanto l’argomento sia controverso, ma un suo punto di vista mi sarebbe di estremo aiuto.
Colgo l’occasione per ringraziarLa sentitamente e inviarle i miei più sinceri saluti e i sensi della mia profonda stima
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caro collega
leggendo attentamente il comma 4 dell'art. 5 si rilevano differenze sostanziali tra gli affidamenti possibili previsti ai professori ordinari e quelli previsti ai professori associati, entrambi privi della direzione di una struttura semplice o complessa. Per i professori ordinari il direttore generale, sentito il rettore, procede comunque all'affidamento senza alcun limite sulla complessità e rilevanza dello stesso. Per i professori associati invece la norma prevede che il direttore generale può procedere all'affidamento con il vincolo della minore complessità e rilevanza dello stesso. Vi è quindi una sostanziale diversità procedurale, obbligo per gli ordinari e solo possibilità per gli associati, e una sostanziale diversità sulla qualità e rilevanza dell'affidamento che deve essere minore per gli associati e senza alcun vincolo per gli ordinari. Ovviamente ciò comporta che ai fini della assimilazione, a tutti gli effetti, della responsabilità di una struttura semplice o complessa, il legislatore ha distinto, usando la locuzione rispettivamente, l'assimilazione di una struttura complessa per gli ordinari e di una struttura semplice per gli associati. Questo è il mio parere e la mia interpretazione della norma. Ritengo che qualsiasi interpretazione diversa è viziata da una forzatura ad usum Delphini. Cordialmente
Alberto Pagliarini
venerdì 23 novembre 2012
ricostruzione di carriere domanda entro un anno dalla conferma
Gent.imo Professore.
sono professore associato presso l'Università degli studi di xxxxxxxxxxx.
Ho preso servizio come ricercatore il 1^0 Novembre 1998 e come associato
il 1^0 Dicembre 2006, ottenendo la conferma tre anni dopo.
Ho omesso, per mia dimenticanza, di chiedere la ricostruzione di carriera
entro un anno dalla presa di servizio come associato.
Ho presentato la domanda in questi giorni e l'Amministrazione si riserva
di valutare il
mio caso. Mi e' stato comunque detto che facilmente potrei ottenere
una risposta negativa e non vedere riconosciuta la mia tardiva richiesta,
perche' è ormai scaduto il tempo di presentazione della domanda.
Vorrei conoscere, se possibile, la Sua opinione al riguardo.
La pregherei, per cortesia, di omettere il mio nome.
RingraziandoLa anticipatamente per l'attenzione, Le porgo cordiali saluti,
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caro collega
il termine temporale di un anno, per presentare la domanda di ricostruzione di carriera dopo la conferma, è ordinatorio, non perentorio. Se l'amministrazione lo considera perentorio e respinge la domanda, non resta che ricorrere al TAR. Se ben ricordo esistono sentenze favorevoli al ricorrente. Cordialmente
Alberto Pagliarini
venerdì 2 novembre 2012
chiamata di un professore ordinario interno
Egr. Prof. Pagliarini,
ti disturbo per chiederti lumi su una questione URGENTE attinente alla normativa universitaria, e ti prego quindi di scusarmi in anticipo, ma ti reputo uno dei pochissimi ben informati in materia!
In particolare, il mio problema è il seguente: io sono un PA in servizio presso l'Universtà degli Studi dell'Aquila, e ho conseguito un'idoneità di prima fascia nel 2010. La mia Università mi ha già chiamato (nel 2010) ma non ho potuto prendere servizio per le note restrizioni sul 90%. Adesso, a valle della distribuzione di questi giorni da parte del MIUR delle disponibilità in termini di Punto Organico Equivalente per le assunzioni nel 2012, si è scatenata una ridda di voci sulle modalità di utilizzo di tali fondi. Come certo saprai ci sono decine di vincoli, ma il mio dubbio è a monte, ed è relativo al costo della mia presa di servizio. Costa 1 POE intero, oppure trattandosi di "promozione" interna costa solo 0.3 POE (ovvero il delta tra il costo equivalente di un PO e di un PA)? Io mi sono riferito alla circolare Masia che ti allego e quindi propendo per 0.3, ma altri all'interno del mio ateneo dicono che è superata!
Qual è il tuo autorevole parere in merito?
Grazie mille in ogni caso e ti saluto cordialmente rinnovandoti il mio sincero attestato di stima,
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caro collega
la circolare Masia non è stata allegata. Tuttavia ritengo che gran
parte dei vincoli posti per le chiamate hanno lo scopo di contenere i
costi della nuova chiamata, Pertanto il costo reale di un PO chiamato
da una sede presso la quale lo stesso era PA, è pari allo 0,3 del POE
e, quindi il predetto principio di contenimento della spesa è
salvaguardato. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 17 ottobre 2012
ricostruzione di carriera servizio di dirigente medico
Gent.mo prof. Pagliarini,
La disturbo per porLe il seguente quesito:
Nella ricostruzione di carriera del professore associato, é riconoscibile il servizio svolto in qualità di Dirigente medico ospedaliero (universitario e non)? Se sì, qual'é la normativa di riferimento?
In attesa di Sue comunicazioni e ringraziandoLa per la cortese collaborazione, Le porgo i miei più cordiali saluti.
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caro dottore
la risposta è no, non può essere riconosciuto non essendo previsto nell'art. 103 del DPR 382/80. I servizi riconosciuti sono solo quelli di docenza a vario titolo prestati nell'università. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 10 ottobre 2012
ricostruzione carriera e supplenze durante straordinariato
Gentile Prof. Pagliarini,
le sono grato, come tutti del resto, per il suo impagabile aiuto nel gestire le tante "banali" problematiche nei rapporti con le rispettive Amministrazioni.
Desidero farle una domanda circa la ricostruzione della carriera da professore ordinario:
nel periodo di straordinariato (che non è da considerare ai fini della ricostruzione) ho svolto per tre anni una docenza presso altro Ateneo come "professore supplente" assegnata in seguito al classico bando pubblico di Ateneo. Considerato che la norma (dell'art. 103 del D.P.R. 11.7.1980, n. 382) include il servizio di "supplente" tra quelli riconoscibili e che i riconoscimenti ai fini della carriera di servizi ed attività svolti contemporaneamente non sono tra loro cumulabili e considerato che nei tre anni di straordinariato non viene riconosciuto nulla, secondo Lei, si può richiedere tale periodo ai fini della ricostruzione della carriera (ovviamente sempre per 1/3 del periodo).
Qual è la sua impressione in merito?
Nel ringraziarla anticipatamente per la cortese disponibilità, invio cordiali saluti.
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caro collega
la ricostruzione di carriera avviene prendendo in considerazioni solo eventuali servizi espletati prima dell'accesso al nuovo ruolo. Pertanto non possono essere considerati gli anni di straordinariato, essendo già avvenuto l'accesso al nuovo ruolo che inizia con lo straordinariato e conseguentemente anche eventuali servizi di supplenza espletati durante lo straordinariato. Cordialmente
Alberto Pagliarini
martedì 9 ottobre 2012
età pensionabile per i professori ordinari
Caro Alberto,
sono Enrico Primo Tomasini, ordinario di Misure Meccaniche e Termiche presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche, ANCONA, e mi permetto di scriverTi allegando un tuo documento che ho ricevuto da Michele Gasparetto del Politecnico di Milano.
Come vedi l’argomento è l’età di pensionamento e mi rivolgo a Te sperando che ci possa dare una mano. Siamo infatti un gruppo di professori, che il nostro Rettore vuole mandare in pensione a 68 anni, come ha già fatto per altri colleghi.
A fronte delle nostre richieste di chiarimento del perché nelle altre Università d’Italia si va in pensione a 70 anni, non ha mai voluto rispondere.
Finalmente per domani pomeriggio ha indetto una riunione per darci chiarimenti.
Ti sarei molto grato se potessi aggiornarci con le ultime leggi il documento allegato, che ti mando, in modo da avere qualche elemento per discutere le Sue argomentazioni.
So che nel campo sei molto preparato e ti ringrazio anche a nome di tutti i colleghi per quello che ci potrai mandare (Scusami anche se so che il tempo è poco.)
Grazie ancora di vero cuore e ricevi i nostri più sinceri saluti e i sensi della nostra profonda stima.
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caro collega
l'errata interpretazione del comma 17 dell'art. 1 della legge Gelmini, per cui alcune sedi hanno portato a 68 anni l'età pensionabile dei professori ordinari, è stata sconfessata da una ampia giurisprudenza, Diverse sentenze di TAR, una più recente è quella del TAR Emilia Romagna n. 116 del 13/1/2012, una sentenza del Consiglio di Stato n. 3056 del 23/5/2011, 3 Ordinanze del Consiglio di Stato, hanno inequivocabilmente stabilito che l'età pensionabile dei professori universitari è al compimento del 70° anno di età. L'università di Pisa e La Sapienza di Roma che erano state tra le prime a portare a 68 anni l'età pensionabile, hanno annullato i decreti di pensionamento e, per autotutela, si sono adeguate alla giurisprudenza predetta. Non vi è nessun valido motivo per continuare ad applicare l'errata interpretazione della norma predetta. Se ciò accade in qualche sede si rende indispensabile un ricorso al TAR con risultato sicuramente favorevole ai ricorrenti. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 16 settembre 2012
obbligo del nulla osta per compiti didattici presso altro ateneo
Gentile Prof. Pagliarini,
innanzitutto grazie per il Suo servizio di informazione che è spesso decisivo nell'orientamento in questa giungla che è diventato il sistema universitario e la normativa che lo regola.
Le scrivo per avere, se possibile, un'informazione riguardo i nulla osta per incarico didattico fuori ateneo: tali nulla osta, necessari per assumere un incarico retribuito di didattica ufficiale in altro ateneo, sono comunque indispensabili anche se l'incarico è a titolo gratuito?
Mi saprebbe indicare la fonte normativa in cui trovare una risposta?
La ringrazio molto,
con molta stima
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caro collega
dall'art. 6 della legge Gelmini, commi 10 e 11 può rilevare l'obbligo del nulla osta necessario per accertare il rispetto dei doveri istituzionali del docente che svolge didattica, anche retribuita, presso altro ateneo. Quel "anche retribuita" non esclude l'obbligo nel caso di compito didattico gratuito. Occorre poi, per il comma 11, una specifica convenzione tra i due atenei. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sull'obbligo di residenza
Prof. Pagliarini,
Avrei un quesito riguardante l'obbligo di residenza per Professori e Ricercatori di ruolo.
Le faccio subito il mio caso particolare.
Sono Ricercatore di ruolo presso la Libera Universita' di Bolzano ed ho la mia
residenza a Trento che dista 50km da Bolzano.
Mi sa dire se sono obbligato a cambiare la mia residenza e dover quindi cercare
una nuova casa per me e la mia famiglia anche residendo a soli 50km dal posto di lavoro?
Sperando in una sua risposta le porgo i miei piu' cordiali saluti,
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caro dottore
l'obbligo della residenza non è tassativo. Le regole per tale obbligo sono fissate nel regolamento di ateneo. E' possibile fare domanda al rettore per ottenere l'autorizzazione a risiedere in località distanti anche 50 km. Vi sono sedi che addirittura hanno previsto l'automatica autorizzazione, senza richiesta al rettore, per risiedere in località entro il raggio di 100 km. dalla sede. Consulti il regolamento del suo ateneo e se nulla è previsto faccia domanda al rettore. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 22 agosto 2012
aspettativa di 5 anni art. 7 legge Gelmini
Gentile Prof. Pagliarini,
sono Ricercatore Confermato (presa di servizio: marzo 2006, conferma: marzo 2009) e mi è stata offerta una posizione da Associate professor presso un ateneo inglese. Sarebbe una posizione permanente soggetta a conferma dopo un anno di servizio (probation period).
Mi chiedevo se una tale posizione rientra nelle "attività" di mobilità previste dall'art. 7 della Legge Gelmini e quindi mi permette una aspettativa di 5 anni e se è compatibile con il mio status di ricercatore.
O eventualmente le sarei grata se potesse suggerirmi un'altra soluzione.
Ovviamente l'ateneo inglese provvederà al mio trattamento economico e previdenziale.
Ringraziando, porgo cordiali saluti
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gentile collega
l'aspettativa di 5 anni senza assegni, prevista nei commi 1 e 2 dell'art. 7 della legge Gelmini, può essere utilizzata sia dai professori che dai ricercatori. Può fare domanda al rettore ed è necessario il parere favorevole della facoltà e del dipartimento di appartenenza. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 19 agosto 2012
pensionamento senza ordinariato
Caro Prof. Pagliarini!
Mi riferisco all'art. 8 della legge 240/210 e al D.P.R. n. 232 del 15 dicembre 2011 per chiederLe cortesemente quanto segue:
In seguito a selezione comparativa bandita nel 2008 ed espletata nel 2010 per un posto di professore di prima fascia M-PED/01 sono stato nominato professore straordinario a partire dal 1 marzo 2011. Da quanto riesco a esplicare dal D.P.R. n. 232/2011 non riuscirò più ad ottenere la conferma come professore ordinario in quanto, nato nella primavera del 1943, sarò obbligatoriamente collocato a riposo alla fine dell'anno accademico in cui compirò i 70 anni di vita, ossia in data 31.10.2013.
La ringrazio per quanto potrà dirmi.
Cordialmente
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caro collega
confermo quanto ha previsto. Cordialmente
Alberto Pagliarini
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mercoledì 4 luglio 2012
ritardi commissione conferma ricercatore
Caro Prof. Pagliarini,
sono un ricercatore non confermato in attesa del parere di conferma in ruolo da parte dalla commissione nazionale. Sono passati ormai sei mesi dall'invio della relazione e delle pubblicazioni da parte degli uffici che tra l'altro un mese fa hanno mandato alla commissione stessa un sollecito. Come si procede in questi casi? vale il silenzio assenso? si passa alla commissione del biennio successivo? si deve attendere la commissione senza limiti di tempo? il ritardo influirà sul calcolo della retribuzione?
grazie mille!
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caro collega
il ritardo della commissione non modifica i diritti retributivi connessi alla data di compimento del triennio di conferma. Vi è solo la possibilità di inviare alla commissione un ulteriore sollecito, preavvertendo che perdurando il ritardo, senza esplicite motivazioni, si potrebbero attivare conseguenti provvedimenti. Cordialmente
Alberto Pagliarini
soppressione servizio ospedaliero e riflessi sulla ricerca
Gentile prof. Pagliarini, sono un ricercatore universitario confermato a tempo pieno (SSD BIO9),nonché dirigente medico presso l'Azienda Policlinico Universitario di Messina, assegnato alla medicina interna, dove svolgo servizio di dietologia e di cura dei disturbi del comportamento alimentare. Adesso, il direttore generale decide di sopprimere tale servizio e quindi di togliermi la qualifica di dirigente medico. Io rimango dunque solo universitario. Le chiedo dunque: poiché la mia attività didattica e soprattutto scientifica scaturisce dalla pratica ospedaliera, questo provvedimento è legittimo? Di fatto esso mi toglie ogni possibilità di lavorare scientificamente, considerando che la carenza di fondi impedisce qualsiasi forma di ricerca teorica e consente solo di pubblicare lavori fondati sulla casistica esaminata con la pratica ospedaliera. Quale sarà dunque la mia posizione? Essendo a tempo pieno, mi potrà essere concesso (ed eventualmente da chi) l'esercizio dell'attività di dietologo (intramuraria o extramuraria)? Altrimenti, dovrò addirittura cancellarmi dall'albo, non pagare più l'Ente di previdenza, cioè smettere di fare il medico! Attendo di essere illuminato dalla sua esperienza e Le invio i più cordiali saluti
(mi servo della mail di un amico).
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caro collega
l'attività didattica non dipende dalla dirigenza medica ma dalle decisioni assunte dalla Facoltà in materia di affidamento di compiti didattici. Per l'attività di ricerca, in particolare quella connessa alla pratica ospedaliera, le suggerisco di scrivere al Preside di Facoltà illustrando la situazione determinatasi con la soppressione del servizio di dietologia e chiedendo i necessari adempimenti per evitare di essere costretto ad esercitare l'opzione per il tempo definito al fine di poter esercitare l'attività extramoenia. Cordialmente
Alberto Pagliarini
giovedì 21 giugno 2012
incarichi a dottorando in aspettativa retribuita
Gentile Prof. Pagliarini,
La ringrazio vivamente per la risposta.
Le pongo un altro quesito sempre inerente alla mia posizione di dottorando in aspettativa retribuita dalla propria amministrazione (tempo pieno).
È possibile per il sottoscritto, dottorando in aspettativa retribuita dalla amministrazione di appartenenza, avere, durante lo stesso congedo, incarichi per attività di tutorato didattico (art. 13 legge 341/1990 - art. 1, comma 1, lett. b legge 170/2003) inerenti a corsi del proprio settore scientifico-disciplinare?
La mia università prevede per i suddetti incarichi un compenso lordo fruibile con “assegno” a fronte degli impegni orari del beneficiario (supporto alla didattica, ricevimento studenti ecc.).
La normativa prevede la compatibilità tra incarico e posizione di aspettativa retribuita? oppure nel caso dovrei solamente richiedere l’autorizzazione per lo svolgimento dell’incarico alla amministrazione di appartenenza, ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. 165/2001?
Grazie.
Cordiali saluti.
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caro dottore
ritengo occorrano l'autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza e quella del collegio dei docenti della scuola di dottorato.
cordialmente
Alberto Pagliarini
lunedì 11 giugno 2012
sull'aspettativa di 5 anni per mobilità
Gentile Prof. Pagliarini,
mi è stata offerta una posizione da Reader presso un ateneo inglese. Sarebbe una posizione permanente soggetta a conferma dopo tre anni di servizio. Mi chiedevo se una tale posizione rientra nelle "attività" di mobilità previste dall'art. 7 della Legge Gelmini e quindi mi permette una aspettativa di 5 anni. Ovviamente l'ateneo inglese provvederà al mio trattamento economico e previdenziale.
Grazie e cordiali saluti
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caro dottore
ritengo sia possibile chiedere l'aspettativa per 5 anni. Potrà essere concessa solo previo parere favorevole del dipartimento e della facoltà di appartenenza, per il comma 2 dell'art. 7.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
giovedì 31 maggio 2012
calcolo della pensione da gennaio 2013
Caro Pagliarini,
un collega dell' Universita' di XXXXXX mi ha inviato il messaggio allegato riguardo alle modalita' si calcolo delle pensioni dal 2013. Mi rivolgo a te in quanto esperto e sempre aggiornato in materia. Corrisponde a verita' o sono solo voci? La questione mi interessa perche' avendo gia' raggiunto ad oggi 43 anni e 8 mesi di anzianita' contributiva (con i periodi riscattati) ed avendo a Dicembre superato i 65 anni potrei decidere di andare in pensione al 31 ottobre 2012 e senza penalita'. Anche questo e' vero ?
Cordiali saluti
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Caro XXXXXXX,
un associato che dovrebbe andare in pensione nel novembre 2013, ha avuto notizia che dal 1 gennaio 2013 ci sarebbe un abbassamento di 3 punti dell'aliquota di calcolo della pensione (dall'80 al 77 % della retribuzione). All'ufficio pensioni dell'Università di Firenze hanno sostanzialmente confermato: "beh si, lo sanno tutti". Te ne sai nulla, sono solo rumors o c'è qualcosa di concreto ?
Tanto per saperlo, non so poi cosa farò. Ciao, a presto
XXXXXXX
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caro collega
Dal 1° gennaio 2013 si applicano i nuovi coefficienti che tengono conto della speranza di vita e devono essere ricalcolati ogni tre anni. Quelli in vigore dal 2013 saranno validi sin al 2015. I coefficienti si applicano solo alla parte contributiva della pensione. Significa che avranno un impatto abbastanza limitato su coloro che, lavorando dal 1977, avevano già 18 anni di contributi al 31 dicembre ’95 (la parte contributiva si applica solo a partire dal primo gennaio 2012, in base alla riforma Monti-Fornero, mentre tutta la parte precedente si calcola con il retributivo).
Si applicano invece all’intero montante per chi va in pensione interamente con il metodo contributivo, ovvero per tutti coloro che hanno iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre ’95 (quindi hanno iniziato a lavorare dopo questa data).
Infine ci sono coloro che a fine ’95 lavoravano già, ma non avevano ancora maturato 18 anni di contributi: in base al sistema misto previsto già dalla riforma Dini a questi lavoratori si applica il calcolo retributivo per la parte di pensione maturata fino al 31 dicembre ’95, quello contributivo per la parte maturata dopo questa data. Sul calcolo di questa parte della pensione si applicano i nuovi coefficienti per coloro che andranno in pensione dal 2013 al 2015. Escludendo il primo caso, cioè metodo retributivo sino al 2011, la riduzione della pensione con i nuovi coefficienti per il secondo e terzo caso, varia dal 2% al 3%. Cordialmente
Alberto Pagliarini
venerdì 4 maggio 2012
sul congedo per dottorato
Gentile Prof. Pagliarini,
sono venuto a conoscenza del suo prezioso blog.
Sono un dipendente pubblico a tempo indeterminato e, con determina dirigenziale, sono stato collocato in aspettativa retribuita, da inizio anno, per la frequenza ad un corso di dottorato di ricerca, ai sensi della legge n. 240 del 2010 (c.d. legge Gelmini).
Ora, dopo 2 mesi dall’inizio del corso, mi sono accorto che potrei fornire un servizio lavorativo part-time nel mio Ente, svolgendolo nei giorni non impegnati dalla frequenza del dottorato, potendo in questo modo rientrare nella valutazione della premialità prevista nel CCDI 2012.
La Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica del 7 ottobre 2011, n. 12 specifica che il collocamento in aspettativa del dipendente avviene, in maniera innovativa, “compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione”, accordando così all’interessato una posizione giuridica soggettiva condizionata, la cui realizzazione è subordinata alle esigenze di buon andamento.
Alla mia richiesta di prestare un servizio part-time, il mio dirigente sostiene che non sono possibili attività lavorative effettuate da un dipendente in congedo straordinario, in quanto ciò non sarebbe compatibile con lo “status” di dipendente in congedo.
È valida ancora questa ipotesi per il congedo per dottorato di ricerca, anche dopo le innovazioni dei suddetti provvedimenti normativi?
La ringrazio.
Cordiali saluti.
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caro dottore
ritengo esatta la motivazione espressa dal suo direttore. Prima della legge 240/2010 l'amministrazione era obbligata a concedere il congedo a semplice presentazione della domanda. Con la predetta legge l'amministrazione può discrezionalmente concederlo o no "compatibilmente con le esigenze dell'amministrazione". Non sono possibili alternative diverse, anche perché il soggetto in congedo deve dedicarsi completamente non solo alla frequenza ma anche al connesso studio, seminari ed altro. Non ha senso un congedo parziale. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 2 maggio 2012
modifica di un regolamento
Caro Alberto,
sono ricercatore confermato all'Università della Calabria, nel regolamento che trovi in attach, gli articoli 10 comma 2, 12 comma 1 sono per noi, stonati. Stiamo cercando di scrivere un emendamento al Regolamento per fare in modo di avere la responsabilità scientifica di un assegno, motivando la richiesta come una disparità che si verrebbe a creare tra i ricercatori calabresi e i ricercatori degli altri atenei (La Sapienza, Padova, Bologna, solo per citarne alcuni, consentono ai ricercatori di essere responsabili scientifici), evidenziando di essere penalizzati, in futuro, in sede di valutazione nazionale.
In ogni caso, abbiamo il sentore che l'autonomia propria di ogni Ateneo sarà la trincea dei nostri interlocutori. E' chiaro che il regolamento è stato stilato in questi termini non per "ignoranza" della legge 240/10 ma per dare uno scossone forte ai già traballanti diritti di noi ricercatori UNICAL. Volendo agire in maniera più incisiva ti chiedo se ci sono i presupposti per impugnare, e con quali modalità, il regolamento emanato dall'ateneo e relativo a questi punti.
Facendo una metafora: anche se il pittore (ATENEO) ha autonomia creativa, non
ha la facoltà legale di pennellare al di fuori di una cornice (NORMATIVE
NAZIONALE ED EUROPEA).
Grazie di essere sempre a disposizione dei tanti,
cordialmente, Erika Cione
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gentile collega
un regolamento approvato e pubblicato può essere modificato. Occorre presentare al rettore una regolare richiesta sufficientemente motivata, firmata dal maggior numero possibile di soggetti interessati. Nel caso specifico conviene citare e riportare gli articoli e i commi specifici di analoghi regolamenti adottati da altre sedi, evidenziando la palese disparità di trattamento di analoghe figure giuridiche. Il rettore potrebbe sottoporre la richiesta al senato accademico che potrà accoglierla o respingerla con adeguata motivazione. Non vi sono altre vie per impugnare un regolamento in vigore. Cordialmente
Alberto Pagliarini
contratto ed esonero dal servizio
Chiar.mo Prof. Pagliarini,
sono docente di scuola superiore a tempo indeterminato. Mi si prospetta la possibilità di un contratto a tempo determinato di tre anni per professore ordinario presso un'università privata per chiamata, quindi con decreto di nomina e non a concorso. La mia domanda è: posso usufruire del congedo dalla scuola per la durata del contratto con l'università ai sensi dell'articolo 25 382/1980 anche se si tratta di università privata?
La ringrazio infinitamente in anticipo e complimenti vivissimi per il suo blog!
xxxxxxxxxxxx
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gentile collega
la norma citata vale per le università statali ma l'amministrazione della scuola potrebbe ritenerla valida anche per le università private, non essendoci oneri aggiuntivi, poiché l'esonero dal servizio è senza assegni. Faccia la domanda di esonero e attenda l'esito.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
venerdì 6 aprile 2012
sulla proroga del blocco delle retribuzioni
Egregio Collega,
l'ufficio stipendi della mia università (Università di Palermo), su espressa richiesta circa la durata del blocco degli scatti stipendiali, sostiene che "il blocco triennale degli stipendi per il pubblico impiego previsto dall'art.9,21 comma del D.L.n.78 /2010 convertito in legge n.122/2010 è stato prorogato
fino al 31/12/2014 in base al disposto della manovra finanziaria di estate 2011,e cioè la legge n.111 del 15/7/2011 pubblicata su G.U.R.I. n.164 del 16/7/2011,ed in
particolare l'art.16,1°comma,lett.b. "
Si tratta, a Suo parere, di una interpretazione plausibile della norma del 2011, atteso che non si riferisce espressamente alle categorie dei non contrattualizzati?
La ringrazio anticipatamente per l'attenzione
xxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
l'art.16 della legge citata, prevede che possa essere disposta la proroga del blocco a tutto il 2014, con apposito regolamento da emanare a cura dei ministri del MEF e della Funzione Pubblica. Sinora il regolamento non è stato emanato. Solo se sarà emanato entro il 2012 o il 2013 ci potrà essere la proroga del blocco. Cordialmente
Alberto Pagliarini
l'ufficio stipendi della mia università (Università di Palermo), su espressa richiesta circa la durata del blocco degli scatti stipendiali, sostiene che "il blocco triennale degli stipendi per il pubblico impiego previsto dall'art.9,21 comma del D.L.n.78 /2010 convertito in legge n.122/2010 è stato prorogato
fino al 31/12/2014 in base al disposto della manovra finanziaria di estate 2011,e cioè la legge n.111 del 15/7/2011 pubblicata su G.U.R.I. n.164 del 16/7/2011,ed in
particolare l'art.16,1°comma,lett.b. "
Si tratta, a Suo parere, di una interpretazione plausibile della norma del 2011, atteso che non si riferisce espressamente alle categorie dei non contrattualizzati?
La ringrazio anticipatamente per l'attenzione
xxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
l'art.16 della legge citata, prevede che possa essere disposta la proroga del blocco a tutto il 2014, con apposito regolamento da emanare a cura dei ministri del MEF e della Funzione Pubblica. Sinora il regolamento non è stato emanato. Solo se sarà emanato entro il 2012 o il 2013 ci potrà essere la proroga del blocco. Cordialmente
Alberto Pagliarini
venerdì 30 marzo 2012
retribuzione dei ricercatori non confermati
Gentile Professor Pagliarini,
grazie innanzitutto per il prezioso servizio che svolge attraverso il Suo sito. Come certamente saprà, è stato recentemente promulgato il Decreto Legislativo n. 19 sulla "Valorizzazione dell’efficienza delle università (...) e la valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno di attività, a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240."
L'articolo 16 del Decreto prevede che i RTI non confermati beneficino di un aumento di stipendio, che verrebbe portato al 70% di quello di un Professore Associato con pari anzianità di servizio.
Il 23 marzo il decreto entrerà in vigore, ma la mia amministrazione sembra intenzionata a non riconoscere a nessuno dei ricercatori tale adeguamento sostenendo che anche questo aumento ricada nell'ambito d'applicazione del c.d. Blocco Tremonti, introdotto con il Decreto Legge 78/2010 poi convertito in legge (L. n. 122, del 30 luglio 2010).
A me questa pare un'interpretazione infondata dal punto di vista giuridico. Questo perchè:
a) l'art. 9 comma 21 della Legge n.122 blocca, per il triennio 2011-13, "i meccanismi di adeguamento retributivo (...) cosi' come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448,", ossia l'adeguamento periodico e automatico che spettava (fra gli altri) ai ricercatori universitari. Non si riferisce dunque ad aumenti previsti in virtù di altri atti legislativi, quale l'adeguamento stabilito dal recente Decreto Legislativo.
b) se è vero che al comma 1 dello stesso art. 9 si precisa che per il triennio in questione "il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti (...) non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010", è anche vero che l'articolo esclude espressamente gli "effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva". Ora, a me pare che un decreto legislativo con cui si concede un aumento a una determinata e ben identificabile categoria di dipendenti, possa a pieno titolo qualificarsi come "evento straordinario" ai sensi della L. 122, e sia dunque escluso dal blocco.
Mi pare inoltre rilevante la circostanza che la legge Gelmini (che disponeva inizialmente l'aumento) sia del 30 dicembre 2010, successiva dunque alla legge che istituiva il "blocco", che è del luglio dello stesso anno. Essendo fonti di pari grado mi pare ragionevole pensare che la legge successiva deroghi a quella precedente.
Avrei piacere a conoscere la Sua opinione a riguardo.
Distinti saluti
xxxxxxxxxxxxxxxxx
____________________________________
Alberto Pagliarini
21 mar
caro On. Vassallo
poco fa le ho inviato una nota sulla questione dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno del triennio di conferma,
dalla quale si evince che il recente Decreto Legislativo n. 19 potrebbe peggiorare la già difficile iniqua situazione retributiva dei ricercatori non confermati.
Poco fa mi è pervenuta la mail che le inoltro. Me ne sono pervenute altre e, sicuramente ne riceverò ancora. L'università sul piano dei diritti retributivi dei docenti è ormai una Babele. Possibile che non si riesca a eliminare, o almeno a ridurre, gli effetti perversi di una malintesa autonomia delle sedi, in forza della quale ogni sede invade la sfera dei diritti retributivi dei docenti, espressamente lasciata fuori dall'autonomia concessa con la legge 168/89? Possibile che non si riesca a scrivere le leggi in modo chiaro, preciso, inequivocabile?
Possibile che i direttori amministrativi, pagati molto più di un rettore, evitino accuratamente di assumere decisioni logiche e giuridicamente corrette, per evitare molto improbabili responsabilità erariali?. Mi scusi lo sfogo, caro On.. Ma non è corretto costringere giovani ricercatori retribuiti con 1.334 € netti mensili, 1/7 o 1/8 della retribuzione di un direttore, ad adire le costose e lunghe vie legali per vedersi riconoscere i propri sacrosanti diritti. Sono sicuro che anche questa volta si adopererà per evitare tanta iniquità. A quanti mi scrivono dirò, se me lo consente, che l'impegno parlamentare dell'On.Vassallo apre la speranza per una soluzione rapida e definitiva della questione. Grazie e molti cordiali saluti.
Alberto Pagliarini
Alberto Pagliarini
23 mar
grazie On.
informerò i vertici delle associazioni sindacali della docenza e quanti mi hanno scritto e mi scriveranno del lodevole apprezzabile suo interessamento ed impegno per evitare che si riproducano iniquità a danno dei giovani ricercatori a inizio di carriera. Aspettiamop a vedere, come lei dice. Comunque mi premurerò informarla di eventuali persistenti atteggiamenti amministrativi negativi da parte di qualche sede.
Molto cordialmente
Alberto Pagliarini
Il giorno 22 marzo 2012 16:08, Salvatore Vassallo ha scritto:
Il DG del Miur mi assicura che diramerà a breve una nota rivolta agli amministratori delle Università in cui si chiarisce che la riserva stabilita per legge di risorse specificamente finalizzate a consentire il riconoscimento dell'adeguamento economico per il 2011 e il 2012 disattiva implicitamente il blocco triennale. Per coloro i quali siano entrati in ruolo prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. il nuovo trattamento economico verrà riconosciuto per la parte dell'anno o successiva all'entrata in vigore. Aspettiamo un po' e poi valutiamo se è il caso di insistere. Cordiali saluti. S.V.
grazie innanzitutto per il prezioso servizio che svolge attraverso il Suo sito. Come certamente saprà, è stato recentemente promulgato il Decreto Legislativo n. 19 sulla "Valorizzazione dell’efficienza delle università (...) e la valorizzazione della figura dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno di attività, a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240."
L'articolo 16 del Decreto prevede che i RTI non confermati beneficino di un aumento di stipendio, che verrebbe portato al 70% di quello di un Professore Associato con pari anzianità di servizio.
Il 23 marzo il decreto entrerà in vigore, ma la mia amministrazione sembra intenzionata a non riconoscere a nessuno dei ricercatori tale adeguamento sostenendo che anche questo aumento ricada nell'ambito d'applicazione del c.d. Blocco Tremonti, introdotto con il Decreto Legge 78/2010 poi convertito in legge (L. n. 122, del 30 luglio 2010).
A me questa pare un'interpretazione infondata dal punto di vista giuridico. Questo perchè:
a) l'art. 9 comma 21 della Legge n.122 blocca, per il triennio 2011-13, "i meccanismi di adeguamento retributivo (...) cosi' come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448,", ossia l'adeguamento periodico e automatico che spettava (fra gli altri) ai ricercatori universitari. Non si riferisce dunque ad aumenti previsti in virtù di altri atti legislativi, quale l'adeguamento stabilito dal recente Decreto Legislativo.
b) se è vero che al comma 1 dello stesso art. 9 si precisa che per il triennio in questione "il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti (...) non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010", è anche vero che l'articolo esclude espressamente gli "effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva". Ora, a me pare che un decreto legislativo con cui si concede un aumento a una determinata e ben identificabile categoria di dipendenti, possa a pieno titolo qualificarsi come "evento straordinario" ai sensi della L. 122, e sia dunque escluso dal blocco.
Mi pare inoltre rilevante la circostanza che la legge Gelmini (che disponeva inizialmente l'aumento) sia del 30 dicembre 2010, successiva dunque alla legge che istituiva il "blocco", che è del luglio dello stesso anno. Essendo fonti di pari grado mi pare ragionevole pensare che la legge successiva deroghi a quella precedente.
Avrei piacere a conoscere la Sua opinione a riguardo.
Distinti saluti
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Alberto Pagliarini
21 mar
caro On. Vassallo
poco fa le ho inviato una nota sulla questione dei ricercatori a tempo indeterminato non confermati al primo anno del triennio di conferma,
dalla quale si evince che il recente Decreto Legislativo n. 19 potrebbe peggiorare la già difficile iniqua situazione retributiva dei ricercatori non confermati.
Poco fa mi è pervenuta la mail che le inoltro. Me ne sono pervenute altre e, sicuramente ne riceverò ancora. L'università sul piano dei diritti retributivi dei docenti è ormai una Babele. Possibile che non si riesca a eliminare, o almeno a ridurre, gli effetti perversi di una malintesa autonomia delle sedi, in forza della quale ogni sede invade la sfera dei diritti retributivi dei docenti, espressamente lasciata fuori dall'autonomia concessa con la legge 168/89? Possibile che non si riesca a scrivere le leggi in modo chiaro, preciso, inequivocabile?
Possibile che i direttori amministrativi, pagati molto più di un rettore, evitino accuratamente di assumere decisioni logiche e giuridicamente corrette, per evitare molto improbabili responsabilità erariali?. Mi scusi lo sfogo, caro On.. Ma non è corretto costringere giovani ricercatori retribuiti con 1.334 € netti mensili, 1/7 o 1/8 della retribuzione di un direttore, ad adire le costose e lunghe vie legali per vedersi riconoscere i propri sacrosanti diritti. Sono sicuro che anche questa volta si adopererà per evitare tanta iniquità. A quanti mi scrivono dirò, se me lo consente, che l'impegno parlamentare dell'On.Vassallo apre la speranza per una soluzione rapida e definitiva della questione. Grazie e molti cordiali saluti.
Alberto Pagliarini
Alberto Pagliarini
23 mar
grazie On.
informerò i vertici delle associazioni sindacali della docenza e quanti mi hanno scritto e mi scriveranno del lodevole apprezzabile suo interessamento ed impegno per evitare che si riproducano iniquità a danno dei giovani ricercatori a inizio di carriera. Aspettiamop a vedere, come lei dice. Comunque mi premurerò informarla di eventuali persistenti atteggiamenti amministrativi negativi da parte di qualche sede.
Molto cordialmente
Alberto Pagliarini
Il giorno 22 marzo 2012 16:08, Salvatore Vassallo ha scritto:
Il DG del Miur mi assicura che diramerà a breve una nota rivolta agli amministratori delle Università in cui si chiarisce che la riserva stabilita per legge di risorse specificamente finalizzate a consentire il riconoscimento dell'adeguamento economico per il 2011 e il 2012 disattiva implicitamente il blocco triennale. Per coloro i quali siano entrati in ruolo prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. il nuovo trattamento economico verrà riconosciuto per la parte dell'anno o successiva all'entrata in vigore. Aspettiamo un po' e poi valutiamo se è il caso di insistere. Cordiali saluti. S.V.
domenica 11 marzo 2012
decorrenza e durata idoneità
Caro Collega,
ti chiedo gentilmente lumi in merito all'oggetto.
Sia T la data di chiusura di un concorso per professore - nella fattispecie trattasi di bando 2008, I tornata -, sia T+X la data del DR di approvazione degli atti, e T+X+Y la data di pubblicazione del DR in GU: l'idoneità decorre da T, da T+X o da T+X+Y?
Inoltre, in quella tornata, partecipando a più procedure in varie sedi, ho notato che quasi tutti i bandi riportavano una durata quinquennale della idoneità; mentre nel bando della procedura che mi interessa, era indicata una durata triennale. Credo che la durata sia quinquennale anche in quest'ultimo caso, nonostante le determinazioni (distoniche) del bando. E' così?
Peraltro, se poi (blocco permettendo) si è chiamati da altro ateneo (diverso da quello che bandì), lo stesso deve adeguarsi alle determinazioni sulla durata-idoneità del bando de quo, o può ignorarle?
Infine, ma forse pretendo un pò troppo, una riflessione più sistemica: l'annoso blocco delle assunzioni che tiamo sperimentando non avrebbe dovuto legittimamente congelare il decorso delle idoneità?
Grazie mille,
xxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------
caro collega
la durata dell'idoneità è da T + X, è quinquennale, indipendente dall'Ateneo chiamante. Spesso le leggi non sono fatte con le necessarie e dovute attenzioni per evitare che producano danni al alcuni cittadini. Il legislatore avrebbe dovuto tener presente che bloccando le assunzioni per 5 anni, come può avvenire se si continua a prorogare il blocco, di fatto annullava la conseguita idoneità alla docenza di alcuni cittadini. Dura lex sed lex. Cordialmente
Alberto Pagliarini
ti chiedo gentilmente lumi in merito all'oggetto.
Sia T la data di chiusura di un concorso per professore - nella fattispecie trattasi di bando 2008, I tornata -, sia T+X la data del DR di approvazione degli atti, e T+X+Y la data di pubblicazione del DR in GU: l'idoneità decorre da T, da T+X o da T+X+Y?
Inoltre, in quella tornata, partecipando a più procedure in varie sedi, ho notato che quasi tutti i bandi riportavano una durata quinquennale della idoneità; mentre nel bando della procedura che mi interessa, era indicata una durata triennale. Credo che la durata sia quinquennale anche in quest'ultimo caso, nonostante le determinazioni (distoniche) del bando. E' così?
Peraltro, se poi (blocco permettendo) si è chiamati da altro ateneo (diverso da quello che bandì), lo stesso deve adeguarsi alle determinazioni sulla durata-idoneità del bando de quo, o può ignorarle?
Infine, ma forse pretendo un pò troppo, una riflessione più sistemica: l'annoso blocco delle assunzioni che tiamo sperimentando non avrebbe dovuto legittimamente congelare il decorso delle idoneità?
Grazie mille,
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
la durata dell'idoneità è da T + X, è quinquennale, indipendente dall'Ateneo chiamante. Spesso le leggi non sono fatte con le necessarie e dovute attenzioni per evitare che producano danni al alcuni cittadini. Il legislatore avrebbe dovuto tener presente che bloccando le assunzioni per 5 anni, come può avvenire se si continua a prorogare il blocco, di fatto annullava la conseguita idoneità alla docenza di alcuni cittadini. Dura lex sed lex. Cordialmente
Alberto Pagliarini
diffida e riscatti
Gentile prof. Pagliarini,
ho letto le motivazioni e il testo della proposta di diffida che eventualmente potremmo inviare ai Rettori delle nostre Università.
Volevo, molto ingenuamente, domandarle se il fatto che io stia ancora riscattando alcuni anni ai fini della buonuscita ENPAS (con scadenza 31/8/2014) cambi in qualche modo la mia posizione rispetto alla situazione da Lei prospettata.
La ringrazio moltissimo e le rinnovo la mia gratitudine per il servizio che presta a tutti noi con tanta gentilezza e competenza.
Un saluto cordiale,
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
--------------------------------------------------
gentile collega
non cambia nulla. Cordialmente
Alberto Pagliarini
ho letto le motivazioni e il testo della proposta di diffida che eventualmente potremmo inviare ai Rettori delle nostre Università.
Volevo, molto ingenuamente, domandarle se il fatto che io stia ancora riscattando alcuni anni ai fini della buonuscita ENPAS (con scadenza 31/8/2014) cambi in qualche modo la mia posizione rispetto alla situazione da Lei prospettata.
La ringrazio moltissimo e le rinnovo la mia gratitudine per il servizio che presta a tutti noi con tanta gentilezza e competenza.
Un saluto cordiale,
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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gentile collega
non cambia nulla. Cordialmente
Alberto Pagliarini
ricostruzione di carriera e attribuzione nuova classe retributiva
Gent.mo Professore,
La ringrazio sinceramente per tutto ciò che fa per tutti noi (e per la pazienza che ha).
Sono una ricercatrice ancora non confermata in quanto pur avendo già concluso il mio triennio le procedure per la conferma sono lentissime.
Proprio ieri l'ufficio stipendi della mia Università mi ha comunicato che per una nuova norma, appena avrò la conferma,
potrò sia avere lo scatto in quanto ricercatrice confermata , sia procedere alla ricostruzione della carriera (precedentemente negata ai miei colleghi).
Nello specifico io sono stata 6 anni e 2 mesi, assegnista di ricerca e i medesimi mi saranno riconosciuti nella misura di 2/3.
Ho chiesto in quale classe stipendiale mi troverò, ma non ho avuto risposta.
Vorrei anche chiederle se questi "scatti" sono retroattivi alla fine del trienno oppure ex post dopo la conferma.
La ringrazio per l'attenzione accordatami e le porgo i più cari saluti.
xxxxxxxxxxxxxxx
-------------------------------------------------------
gentile dottoressa
gli assegni di ricerca sono riconosciuti nella misura di 1/2. Pertanto le saranno riconosciuti 3 anni e 1 mese e le sarà attribuita la classe retributiva 01 con anzianità maturata sulla classe di 1 anni e 1 mese, con decorrenza dalla data del compimento del triennio. Cordialmente
Alberto Pagliarini
La ringrazio sinceramente per tutto ciò che fa per tutti noi (e per la pazienza che ha).
Sono una ricercatrice ancora non confermata in quanto pur avendo già concluso il mio triennio le procedure per la conferma sono lentissime.
Proprio ieri l'ufficio stipendi della mia Università mi ha comunicato che per una nuova norma, appena avrò la conferma,
potrò sia avere lo scatto in quanto ricercatrice confermata , sia procedere alla ricostruzione della carriera (precedentemente negata ai miei colleghi).
Nello specifico io sono stata 6 anni e 2 mesi, assegnista di ricerca e i medesimi mi saranno riconosciuti nella misura di 2/3.
Ho chiesto in quale classe stipendiale mi troverò, ma non ho avuto risposta.
Vorrei anche chiederle se questi "scatti" sono retroattivi alla fine del trienno oppure ex post dopo la conferma.
La ringrazio per l'attenzione accordatami e le porgo i più cari saluti.
xxxxxxxxxxxxxxx
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gentile dottoressa
gli assegni di ricerca sono riconosciuti nella misura di 1/2. Pertanto le saranno riconosciuti 3 anni e 1 mese e le sarà attribuita la classe retributiva 01 con anzianità maturata sulla classe di 1 anni e 1 mese, con decorrenza dalla data del compimento del triennio. Cordialmente
Alberto Pagliarini
età di pensionamento dei professori associati
Gentile Professor Pagliarini,
soltanto oggi ho scoperto l'esistenza del suo interessantissimo blog e ne approfitto per chiederle di sciogliere un dubbio mio e di altri colleghi. Siamo professori di seconda fascia entrati in servizio prima che andasse in vigore quella che viene definita la "legge Moratti". La nostra età pensionabile d'ufficio scatterà al compimento del 65.mo o del 67.mo anno?
Un grazie sincero
xxxxxxxxxxxxxx
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gentile collega
i professori associati cessano dal servizio, d'ufficio, al compimento del 65.mo anno di età. Se però hanno optato per la legge Moratti, il pensionamento avviene al compimento del 70.mo anno di età nella gran parte delle sedi che hanno interpretato esattamente il comma 17 dell''articolo unico della legge 230/05 (Moratti); avviene, invece al compimento del 68.mo anno di età, in quelle sedi che hanno dato al predetto comma una interpretazione sbagliata, eliminando dai 70 i due anni di proroga in ruolo, non più attribuibili ai docenti universitari.,
Vi sono diverse sentenze TAR che hanno dichiarato illegittima la predetta interpretazione. L'opzione alla legge Moratti è ancora possibile esercitarla. Cordialmente
Alberto Pagliarini
soltanto oggi ho scoperto l'esistenza del suo interessantissimo blog e ne approfitto per chiederle di sciogliere un dubbio mio e di altri colleghi. Siamo professori di seconda fascia entrati in servizio prima che andasse in vigore quella che viene definita la "legge Moratti". La nostra età pensionabile d'ufficio scatterà al compimento del 65.mo o del 67.mo anno?
Un grazie sincero
xxxxxxxxxxxxxx
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gentile collega
i professori associati cessano dal servizio, d'ufficio, al compimento del 65.mo anno di età. Se però hanno optato per la legge Moratti, il pensionamento avviene al compimento del 70.mo anno di età nella gran parte delle sedi che hanno interpretato esattamente il comma 17 dell''articolo unico della legge 230/05 (Moratti); avviene, invece al compimento del 68.mo anno di età, in quelle sedi che hanno dato al predetto comma una interpretazione sbagliata, eliminando dai 70 i due anni di proroga in ruolo, non più attribuibili ai docenti universitari.,
Vi sono diverse sentenze TAR che hanno dichiarato illegittima la predetta interpretazione. L'opzione alla legge Moratti è ancora possibile esercitarla. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 4 marzo 2012
Gent. Prof. Pagliarini,
sono una ricercatrice univerisitaria confermata a tempo pieno (la conferma è avvenuta nel 2008). Dal luglio 2010 mi è stato riconosciuto lo scatto anticipato di maternità (corrispondente a +42.32 euro in busta paga) che mi è stato attribuito anche per tutto l'anno 2011. Ho notato però che negli ultimi due stipendi (gennaio e febbraio) del 2012 non compariva più in busta paga. Ho contattato l'ufficio stipendi e mi hanno risposto così:
"Lei ha avuto lo scatto anticipato per nascita del figlio a decorrere dal 1.7.2010 ed è stato attribuito anche per tutto l'anno 2011 e, poichè era già in corso di attribuzione, non è stato bloccato dalla legge 122 del 30.7.2010. Lo scatto anticipato naturalmente scadeva il 31.12.2011 poichè dal 3.1.2012 Lei è assegnata alla II classe che però non Le viene attribuita a causa della predetta legge che blocca le progessioni di carriera per gli anni 2011, 2012, 2013 e 2014. "
xxxxxxxxxx
-----------------------------------------
gentile collega
la crisi in atto e le norme succedutesi dal 2008 hanno creato una Babele legislativa, amministrativa e retributiva. Lo scatto anticipato per nascita di un figlio è assorbito con l'attribuzione del successivo scatto. Temporalmente il nuovo scatto c'è stato, ma, a causa del blocco, sarà attribuito nel 2015. Si potrebbe opinare che non essendo stato attribuito non ci può essere l'assorbimento di quello anticipato. Anche questa è una interpretazione possibile a favore del soggetto, ma non è quella dell'ufficio. Resterebbe la via legale ma, per i costi e i tempi, non è perseguibile.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono una ricercatrice univerisitaria confermata a tempo pieno (la conferma è avvenuta nel 2008). Dal luglio 2010 mi è stato riconosciuto lo scatto anticipato di maternità (corrispondente a +42.32 euro in busta paga) che mi è stato attribuito anche per tutto l'anno 2011. Ho notato però che negli ultimi due stipendi (gennaio e febbraio) del 2012 non compariva più in busta paga. Ho contattato l'ufficio stipendi e mi hanno risposto così:
"Lei ha avuto lo scatto anticipato per nascita del figlio a decorrere dal 1.7.2010 ed è stato attribuito anche per tutto l'anno 2011 e, poichè era già in corso di attribuzione, non è stato bloccato dalla legge 122 del 30.7.2010. Lo scatto anticipato naturalmente scadeva il 31.12.2011 poichè dal 3.1.2012 Lei è assegnata alla II classe che però non Le viene attribuita a causa della predetta legge che blocca le progessioni di carriera per gli anni 2011, 2012, 2013 e 2014. "
xxxxxxxxxx
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gentile collega
la crisi in atto e le norme succedutesi dal 2008 hanno creato una Babele legislativa, amministrativa e retributiva. Lo scatto anticipato per nascita di un figlio è assorbito con l'attribuzione del successivo scatto. Temporalmente il nuovo scatto c'è stato, ma, a causa del blocco, sarà attribuito nel 2015. Si potrebbe opinare che non essendo stato attribuito non ci può essere l'assorbimento di quello anticipato. Anche questa è una interpretazione possibile a favore del soggetto, ma non è quella dell'ufficio. Resterebbe la via legale ma, per i costi e i tempi, non è perseguibile.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
ritardi nella emanazione del decreto di conferma
Salve, sono un ricercatore dell'università ............ Ho ricevuto parere favorevole dalla Commissione nazionale del mio settore in data 22.12.2011, e in data 16.1.2012
il mio Ateneo mi ha chiamato per effettuare la scelta del regime di impegno. Al momento il Rettorato, nel dubbio se applicare o meno il blocco triennale degli stipendi anche ai docenti che hanno ottenuto la conferma, sta ritardando l'emanazione di qualsiasi decreto di conferma (oltre a me, anche altri colleghi sono nella medesima situazione). La mia domanda è: il decreto rettorale di conferma è un atto dovuto, una volta ricevuto il parere favorevole da parte dalla Commissione nazionale, o la mia università ha effettivamente il potere di non emanarlo? Grazie e cordiali saluti
xxxxxxxxxx
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caro dottore
il decreto rettorale di conferma in ruolo è un atto dovuto. L'attuale bailamme legislativo e normativo, spesso poco chiaro, indice le università a ritardare l'emanazione del decreto. Resta comunque acclarato che la decorrenza del nuovo stato giuridico rimane quella della fine del triennio. Il ritardo, comunque, dovrebbe essere limitato a qualche mese. Cordialmente
Alberto Pagliarini
il mio Ateneo mi ha chiamato per effettuare la scelta del regime di impegno. Al momento il Rettorato, nel dubbio se applicare o meno il blocco triennale degli stipendi anche ai docenti che hanno ottenuto la conferma, sta ritardando l'emanazione di qualsiasi decreto di conferma (oltre a me, anche altri colleghi sono nella medesima situazione). La mia domanda è: il decreto rettorale di conferma è un atto dovuto, una volta ricevuto il parere favorevole da parte dalla Commissione nazionale, o la mia università ha effettivamente il potere di non emanarlo? Grazie e cordiali saluti
xxxxxxxxxx
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caro dottore
il decreto rettorale di conferma in ruolo è un atto dovuto. L'attuale bailamme legislativo e normativo, spesso poco chiaro, indice le università a ritardare l'emanazione del decreto. Resta comunque acclarato che la decorrenza del nuovo stato giuridico rimane quella della fine del triennio. Il ritardo, comunque, dovrebbe essere limitato a qualche mese. Cordialmente
Alberto Pagliarini
lunedì 27 febbraio 2012
riammissione in servizio di un docente dimissionato
Caro collega,
approfitto della tua competenza per sottoporti un quesito. La normativa attuale consente la reimmissione in servizio di un professore universitario andato in pensione per dimissioni volontarie?
Cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
L'istituto della riammissione in servizio, disciplinato dall'art.132 del DPR 3/57 e, per i docenti universitari, dall'art.13, comma 2, della legge 311/58, consente ad un ateneo di reclutare per riammissione un docente che abbia prestato servizio, prima di rassegnare le dimissioni, presso lo stesso ateneo, secondo statuto e regolamenti di ateneo. Naturalmente la riammissione richiede la disponibilità del posto e del budget. Con i tempi attuali di crisi, di blocco delle assunzioni e di difficoltà finanziarie e di bilancio per tutti gli atenei, è un istituto impossibile da realizzare. Cordialmente
Alberto Pagliarini
approfitto della tua competenza per sottoporti un quesito. La normativa attuale consente la reimmissione in servizio di un professore universitario andato in pensione per dimissioni volontarie?
Cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
L'istituto della riammissione in servizio, disciplinato dall'art.132 del DPR 3/57 e, per i docenti universitari, dall'art.13, comma 2, della legge 311/58, consente ad un ateneo di reclutare per riammissione un docente che abbia prestato servizio, prima di rassegnare le dimissioni, presso lo stesso ateneo, secondo statuto e regolamenti di ateneo. Naturalmente la riammissione richiede la disponibilità del posto e del budget. Con i tempi attuali di crisi, di blocco delle assunzioni e di difficoltà finanziarie e di bilancio per tutti gli atenei, è un istituto impossibile da realizzare. Cordialmente
Alberto Pagliarini
venerdì 24 febbraio 2012
sulla transizione dalle classi biennali alle triennali
Caro collega,
ho appena letto le tue 3 pagine di commento sul DRP 232 apparso sulla G.U. del 9/2/2012. Non sono del tutto convinto di aver capito quindi ti chiedo solo, se hai un minuto, di soffermarti sul tuo primo esempio: un ordinario passa dalla attuale classe 4 alla 5 e gli spetta un totale annuo lordo di 80.173,28 euro. Dall'allegato 1 si vede che transita alla nuova classe triennale 3, la cui retribuzione iniziale e' 75.644,10. Se capisco bene la tua frase successiva e guardando la tabella, percepira' 80.173,28 per tutto il triennio della nuova classe 3. Quindi rispetto a prima, avra' un ritardo di 1 anno nella maturazione delle classi. (Invece nel tuo secondo esempio, percepisce 98.970,25 per 4 anni, con un ritardo di 2 anni.)
E' corretto?
Grazie molte,
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
la tua interpretazione è corretta. Il comma 2 dell'art. 2 del DPR 232/11, per come è formulato, penalizza 2/3 dei docenti in servizio. Troverai sul sito nazionale del CNU http//cnu,cineca,it una mia proposta di modifica del predetto comma. Sarà inviata al ministro dai sindacati della docenza. Spero ed auspico sia presa in considerazione. Cordialmente
Alberto Pagliarini
ho appena letto le tue 3 pagine di commento sul DRP 232 apparso sulla G.U. del 9/2/2012. Non sono del tutto convinto di aver capito quindi ti chiedo solo, se hai un minuto, di soffermarti sul tuo primo esempio: un ordinario passa dalla attuale classe 4 alla 5 e gli spetta un totale annuo lordo di 80.173,28 euro. Dall'allegato 1 si vede che transita alla nuova classe triennale 3, la cui retribuzione iniziale e' 75.644,10. Se capisco bene la tua frase successiva e guardando la tabella, percepira' 80.173,28 per tutto il triennio della nuova classe 3. Quindi rispetto a prima, avra' un ritardo di 1 anno nella maturazione delle classi. (Invece nel tuo secondo esempio, percepisce 98.970,25 per 4 anni, con un ritardo di 2 anni.)
E' corretto?
Grazie molte,
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
la tua interpretazione è corretta. Il comma 2 dell'art. 2 del DPR 232/11, per come è formulato, penalizza 2/3 dei docenti in servizio. Troverai sul sito nazionale del CNU http//cnu,cineca,it una mia proposta di modifica del predetto comma. Sarà inviata al ministro dai sindacati della docenza. Spero ed auspico sia presa in considerazione. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Gent.le prof. Pagliarini,
mi piacerebbe capire se e a chi conviene optare per il nuovo regime relativo al trattamento economico dei professori assunti secondo il regime previgente. A me sembra possa convenire a chi, optando, passerebbe all'ultimo anno di una classe triennale, avendo la possibilità di sottoporsi dopo solo un anno alla valutazione della produzione scientifica per passare alla classe successiva. La ringrazio anticipatamente.
xxxxxxxxxxxxxx
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cara collega
sul piano economico non conviene a nessuno, per come è formulato il comma 2 dell'art. 2 del DPR 232/11. Se il comma 2 che penalizza 2/3 dei docenti sarà modificato come ho proposto in una mia nota pubblicata sul sito del CNU http://cnu.cineca.it che, a cura dei sindacati della docenza sarà inviata al ministro, allora vale quanto hai osservato nel passaggio dalle classi biennali alle triennali, Cordialmente
Alberto Pagliarini
scatto biennale-triennale
Gent.mo Prof. Alberto Pagliarini,
sulla base della nuova legge gli scatti di stipendio sono diventati triennali e l'attribuzione è subordinata ad una valutazione. Come dobbiamo comportarci con il blocco degli scatti? Nel mio caso specifico lo scatto biennale avrebbe avuto luogo nel Marzo 2011 e, di conseguenza, lo scatto triennale nel Marzo 2012. Devo farne richiesta all'Ateneo o bisogna attendere la conclusione (se ci sarà) del blocco?
La ringrazio molto della cortese attenzione e del prezioso lavoro per tutti noi.
Un cordiale saluto,
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
lo scatto biennale che avrebbe dovuto maturare a marzo 2011, di fatto maturerà a marzo 2014, dopo la fine del blocco degli scatti al 31/12/2013. A marzo 2014 sarà attribuito d'ufficio, senza alcuna valutazione, il nuovo scatto triennale, Alla fine della maturazione di quest'ultimo sarà attribuito il successivo scatto triennale ma previa valutazione. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sulla base della nuova legge gli scatti di stipendio sono diventati triennali e l'attribuzione è subordinata ad una valutazione. Come dobbiamo comportarci con il blocco degli scatti? Nel mio caso specifico lo scatto biennale avrebbe avuto luogo nel Marzo 2011 e, di conseguenza, lo scatto triennale nel Marzo 2012. Devo farne richiesta all'Ateneo o bisogna attendere la conclusione (se ci sarà) del blocco?
La ringrazio molto della cortese attenzione e del prezioso lavoro per tutti noi.
Un cordiale saluto,
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
lo scatto biennale che avrebbe dovuto maturare a marzo 2011, di fatto maturerà a marzo 2014, dopo la fine del blocco degli scatti al 31/12/2013. A marzo 2014 sarà attribuito d'ufficio, senza alcuna valutazione, il nuovo scatto triennale, Alla fine della maturazione di quest'ultimo sarà attribuito il successivo scatto triennale ma previa valutazione. Cordialmente
Alberto Pagliarini
giovedì 23 febbraio 2012
sulla concessione dell'anno sabbatico
Gentilissimo Prof. Pagliarini,
le sono grato, come tutti del resto, per il suo impagabile aiuto nel gestire le tante prosaiche problematiche nei rapporti con le rispettive Amministrazioni. A proposito del vincolo dei 35 anni di servizio, mi sono fatto però l'idea che il principio ispiratore della norma sia stato quello di permettere che l'esperienza rinvigorente di un anno dedicato esclusivamente a studio e/o a ricerca si riversasse poi positivamente nella ricerca in sede nonché nella didattica per un congruo periodo di tempo e che non fosse invece un investimento a fondo perduto. In questo senso credo che sia corretto da parte degli Uffici considerare anche gli anni riscattati e ricongiunti. Detto questo, sto per accingermi ad avanzare richiesta per poter usufruire di questo istituto ma non riesco a cogliere la differenza tra quanto recitato dall'art. 17 della 382/80 e dall'art. 10 della 311/58 (quest'ultimo art. peraltro richiamato anche nel precedente). Cosa cambia se si fa la richiesta ai sensi dell'uno o dell'altro?
Cordiali saluti,
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
oggi non cambia nulla chiedendo l'anno sabbatico in forza dell'una o dell'altra delle leggi citate. La legge del 1958 è ormai superata. Dal 1958 al 1980 era il ministro, con proprio decreto, sentita la facoltà, a concedere l'anno di studio all'estero e non c'era il vincolo dei due anni in un decennio. Con la 382/80 è deputato a concedere l'anno il rettore e non il ministro, in Italia o all'estero, sentita la Facolta, al più per due anni distinti nel decennio. Cordialmente
Alberto Pagliarini
le sono grato, come tutti del resto, per il suo impagabile aiuto nel gestire le tante prosaiche problematiche nei rapporti con le rispettive Amministrazioni. A proposito del vincolo dei 35 anni di servizio, mi sono fatto però l'idea che il principio ispiratore della norma sia stato quello di permettere che l'esperienza rinvigorente di un anno dedicato esclusivamente a studio e/o a ricerca si riversasse poi positivamente nella ricerca in sede nonché nella didattica per un congruo periodo di tempo e che non fosse invece un investimento a fondo perduto. In questo senso credo che sia corretto da parte degli Uffici considerare anche gli anni riscattati e ricongiunti. Detto questo, sto per accingermi ad avanzare richiesta per poter usufruire di questo istituto ma non riesco a cogliere la differenza tra quanto recitato dall'art. 17 della 382/80 e dall'art. 10 della 311/58 (quest'ultimo art. peraltro richiamato anche nel precedente). Cosa cambia se si fa la richiesta ai sensi dell'uno o dell'altro?
Cordiali saluti,
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
oggi non cambia nulla chiedendo l'anno sabbatico in forza dell'una o dell'altra delle leggi citate. La legge del 1958 è ormai superata. Dal 1958 al 1980 era il ministro, con proprio decreto, sentita la facoltà, a concedere l'anno di studio all'estero e non c'era il vincolo dei due anni in un decennio. Con la 382/80 è deputato a concedere l'anno il rettore e non il ministro, in Italia o all'estero, sentita la Facolta, al più per due anni distinti nel decennio. Cordialmente
Alberto Pagliarini
diritti e noncuranza
Gent. prof. Pagliarini,
prima di tutto desidero ringraziarla per il suo prezioso blog che consulto molto spesso.
Spero che le mie domande non siano fuori tema. Sono un ricercatore universitario che aspira a diventare professore associato, per questa ragione ho fatto domanda in un concorso della I sessione 2008, e dopo molto tempo, ho finalmente ricevuto la convocazione per la discussione delle pubblicazioni per le ore 15 del 20 febbraio 2012. Ho
proceduto come di consueto a prenotare volo aereo e hotel ma, il pomeriggio del 17 febbraio 2012 (meno di un giorno alla prova, senza contare il weekend), ho ricevuto la notizia delle dimissioni del presidente della commissione. La mia prova (e quella di molti altri) è stata quindi rinviata in data da destinarsi. I miei quesiti sono quindi due:
1) è corretto che il presidente della commissione possa dimettersi con così poco anticipo?
2) posso chiedere all'Università che ha bandito il posto il rimborso del volo aereo?
La ringrazio per la cortese attenzione.
xxxxxxxxxxxxxxxx
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caro dottore
certamente non è corretto dimettersi da presidente alla vigilia dell'espletamento di un concorso, salvo valide giustificazioni.
Può chiedere il rimborso del viaggio, ma l'esito negativo è scontato. Comunque lo chieda, potrebbe verificarsi un miracolo. Sono cose che non dovrebbero accadere per il rispetto dei diritti degli altri, ma in questo nostro Paese accadono disinvoltamente anche per diffusa noncuranza. Cordialmente
Alberto Pagliarini
prima di tutto desidero ringraziarla per il suo prezioso blog che consulto molto spesso.
Spero che le mie domande non siano fuori tema. Sono un ricercatore universitario che aspira a diventare professore associato, per questa ragione ho fatto domanda in un concorso della I sessione 2008, e dopo molto tempo, ho finalmente ricevuto la convocazione per la discussione delle pubblicazioni per le ore 15 del 20 febbraio 2012. Ho
proceduto come di consueto a prenotare volo aereo e hotel ma, il pomeriggio del 17 febbraio 2012 (meno di un giorno alla prova, senza contare il weekend), ho ricevuto la notizia delle dimissioni del presidente della commissione. La mia prova (e quella di molti altri) è stata quindi rinviata in data da destinarsi. I miei quesiti sono quindi due:
1) è corretto che il presidente della commissione possa dimettersi con così poco anticipo?
2) posso chiedere all'Università che ha bandito il posto il rimborso del volo aereo?
La ringrazio per la cortese attenzione.
xxxxxxxxxxxxxxxx
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caro dottore
certamente non è corretto dimettersi da presidente alla vigilia dell'espletamento di un concorso, salvo valide giustificazioni.
Può chiedere il rimborso del viaggio, ma l'esito negativo è scontato. Comunque lo chieda, potrebbe verificarsi un miracolo. Sono cose che non dovrebbero accadere per il rispetto dei diritti degli altri, ma in questo nostro Paese accadono disinvoltamente anche per diffusa noncuranza. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Gentile Professore, le pongo un quesito riguardante il nuovo inquadramento economico dei docenti unversitari:
ho prestato servizio come tecnico non laureato dal 1997 al 2002, come Ricercatore dal 2002 al 2011 e sono passato associato il 30-12-2011.
Posso chiedere la ricostruzione della carriera del periodo da tecnico e daricercatore? avendo attività di ricerca documentata.
La ringrazio
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
il servizio di ricercatore è riconosciuto valido nella ricostruzione di carriera, quello di tecnico non laureato non è riconosciuto. Comunque nella domanda può chiedere la ricostruzione per entrambi i servizi, l'amministrazione dovrà risponderle. Cordialmente
Alberto Pagliarini
ho prestato servizio come tecnico non laureato dal 1997 al 2002, come Ricercatore dal 2002 al 2011 e sono passato associato il 30-12-2011.
Posso chiedere la ricostruzione della carriera del periodo da tecnico e daricercatore? avendo attività di ricerca documentata.
La ringrazio
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
il servizio di ricercatore è riconosciuto valido nella ricostruzione di carriera, quello di tecnico non laureato non è riconosciuto. Comunque nella domanda può chiedere la ricostruzione per entrambi i servizi, l'amministrazione dovrà risponderle. Cordialmente
Alberto Pagliarini
martedì 21 febbraio 2012
chiarimenti sulla transizione retributiva
Cari colleghi,
ho letto con attenzione i due vostri documenti circa il passaggio
da vecchia a nuova progressione stipendiale (sito CNU).
In entrambi leggo di un particolare che non riscontro leggendo il testo
del provvedimento (dpr 232 /2011)
A vostro dire il passaggio avverrebbe sempre "nell'anno di inizio" della classe, cito:
[Pagliarini]
"...ma ha imposto l'anno di inzio della classe, per tutti, conservando
la retribuzione gia attribuita e producendo, di fatto 1 o 2 anni di slittamento..."
[Gianni]
"L’inserimento avverrà al primo anno della nuova classe triennale,..."
Ora, questo specificazione circa "l'anno di inizio" non compare nel provvedimento
che afferma altresì in modo chiaro (art.2 comma 1):
"La progressione biennale per classi e scatti di stipendio ... e' trasformata in progressione triennale articolata per classi, secondo le tabelle di
corrispondenza di cui all'allegato 1,..."
Null'altro dice la legge.
Ora , sembra pacifico che se di corrispondenza si deve parlare questa sia da intendersi
naturalmente in senso orizzontale.
In tale modo non vi sarebbe alcuna perdita nel passaggio alle classi triennali.
D'altra parte, se l'ingresso fosse sempre al primo anno della classe di destinazione
si avrebbe una esplicita "non corrispondenza" (riga diversa) fra i due regimi contraddicendo
quanto disposto dal comma.
Forse il punto meriterebbe ulteriore approfondimento.
cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
nel comma 2 dell'Art. 2 del DPR 232/11 è scritto: "In sede di primo
inquadramento nel nuovo regime e' attribuito il trattamento
stipendiale spettante secondo il regime previgente. Se il trattamento
stipendiale attribuito in sede di primo inquadramento e' piu' elevato
di quello spettante nella nuova progressione triennale, come
risultante dalle tabelle di cui all'allegato 1, al fine di assicurare
l'invarianza complessiva della progressione, il relativo importo
resta invariato fino alla corrispondenza di importi nei due regimi."
In linguaggio più chiaro significa che alla maturazione della classe biennale
n, si passa alla classe biennale n + 1, si attribuisce la retribuzione che
compete a tale classe e si transita alla classe triennale m in corrispondenza
della linea orizzontale della classe biennale n + 1. La corrispondenza può
coincidere con il primo, o il secondo o il terzo anno del triennio della classe m.
Se coincide con il primo anno, inizia regolarmente a maturare il triennio. Se coincide con il secondo o il terzo anno del triennio, l'importo della retribuzione attribuita risulta superiore a quello dell'inizio della classe triennale m e pertanto resta invariato nella classe m, per uno o due anni, sino alla corrispondenza di importi nei due regimi.
In definitiva la classe triennale m deve essere percorsa e maturata per tutti e tre
gli anni ma con una retribuzione che non può essere inferiore, in nessuno dei tre anni, di quella attribuita al momento della transizione. E' quanto si evince dalla nota di Paolo Gianni, dalla mia e dagli esempi da me riportati, nel rispetto dei commi 1 e 2 dell'art. 2.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
ho letto con attenzione i due vostri documenti circa il passaggio
da vecchia a nuova progressione stipendiale (sito CNU).
In entrambi leggo di un particolare che non riscontro leggendo il testo
del provvedimento (dpr 232 /2011)
A vostro dire il passaggio avverrebbe sempre "nell'anno di inizio" della classe, cito:
[Pagliarini]
"...ma ha imposto l'anno di inzio della classe, per tutti, conservando
la retribuzione gia attribuita e producendo, di fatto 1 o 2 anni di slittamento..."
[Gianni]
"L’inserimento avverrà al primo anno della nuova classe triennale,..."
Ora, questo specificazione circa "l'anno di inizio" non compare nel provvedimento
che afferma altresì in modo chiaro (art.2 comma 1):
"La progressione biennale per classi e scatti di stipendio ... e' trasformata in progressione triennale articolata per classi, secondo le tabelle di
corrispondenza di cui all'allegato 1,..."
Null'altro dice la legge.
Ora , sembra pacifico che se di corrispondenza si deve parlare questa sia da intendersi
naturalmente in senso orizzontale.
In tale modo non vi sarebbe alcuna perdita nel passaggio alle classi triennali.
D'altra parte, se l'ingresso fosse sempre al primo anno della classe di destinazione
si avrebbe una esplicita "non corrispondenza" (riga diversa) fra i due regimi contraddicendo
quanto disposto dal comma.
Forse il punto meriterebbe ulteriore approfondimento.
cordiali saluti
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caro collega
nel comma 2 dell'Art. 2 del DPR 232/11 è scritto: "In sede di primo
inquadramento nel nuovo regime e' attribuito il trattamento
stipendiale spettante secondo il regime previgente. Se il trattamento
stipendiale attribuito in sede di primo inquadramento e' piu' elevato
di quello spettante nella nuova progressione triennale, come
risultante dalle tabelle di cui all'allegato 1, al fine di assicurare
l'invarianza complessiva della progressione, il relativo importo
resta invariato fino alla corrispondenza di importi nei due regimi."
In linguaggio più chiaro significa che alla maturazione della classe biennale
n, si passa alla classe biennale n + 1, si attribuisce la retribuzione che
compete a tale classe e si transita alla classe triennale m in corrispondenza
della linea orizzontale della classe biennale n + 1. La corrispondenza può
coincidere con il primo, o il secondo o il terzo anno del triennio della classe m.
Se coincide con il primo anno, inizia regolarmente a maturare il triennio. Se coincide con il secondo o il terzo anno del triennio, l'importo della retribuzione attribuita risulta superiore a quello dell'inizio della classe triennale m e pertanto resta invariato nella classe m, per uno o due anni, sino alla corrispondenza di importi nei due regimi.
In definitiva la classe triennale m deve essere percorsa e maturata per tutti e tre
gli anni ma con una retribuzione che non può essere inferiore, in nessuno dei tre anni, di quella attribuita al momento della transizione. E' quanto si evince dalla nota di Paolo Gianni, dalla mia e dagli esempi da me riportati, nel rispetto dei commi 1 e 2 dell'art. 2.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 19 febbraio 2012
opzione per il nuovo regime senza disparità di trattamento
Gent.mo Prof. Pagliarini, credo che sul problema del nuovo trattamento economico dei professori Le abbiano scritto in molti.
Tuttavia, vorrei sottolineare quella che a me pare una disparità di trattamento fra professori già in servizio e quelli che saranno assunti con la nuova legge; un vantaggio a favore di questi ultimi, che non può essere eliminato nemmeno optando per il nuovo regime.
Mi spiego con la mia situazione. Sono un professore di 1 fascia appartenente alla 5 classe, con passaggio alla 6 classe appena sbloccati gli scatti (passaggio previsto maggio 2014). Con la tabella di conversione, dopo essere passato alla 6 classe biennale, sarei inquadrato nella 4 classe triennale e volendo optare per il nuovo regime scenderei alla 2 classe del nuovo regime (come da tabella 4 del DPR).
Faccio presente che sono ordinario dal 2002 e quindi da 9 anni (senza considerare l'anno di blocco e la ricostruzione della carriera) e pertanto se fossi stato assunto con il nuovo regime sarei in classe 3 e non in classe 2 del nuovo regime. Di più noi "vecchi" professori abbiamo fatto 3 anni di straordinariato con un stipendio base decisamente inferiore a quello di entrata dei nuovi.
Se sono corrette le mie osservazioni mi domando il perché di questa disparità di trattamento. Non è possibile fare qualche cosa? Conviene optare per il nuovo regime?.
Certo delle Sue qualificate risposte, La saluto cordialmente.
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
a maggio 2014, avendo maturato la 5^ classe biennale, ti sarà attribuita la retribuzione annua lorda , comprensiva della 13^, della 6^ classe biennale pari a 84.702,46€. Contestualmente avverrà la transizione alla classe triennale 4^, conservando la predetta retribuzione. Ove decidessi di optare per il nuovo regime passerai dalla classe triennale 4^ alla 2^ con la stessa retribuzione. Infatti dall'allegato 4 si evince che lo stipendio tabellare su 13 mensilità della classe 2^ è analogo a quello della classe triennale 4^ rimodulata. L'invarianza dello stipendio tabellare implica l'invarianza della retribuzione annua lorda, poiché IIS e assegno aggiuntivo sono rimasti invariati. Non vi è, quindi, alcuna disparità di trattamento economico. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Tuttavia, vorrei sottolineare quella che a me pare una disparità di trattamento fra professori già in servizio e quelli che saranno assunti con la nuova legge; un vantaggio a favore di questi ultimi, che non può essere eliminato nemmeno optando per il nuovo regime.
Mi spiego con la mia situazione. Sono un professore di 1 fascia appartenente alla 5 classe, con passaggio alla 6 classe appena sbloccati gli scatti (passaggio previsto maggio 2014). Con la tabella di conversione, dopo essere passato alla 6 classe biennale, sarei inquadrato nella 4 classe triennale e volendo optare per il nuovo regime scenderei alla 2 classe del nuovo regime (come da tabella 4 del DPR).
Faccio presente che sono ordinario dal 2002 e quindi da 9 anni (senza considerare l'anno di blocco e la ricostruzione della carriera) e pertanto se fossi stato assunto con il nuovo regime sarei in classe 3 e non in classe 2 del nuovo regime. Di più noi "vecchi" professori abbiamo fatto 3 anni di straordinariato con un stipendio base decisamente inferiore a quello di entrata dei nuovi.
Se sono corrette le mie osservazioni mi domando il perché di questa disparità di trattamento. Non è possibile fare qualche cosa? Conviene optare per il nuovo regime?.
Certo delle Sue qualificate risposte, La saluto cordialmente.
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
a maggio 2014, avendo maturato la 5^ classe biennale, ti sarà attribuita la retribuzione annua lorda , comprensiva della 13^, della 6^ classe biennale pari a 84.702,46€. Contestualmente avverrà la transizione alla classe triennale 4^, conservando la predetta retribuzione. Ove decidessi di optare per il nuovo regime passerai dalla classe triennale 4^ alla 2^ con la stessa retribuzione. Infatti dall'allegato 4 si evince che lo stipendio tabellare su 13 mensilità della classe 2^ è analogo a quello della classe triennale 4^ rimodulata. L'invarianza dello stipendio tabellare implica l'invarianza della retribuzione annua lorda, poiché IIS e assegno aggiuntivo sono rimasti invariati. Non vi è, quindi, alcuna disparità di trattamento economico. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 15 febbraio 2012
nuovo assetto stipendi tabelle retributive
La seguo sempre con piacere.
Le chiedo la cortesia di spiegare, anche con tabelle aggiornate, la nuova struttura e i livelli delle reetribuzioni di professori e ricercatori universitari, a seguito del nuovo regolamento appena pubblicato sulla G.U.
Grazie e a presto
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
le mie tabelle retributive valide nel 2010, sono rimaste valide nel 2011. Nel 2012 sono entrate in vigore le nuove tabelle annesse al DPR 232/11, pubblicato sulla G.U. n. 33 del 9/2/12. Quest'ultime resteranno valide sino a tutto il 2013, causa il blocco delle retribuzioni e degli scatti, salvo ulteriore proroga al 2014. Se nel 2014 non ci sarà proroga, provvederò ad aggiornare le tabelle annesse al predetto DPR, applicando l'aumento ISTAT 2014. Analogamente per gli anni successivi. Le tabelle aggiornate le pubblicherò sul mio sito, sempreché le condizioni fisiche mi consentiranno di continuare questa attività. Per quanto attiene il meccanismo di transito alle nuove classi triennali e gli effetti che si determinano su tutti i docenti attualmente in sevizio, la invito a leggere la risposta data ieri ad un collega. Ognuno può adattarla alla propria situazione retributiva, utilizzando le tabelle allegate al DPR.
Avverto che nei titoli delle tabelle annesse al DPR, in quelle che riguardano i docenti in servizio, vi è un errore: Nel quadro della progressione economica per classi e scatti biennali, nel titolo della colonna "stipendio tabellare(13mensilità)" va aggiunta la lettera A, per capire le indicazioni dei titoli riportati nelle altre colonne. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Le chiedo la cortesia di spiegare, anche con tabelle aggiornate, la nuova struttura e i livelli delle reetribuzioni di professori e ricercatori universitari, a seguito del nuovo regolamento appena pubblicato sulla G.U.
Grazie e a presto
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caro collega
le mie tabelle retributive valide nel 2010, sono rimaste valide nel 2011. Nel 2012 sono entrate in vigore le nuove tabelle annesse al DPR 232/11, pubblicato sulla G.U. n. 33 del 9/2/12. Quest'ultime resteranno valide sino a tutto il 2013, causa il blocco delle retribuzioni e degli scatti, salvo ulteriore proroga al 2014. Se nel 2014 non ci sarà proroga, provvederò ad aggiornare le tabelle annesse al predetto DPR, applicando l'aumento ISTAT 2014. Analogamente per gli anni successivi. Le tabelle aggiornate le pubblicherò sul mio sito, sempreché le condizioni fisiche mi consentiranno di continuare questa attività. Per quanto attiene il meccanismo di transito alle nuove classi triennali e gli effetti che si determinano su tutti i docenti attualmente in sevizio, la invito a leggere la risposta data ieri ad un collega. Ognuno può adattarla alla propria situazione retributiva, utilizzando le tabelle allegate al DPR.
Avverto che nei titoli delle tabelle annesse al DPR, in quelle che riguardano i docenti in servizio, vi è un errore: Nel quadro della progressione economica per classi e scatti biennali, nel titolo della colonna "stipendio tabellare(13mensilità)" va aggiunta la lettera A, per capire le indicazioni dei titoli riportati nelle altre colonne. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sulle nuove e vecchie retribuzioni per i docenti in servizio
Gentile Pagliarini,
ho scaricato dal sito USPUR il decreto 232/2011 e sto confrontando il mio stipendio (ordinario 812/14/3) con lo stipendio massimo previsto nelle nuove tabelle. E' una illusione ottica o c'è un aumento dai miei 119836 euro (totale costo annuo dipendente) ai 126435 euro ora previsti?
Grazie per l'attenzione
xxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
la tua attuale retribuzione annua lorda comprensiva della 13^, pari a 119.836,90, classe 14/3, resta congelata sino a dicembre 2013, per effetto del blocco delle retribuzioni e degli scatti. . Dopo tale data, quando maturerai il nuovo scatto biennale, classe 14/4, nel 2014 o nel 2015, ti sarà attribuito il nuovo scatto, ma triennale e previa valutazione positiva. La nuova retribuzione annua lorda comprensiva della 13^, 122.036,54 ti competerà nei primi due anni del triennio, maggiorata degli aumenti annuali ISTAT, se ripristinati a partire dal 2014. Al terzo anno del triennio, per effetto della compensazione dovuta alla transizione degli scatti da biennali a triennali e per l'invarianza complessiva della progressione economica, ti sarà attribuita la retribuzione annua lorda comprensiva della 13^ dell'ex classe 14/5 pari a 124.236,16. Terminato il triennio, se la valutazione sarà positiva, ti sarà attribuito il nuovo scatto triennale, nel quale la retribuzione resta 124.236,16 nel primo anno e passa a 126.435,79 nei successivi due anni, corrispondente alla ex classe 14/6. Tutto ciò per i predetti effetti di transizione e di invarianza complessiva. In conclusione la progressione economica complessiva resta invariata ma si allungano i tempi necessari per raggiungere le ultime classi retributive. Ovviamente coloro che nella fase di transizione hanno una classe retributiva bassa, non potranno raggiungere le ultime classi retributive e ciò, evidentemente, si ripercuote anche sulla pensione. Nel tuo caso, partendo da una classe retributiva alta, 14/3, potrai raggiungere la classe 14/6 se, a partire dal 2014, hai da fare almeno 5 anni di servizio, prima del pensionamento. Spero, con ciò, di aver sufficientemente chiarito il meccanismo di transito alle nuove classi triennali e gli effetti che si determinano su tutti i docenti attualmente in sevizio, per evitare, come sta già accadendo, uno spropositato numero di quesiti in cui ciascuno mi pone un quesito fornendomi la sua particolare posizione di carriera. Mi sarà impossibile rispondere a tutti. Aggiungo che i predetti effetti negativi non cambiano anche se si opta per il nuovo regime. Cordialmente
Alberto Pagliarini
ho scaricato dal sito USPUR il decreto 232/2011 e sto confrontando il mio stipendio (ordinario 812/14/3) con lo stipendio massimo previsto nelle nuove tabelle. E' una illusione ottica o c'è un aumento dai miei 119836 euro (totale costo annuo dipendente) ai 126435 euro ora previsti?
Grazie per l'attenzione
xxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
la tua attuale retribuzione annua lorda comprensiva della 13^, pari a 119.836,90, classe 14/3, resta congelata sino a dicembre 2013, per effetto del blocco delle retribuzioni e degli scatti. . Dopo tale data, quando maturerai il nuovo scatto biennale, classe 14/4, nel 2014 o nel 2015, ti sarà attribuito il nuovo scatto, ma triennale e previa valutazione positiva. La nuova retribuzione annua lorda comprensiva della 13^, 122.036,54 ti competerà nei primi due anni del triennio, maggiorata degli aumenti annuali ISTAT, se ripristinati a partire dal 2014. Al terzo anno del triennio, per effetto della compensazione dovuta alla transizione degli scatti da biennali a triennali e per l'invarianza complessiva della progressione economica, ti sarà attribuita la retribuzione annua lorda comprensiva della 13^ dell'ex classe 14/5 pari a 124.236,16. Terminato il triennio, se la valutazione sarà positiva, ti sarà attribuito il nuovo scatto triennale, nel quale la retribuzione resta 124.236,16 nel primo anno e passa a 126.435,79 nei successivi due anni, corrispondente alla ex classe 14/6. Tutto ciò per i predetti effetti di transizione e di invarianza complessiva. In conclusione la progressione economica complessiva resta invariata ma si allungano i tempi necessari per raggiungere le ultime classi retributive. Ovviamente coloro che nella fase di transizione hanno una classe retributiva bassa, non potranno raggiungere le ultime classi retributive e ciò, evidentemente, si ripercuote anche sulla pensione. Nel tuo caso, partendo da una classe retributiva alta, 14/3, potrai raggiungere la classe 14/6 se, a partire dal 2014, hai da fare almeno 5 anni di servizio, prima del pensionamento. Spero, con ciò, di aver sufficientemente chiarito il meccanismo di transito alle nuove classi triennali e gli effetti che si determinano su tutti i docenti attualmente in sevizio, per evitare, come sta già accadendo, uno spropositato numero di quesiti in cui ciascuno mi pone un quesito fornendomi la sua particolare posizione di carriera. Mi sarà impossibile rispondere a tutti. Aggiungo che i predetti effetti negativi non cambiano anche se si opta per il nuovo regime. Cordialmente
Alberto Pagliarini
martedì 14 febbraio 2012
sul riconoscimento assegni ricerca
Il riconoscimento è valido solo per la ricostruzione di carriera dei prof. associati (come da sentenza del C. di Stato)oppure anche per quella dei ricercatori?
xxxxxxxxxxx
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è valido per tutti: ordinari, associati, ricercatori. Cordialmente
Alberto Pagliarini
xxxxxxxxxxx
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è valido per tutti: ordinari, associati, ricercatori. Cordialmente
Alberto Pagliarini
lunedì 13 febbraio 2012
assegni di ricerca e sentenza Consiglio di Stato
Gentile Pagliarini,
vorrei chiederle se la sentenza del Consiglio di Stato del 11/01/2012 sul riconoscimento dell'assegno di ricerca come attività pre-ruolo è vincolante per le Università o se lo è solo per chi ha fatto ricorso.
Grazie
xxxxxxxxxxx
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gentile collega
le sentenze, anche quelle del Consiglio di Stato, non sono leggi valevoli erga omnes, fanno giurisprudenza. Ovviamente, però, una amministrazione universitaria che opera in difformità della sentenza, sa che in caso di ricorso di un suo docente, avrà un esito sfavorevole con conseguenti maggiori oneri, perché il Consiglio di Stato si è già pronunciato in materia. Pertanto suggerisco di scrivere al rettore chiedendo il riconoscimento degli assegni di ricerca in conformità della sentenza, per evitare un inutile ricorso al TAR. Cordialmente
Alberto Pagliarini
vorrei chiederle se la sentenza del Consiglio di Stato del 11/01/2012 sul riconoscimento dell'assegno di ricerca come attività pre-ruolo è vincolante per le Università o se lo è solo per chi ha fatto ricorso.
Grazie
xxxxxxxxxxx
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gentile collega
le sentenze, anche quelle del Consiglio di Stato, non sono leggi valevoli erga omnes, fanno giurisprudenza. Ovviamente, però, una amministrazione universitaria che opera in difformità della sentenza, sa che in caso di ricorso di un suo docente, avrà un esito sfavorevole con conseguenti maggiori oneri, perché il Consiglio di Stato si è già pronunciato in materia. Pertanto suggerisco di scrivere al rettore chiedendo il riconoscimento degli assegni di ricerca in conformità della sentenza, per evitare un inutile ricorso al TAR. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 8 febbraio 2012
riforma pensioni: rimanere in servizio o anticipare il pensionamento?
Caro Collega,
Ti scrivo di nuovo sperando che tu possa consigliare me ed altri colleghi su cosa conviene fare alla luce della nuova normativa sulle pensioni. Cosa rischia chi ha 61 anni e quasi 40 anni di contributi (servizio + laurea e militare riscattati) se resta in servizio fino a 68-70 anni? Cosa bisogna fare per il pasaggio dall' INPDAP all' INPS? Ho chiesto notizie a sindacalisti e impiegati INPDAP ed ho ricevuto risposte contrastanti che mi hanno confuso. Tu che sei un esperto e ci hai illuminato tante volte, potresti fare il punto della situazione in modo che gli ignoranti in materia come me possano capirci qualcosa?
Ti rigrazio della considerazione, cordiali saluti,
xxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
molti colleghi mi hanno posto un quesito più o meno analogo, prospettandomi situazioni personali diverse. Non posso rispondere a tutti, Pertanto invito i colleghi che mi hanno scritto a leggere questa risposta che ritengo possa valere per tutti quelli che si trovano in una posizione di servizio più o meno analoga alla sua.
Per coloro che alla fine del 2011 avevano maturato 40 anni di servizio, compresi gli anni riscattati, oppure mancava qualche anno per il raggiungimento dei 40, le nuove regole pensionistiche non comportano penalizzazioni, anzi, in alcuni casi, un vantaggio economico.
Pertanto, conviene rimanere in servizio sino al compimento dell'età pensionabile. Ciò è dovuto al fatto che per il sistema retributivo, attribuito a coloro che nel 1995 avevano maturato almeno 18 anni di servizio, compresi gli anni riscattati, la pensione è calcolata per un massimo di 40 anni e i contributi versati negli anni successivi non sono utilizzati dal soggetto ed hanno solo scopo sociale nel calderone previdenziale e assistenziale. Consegue che chi alla fine del 2011 ha già maturato 40 anni di servizio, non perde alcunché sulla pensione calcolata con il metodo retributivo sino a 40 anni e dovrebbe ricevere una ulteriore quota di pensione calcolata con il metodo contributivo, per effetto dei contributi versati negli ulteriori anni di servizio dal 2012 al pensionamento. Quindi costoro avranno un vantaggio economico a restare in servizio. Ovviamente a coloro che alla fine del 2011, mancavano pochi anni di servizio per il raggiungimento dei fatidici 40, sarà applicato il sistema retributivo per gli anni di servizio maturati sino al 2011, rimettendoci un qualcosa per gli anni mancanti, qualcosa che sarà ricuperato con la quota di pensione aggiuntiva calcolata con il metodo contributivo dal 2012 al pensionamento. Il recupero potrà compensare la perdita o, addirittura, dare un vantaggio economico a seconda degli anni più o meno numerosi mancanti ai 40 predetti e dell'età anagrafica più o meno prossima alla pensione.
L'unificazione tra INPS e INPDAP non comporta alcun adempimento per i dipendenti pubblici assistiti dall'INPDAP che continuerà a svolgere le sue funzioni a favore degli assistiti. Ci sarà solo una diversa regolamentazioei con economie di scala sugli organi di gestione e sulla organizzazione interna.
Alberto Pagliarini
Ti scrivo di nuovo sperando che tu possa consigliare me ed altri colleghi su cosa conviene fare alla luce della nuova normativa sulle pensioni. Cosa rischia chi ha 61 anni e quasi 40 anni di contributi (servizio + laurea e militare riscattati) se resta in servizio fino a 68-70 anni? Cosa bisogna fare per il pasaggio dall' INPDAP all' INPS? Ho chiesto notizie a sindacalisti e impiegati INPDAP ed ho ricevuto risposte contrastanti che mi hanno confuso. Tu che sei un esperto e ci hai illuminato tante volte, potresti fare il punto della situazione in modo che gli ignoranti in materia come me possano capirci qualcosa?
Ti rigrazio della considerazione, cordiali saluti,
xxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
molti colleghi mi hanno posto un quesito più o meno analogo, prospettandomi situazioni personali diverse. Non posso rispondere a tutti, Pertanto invito i colleghi che mi hanno scritto a leggere questa risposta che ritengo possa valere per tutti quelli che si trovano in una posizione di servizio più o meno analoga alla sua.
Per coloro che alla fine del 2011 avevano maturato 40 anni di servizio, compresi gli anni riscattati, oppure mancava qualche anno per il raggiungimento dei 40, le nuove regole pensionistiche non comportano penalizzazioni, anzi, in alcuni casi, un vantaggio economico.
Pertanto, conviene rimanere in servizio sino al compimento dell'età pensionabile. Ciò è dovuto al fatto che per il sistema retributivo, attribuito a coloro che nel 1995 avevano maturato almeno 18 anni di servizio, compresi gli anni riscattati, la pensione è calcolata per un massimo di 40 anni e i contributi versati negli anni successivi non sono utilizzati dal soggetto ed hanno solo scopo sociale nel calderone previdenziale e assistenziale. Consegue che chi alla fine del 2011 ha già maturato 40 anni di servizio, non perde alcunché sulla pensione calcolata con il metodo retributivo sino a 40 anni e dovrebbe ricevere una ulteriore quota di pensione calcolata con il metodo contributivo, per effetto dei contributi versati negli ulteriori anni di servizio dal 2012 al pensionamento. Quindi costoro avranno un vantaggio economico a restare in servizio. Ovviamente a coloro che alla fine del 2011, mancavano pochi anni di servizio per il raggiungimento dei fatidici 40, sarà applicato il sistema retributivo per gli anni di servizio maturati sino al 2011, rimettendoci un qualcosa per gli anni mancanti, qualcosa che sarà ricuperato con la quota di pensione aggiuntiva calcolata con il metodo contributivo dal 2012 al pensionamento. Il recupero potrà compensare la perdita o, addirittura, dare un vantaggio economico a seconda degli anni più o meno numerosi mancanti ai 40 predetti e dell'età anagrafica più o meno prossima alla pensione.
L'unificazione tra INPS e INPDAP non comporta alcun adempimento per i dipendenti pubblici assistiti dall'INPDAP che continuerà a svolgere le sue funzioni a favore degli assistiti. Ci sarà solo una diversa regolamentazioei con economie di scala sugli organi di gestione e sulla organizzazione interna.
Alberto Pagliarini
giovedì 2 febbraio 2012
relazione triennale e domanda per attribuzione scatto
caro collega
tra i ricercatori della università xxxxxxxxxx è apparso un nuovo "spettro".
qualcuno sostiene infatti che nell'inviare la relazione triennale si debba richiedere anche il riconoscimento dello scatto stipendiale, ancorché questo non venga riconosciuto dal punto di vista economico.
una nota dei nostri rappresentanti in senato accademico recita:
A norma dell’art. 6, comma 14, della legge, ogni tre anni, i professori e i ricercatori devono presentare una relazione triennale sulle attività, anche didattiche, svolte, insieme alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale.
quale è l'interpretazione giusta?
cordialità
-----------------------------------
cari xxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx
la relazione sull'attività complessiva svolta nel triennio deve essere presentata unitamente alla domanda di attribuzione dello scatto triennale. E' lo stesso comma 14 dell'art. 6 che fissa tale obbligo e specifica "fermo restando quanto disposto.........", cioè il blocco degli scatti. Per cui la relazione va corredata della domanda di attribuzione ma questa non produce effetti sino a quando ci sarà il blocco degli scatti. Questa è l'interpretazione letterale della norma, a mio avviso. Si aggiunge poi anche l'opportunità di presentare la domanda, perché se il ricorso dovesse avere esito positivo, qualche sede potrebbe non concedere il dovuto, per non essere stata a suo tempo presentata alcuna domanda di attribuzione dello scatto, come previsto dalla legge. Un caro saluto
Alberto Pagliarini
tra i ricercatori della università xxxxxxxxxx è apparso un nuovo "spettro".
qualcuno sostiene infatti che nell'inviare la relazione triennale si debba richiedere anche il riconoscimento dello scatto stipendiale, ancorché questo non venga riconosciuto dal punto di vista economico.
una nota dei nostri rappresentanti in senato accademico recita:
A norma dell’art. 6, comma 14, della legge, ogni tre anni, i professori e i ricercatori devono presentare una relazione triennale sulle attività, anche didattiche, svolte, insieme alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale.
quale è l'interpretazione giusta?
cordialità
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cari xxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx
la relazione sull'attività complessiva svolta nel triennio deve essere presentata unitamente alla domanda di attribuzione dello scatto triennale. E' lo stesso comma 14 dell'art. 6 che fissa tale obbligo e specifica "fermo restando quanto disposto.........", cioè il blocco degli scatti. Per cui la relazione va corredata della domanda di attribuzione ma questa non produce effetti sino a quando ci sarà il blocco degli scatti. Questa è l'interpretazione letterale della norma, a mio avviso. Si aggiunge poi anche l'opportunità di presentare la domanda, perché se il ricorso dovesse avere esito positivo, qualche sede potrebbe non concedere il dovuto, per non essere stata a suo tempo presentata alcuna domanda di attribuzione dello scatto, come previsto dalla legge. Un caro saluto
Alberto Pagliarini
interpretazione letterale di una norma
Caro Collega, volevo capire come intrerpretare la frase finale.
Significa che il professore non deve essere laureato nello stesso ateneo,oppure
significa che al momento della chiamata non deve essere iscritto alla stessa?
4. Ciascuna università statale, nell'ambito della programmazione triennale, vincola le
risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla
chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati
titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa.
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
--------------------------------------------------------------
cara collega
vale l'interpretazione letterale: nell'ultimo triennio il soggetto da chiamare non deve essere stato iscritto a un corso universitario nella università chiamante. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Significa che il professore non deve essere laureato nello stesso ateneo,oppure
significa che al momento della chiamata non deve essere iscritto alla stessa?
4. Ciascuna università statale, nell'ambito della programmazione triennale, vincola le
risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla
chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati
titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa.
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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cara collega
vale l'interpretazione letterale: nell'ultimo triennio il soggetto da chiamare non deve essere stato iscritto a un corso universitario nella università chiamante. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 1 febbraio 2012
convenienza a rimanere in servizio con 40 anni di contributi maturati
Gentile prof Pagliarini
Sono un professore ordinario con 40 anni di servizio più 4 anni del corso universitario riscattati. Poiché non capisco niente di questioni pensionistiche vorrei porle due quesiti:
a) È finanziariamente conveniente per me (donna 64 anni) andare in pensione?
b) Il mio TFR è a rischio secondo lei?
Mi scusi per la stupidità delle domande ma mi riesce sempre più difficile vivere in questa università
xxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------------
gentile collega
avendo già maturato 40 anni di servizio effettivo le conviene rimanere in servizio sino all'età del pensionamento d'ufficio (70 anni). I contributi che continuerà a versare non andranno perduti ma daranno diritto a una quota della pensione calcolata con il metodo contributivo sui contributi versati, quota che va ad aggiungersi alla pensione calcolata sui 40 anni con il metodo retributivo. Avrà inoltre l'ulteriore vantaggio di un TFR più consistente perché calcolato con 6 anni in più. Non ci sono e non ci saranno problemi per il TFR, salvo la rateizzazione in tre anni, attualmente in vigore, se prorogata, Cordialmente
Alberto Pagliarini
Sono un professore ordinario con 40 anni di servizio più 4 anni del corso universitario riscattati. Poiché non capisco niente di questioni pensionistiche vorrei porle due quesiti:
a) È finanziariamente conveniente per me (donna 64 anni) andare in pensione?
b) Il mio TFR è a rischio secondo lei?
Mi scusi per la stupidità delle domande ma mi riesce sempre più difficile vivere in questa università
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gentile collega
avendo già maturato 40 anni di servizio effettivo le conviene rimanere in servizio sino all'età del pensionamento d'ufficio (70 anni). I contributi che continuerà a versare non andranno perduti ma daranno diritto a una quota della pensione calcolata con il metodo contributivo sui contributi versati, quota che va ad aggiungersi alla pensione calcolata sui 40 anni con il metodo retributivo. Avrà inoltre l'ulteriore vantaggio di un TFR più consistente perché calcolato con 6 anni in più. Non ci sono e non ci saranno problemi per il TFR, salvo la rateizzazione in tre anni, attualmente in vigore, se prorogata, Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 25 gennaio 2012
sulla nomina del coordinatore di un dottorato
Gentile Prof. Pagliarini,
a suo avviso un professore di prima fascia assunto ai sensi dell’art. 12 della legge 230/2005 può coordinare un corso di dottorato se il Regolamento d’Ateneo in materia lo consente?
Attendo ormai da due mesi una risposta dall’Ufficio competente del MIUR, visto che nell’anagrafe dottorati predisposta dal CINECA non mi è possibile inserire un coordinatore che rientra in questa categoria (prima fascia, ma non di ruolo).
Inoltre: l’art. 16 del DPR 382 del 1980 prevede che il coordinatore del corso di dottorato sia un professore ordinario. In seguito, il DM 224 del 1999 stabilisce semplicemente che deve essere prevista la figura del coordinatore, senza specificare la categoria di appartenenza. Molte università hanno interpretato questa norma come una apertura, consentendo la possibilità di affidare il coordinamento sia a professori di prima sia di seconda fascia, in alcuni casi perfino ai ricercatori confermati (cfr. regolamenti in materia di Trento, Padova, Bologna, Udine). Del resto, il sistema CINECA (che lavora su input del ministero) consente di registrare come coordinatore anche un professore associato. Ciò nonostante, il nostro Ufficio legale, ritiene che ci si debba attenere all’art. 16 del DPR 382 del 1980. Cosa ne pensa?
Distinti saluti
xxxxxxxxxxxx
Ufficio sviluppo
Libera Università di xxxxxxxxxx
---------------------------------------------------------
gentile Signora Funzionaria
l'autonomia organizzativa concessa con la legge 180/90 ha consentito alle università di darsi uno Statuto e i Regolamenti necessari per l'attivazione e il funzionamento di Facoltà, Dipartimenti, Corsi di studio, dottorati ed altro. In particolare per i corsi di dottorato i regolamenti adottati prevedono la figura del coordinatore che può essere, come avviene in tutte le sedi, un docente di ruolo, ordinario o associato o anche ricercatore confermato, purché in possesso di sufficienti e acclarati requisiti scientifici relativi allo specifico corso di dottorato. Per l'art. 16 del DPR 382/80 la nomina a coordinatore di un corso di dottorato era riservata ai professori ordinari. Il successivo DM 224/99 ha previsto la figura del coordinatore senza specificarne quella giuridica dello stesso. Si è, in tal modo, salvaguardata l'autonomia organizzativa dell'università, ignorando l'art. 16 citato che prevedeva solo la possibilità di nomina a un associato in casi di motivato impedimento degli ordinari. Le università hanno ritenuto di estendere la nomina agli associati e in qualche caso anche ai ricercatori per poter garantire la piena e necessaria presenza dei requisiti scientifici per lo specifico corso di dottorato, prevista, per il coordinatore e i docenti, nel DM 224/99 di regolamentazione dei dottorati; DM che, all'art. 8 stabilisce l'abrogazione di alcune norme e di ogni altra disposizione incompatibile con il regolamento medesimo Questa è la ratio, a mio avviso giusta, che discende dal DM e adottata dalle università per la nomina del coordinatore di un dottorato. Il vincolo fissato dall'art. 16 del DPR 382/80, per la nomina del coordinatore di un dottorato è superato, de iure e de facto, salvo che il regolamento d'ateneo non lo abbia espressamente previsto valido. Rispondo al primo quesito. Ritengo che la nomina di coordinatore responsabile di un dottorato debba essere riservata a un docente di ruolo in possesso dei requisiti scientifici predetti. La responsabilità di un dottorato deve essere pienamente garantita e, pertanto, non può essere affidata a figure di docenza non di ruolo come quelle previste dal comma 12 della legge
230/05. Cordialmente
Alberto Pagliarini
a suo avviso un professore di prima fascia assunto ai sensi dell’art. 12 della legge 230/2005 può coordinare un corso di dottorato se il Regolamento d’Ateneo in materia lo consente?
Attendo ormai da due mesi una risposta dall’Ufficio competente del MIUR, visto che nell’anagrafe dottorati predisposta dal CINECA non mi è possibile inserire un coordinatore che rientra in questa categoria (prima fascia, ma non di ruolo).
Inoltre: l’art. 16 del DPR 382 del 1980 prevede che il coordinatore del corso di dottorato sia un professore ordinario. In seguito, il DM 224 del 1999 stabilisce semplicemente che deve essere prevista la figura del coordinatore, senza specificare la categoria di appartenenza. Molte università hanno interpretato questa norma come una apertura, consentendo la possibilità di affidare il coordinamento sia a professori di prima sia di seconda fascia, in alcuni casi perfino ai ricercatori confermati (cfr. regolamenti in materia di Trento, Padova, Bologna, Udine). Del resto, il sistema CINECA (che lavora su input del ministero) consente di registrare come coordinatore anche un professore associato. Ciò nonostante, il nostro Ufficio legale, ritiene che ci si debba attenere all’art. 16 del DPR 382 del 1980. Cosa ne pensa?
Distinti saluti
xxxxxxxxxxxx
Ufficio sviluppo
Libera Università di xxxxxxxxxx
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gentile Signora Funzionaria
l'autonomia organizzativa concessa con la legge 180/90 ha consentito alle università di darsi uno Statuto e i Regolamenti necessari per l'attivazione e il funzionamento di Facoltà, Dipartimenti, Corsi di studio, dottorati ed altro. In particolare per i corsi di dottorato i regolamenti adottati prevedono la figura del coordinatore che può essere, come avviene in tutte le sedi, un docente di ruolo, ordinario o associato o anche ricercatore confermato, purché in possesso di sufficienti e acclarati requisiti scientifici relativi allo specifico corso di dottorato. Per l'art. 16 del DPR 382/80 la nomina a coordinatore di un corso di dottorato era riservata ai professori ordinari. Il successivo DM 224/99 ha previsto la figura del coordinatore senza specificarne quella giuridica dello stesso. Si è, in tal modo, salvaguardata l'autonomia organizzativa dell'università, ignorando l'art. 16 citato che prevedeva solo la possibilità di nomina a un associato in casi di motivato impedimento degli ordinari. Le università hanno ritenuto di estendere la nomina agli associati e in qualche caso anche ai ricercatori per poter garantire la piena e necessaria presenza dei requisiti scientifici per lo specifico corso di dottorato, prevista, per il coordinatore e i docenti, nel DM 224/99 di regolamentazione dei dottorati; DM che, all'art. 8 stabilisce l'abrogazione di alcune norme e di ogni altra disposizione incompatibile con il regolamento medesimo Questa è la ratio, a mio avviso giusta, che discende dal DM e adottata dalle università per la nomina del coordinatore di un dottorato. Il vincolo fissato dall'art. 16 del DPR 382/80, per la nomina del coordinatore di un dottorato è superato, de iure e de facto, salvo che il regolamento d'ateneo non lo abbia espressamente previsto valido. Rispondo al primo quesito. Ritengo che la nomina di coordinatore responsabile di un dottorato debba essere riservata a un docente di ruolo in possesso dei requisiti scientifici predetti. La responsabilità di un dottorato deve essere pienamente garantita e, pertanto, non può essere affidata a figure di docenza non di ruolo come quelle previste dal comma 12 della legge
230/05. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 22 gennaio 2012
anna sabatico e vincolo dei 35 anni di servizio
Gent. Prof. Pagliarini,
La Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012, ex legge finanziaria) approvata in via definitiva dal Parlamento il 12 novembre 2011
e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n. 265 si è occupata anche dei docenti universitari.
Tra altre cose, il capo 78 dell’art. 4 recita come segue:
“78. Le autorizzazioni di cui all’articolo 17, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, di cui all’articolo 10 della legge 18 marzo 1958, n. 311, e di cui all’articolo 8 della legge 18 marzo 1958, n. 349, possono essere concesse al medesimo soggetto per un periodo complessivamente non superiore ad un anno accademico in un decennio e non oltre il compimento del trentacinquesimo anno di anzianità di servizio. Nel concedere le autorizzazioni,
il Rettore tiene conto delle esigenze di funzionamento dell’Università ivi incluso il contenimento della spesa per la didattica sostitutiva. I conseguenti risparmi di spesa rimangono alle università.”
In pratica viene stabilito che dal 1 gennaio 2012 i congedi per sabbatico (art. 17 Legge 382/80), per ricerca all'estero (art. 10 Legge 311/58) e i congedi per gli assistenti universitari (art. 8 Legge 349/58) possono essere concessi alla stessa persona nel limite complessivo di 1 anno accademico in un decennio e non oltre il 35° anno di servizio.
Io sono un professore Associato di Chimica Industriale (CHIM 04) con una carriera che si è svolta: all’estero (fino al luglio 1975), presso l’Università di xxxxxxxx
come assegnista dal Luglio 1975 al Luglio 1976, come ricercatore di ruolo presso il CNR (1976- 1987), ed infine presso l’Università di xxxxxxxx, dove ho preso servizio in data 27/09/1987.
Ho fatto richiesta di anno sabbatico per l’a.a. 2012-13, ma ho saputo (per vie non ufficiali) che nel Senato Accademico di mercoledì scorso tale opportunità non mi è stata concessa dato che è stato ritenuto che la mia anzianità di servizio sia superiore ai 35 anni (probabilmente hanno sommato gli anni CNR con gli anni di associato).
Vorrei ricorrere al TAR contro questa decisione ritenendo che la mia anzianità di servizio vada considerata risalire al 27/09/1987 data in cui ho dato le dimissioni dal CNR e preso servizio a xxxxxxxxxx.
Qual è la sua opinione?
RingraziandoLa per il suo lavoro a beneficio di noi tutti,
Le invio i miei più cordiali saluti.
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
il computo degli anni di servizio per il vincolo dei 35 anni previsto dalla nuova norma, per la concessione di un anno sabatico ai docenti universitari va fatto, a mio avviso, riferendosi esslusivamente al servizio prestato nell'università, in qualità di docente, non in altri enti. Peraltro i ricercatori del CNR e i dipendenti pubblici di qualsiasi ente, non godono di tale concessione. Tra i servizi resi nell'università possono rientrare anche gli assegni di ricerca, anche perché sono riconosciuti ai fini giuridici ed economici nella ricostruzione di carriera. Il ricorso al TAR è possibile ma dopo aver scritto al rettore illustrando le motivazioni suddette e chiedendo una adeguata applicazione della norma. Cordialmente
Alberto Pagliarini
La Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012, ex legge finanziaria) approvata in via definitiva dal Parlamento il 12 novembre 2011
e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n. 265 si è occupata anche dei docenti universitari.
Tra altre cose, il capo 78 dell’art. 4 recita come segue:
“78. Le autorizzazioni di cui all’articolo 17, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, di cui all’articolo 10 della legge 18 marzo 1958, n. 311, e di cui all’articolo 8 della legge 18 marzo 1958, n. 349, possono essere concesse al medesimo soggetto per un periodo complessivamente non superiore ad un anno accademico in un decennio e non oltre il compimento del trentacinquesimo anno di anzianità di servizio. Nel concedere le autorizzazioni,
il Rettore tiene conto delle esigenze di funzionamento dell’Università ivi incluso il contenimento della spesa per la didattica sostitutiva. I conseguenti risparmi di spesa rimangono alle università.”
In pratica viene stabilito che dal 1 gennaio 2012 i congedi per sabbatico (art. 17 Legge 382/80), per ricerca all'estero (art. 10 Legge 311/58) e i congedi per gli assistenti universitari (art. 8 Legge 349/58) possono essere concessi alla stessa persona nel limite complessivo di 1 anno accademico in un decennio e non oltre il 35° anno di servizio.
Io sono un professore Associato di Chimica Industriale (CHIM 04) con una carriera che si è svolta: all’estero (fino al luglio 1975), presso l’Università di xxxxxxxx
come assegnista dal Luglio 1975 al Luglio 1976, come ricercatore di ruolo presso il CNR (1976- 1987), ed infine presso l’Università di xxxxxxxx, dove ho preso servizio in data 27/09/1987.
Ho fatto richiesta di anno sabbatico per l’a.a. 2012-13, ma ho saputo (per vie non ufficiali) che nel Senato Accademico di mercoledì scorso tale opportunità non mi è stata concessa dato che è stato ritenuto che la mia anzianità di servizio sia superiore ai 35 anni (probabilmente hanno sommato gli anni CNR con gli anni di associato).
Vorrei ricorrere al TAR contro questa decisione ritenendo che la mia anzianità di servizio vada considerata risalire al 27/09/1987 data in cui ho dato le dimissioni dal CNR e preso servizio a xxxxxxxxxx.
Qual è la sua opinione?
RingraziandoLa per il suo lavoro a beneficio di noi tutti,
Le invio i miei più cordiali saluti.
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
il computo degli anni di servizio per il vincolo dei 35 anni previsto dalla nuova norma, per la concessione di un anno sabatico ai docenti universitari va fatto, a mio avviso, riferendosi esslusivamente al servizio prestato nell'università, in qualità di docente, non in altri enti. Peraltro i ricercatori del CNR e i dipendenti pubblici di qualsiasi ente, non godono di tale concessione. Tra i servizi resi nell'università possono rientrare anche gli assegni di ricerca, anche perché sono riconosciuti ai fini giuridici ed economici nella ricostruzione di carriera. Il ricorso al TAR è possibile ma dopo aver scritto al rettore illustrando le motivazioni suddette e chiedendo una adeguata applicazione della norma. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 15 gennaio 2012
sentenza Consiglio di Stato riconoscimento assegni ricerca
Gentile Prof. Pagliarini,
sarebbe molto gradito un suo punto di vista sulla sentenza del Consiglio di Stato sulle ricostruzioni di carriera. Inoltre le chiedo se è d'accordo con il parere della collega xxxxxxxxxxx, sotto riportato, per la quale la sentenza eliminerebbe ogni possibile differenza tra assegno e post-doc.
saluti cordiali
Gennaro Carotenuto
Car*
vi segnalo che, con la sentenza n. 102 del 11.1.2012 (in allegato), il Consiglio di Stato ha affermato che la categoria degli assegnisti di ricerca costituisce un’evoluzione delle categorie di collaborazione precaria con le università vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del DPR n. 382/1980, e che, per non creare situazioni di disparità di trattamento fra situazioni identiche, i benefici previsti dall’art. 103 del DPR n. 382/1980 devono essere applicati anche in relazione alle categorie che hanno avuto origine dalla trasformazione di quelle esistenti nel 1980 (e prese espressamente in considerazione dallo stesso articolo 103).
E la saga continua...
Ciao
xxxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------------
caro collega
la recente sentenza del Consiglio di Stato concerne esclusivamente la figura precaria del titolare di assegno di ricerca, non altre figure precarie. La stessa Corte rileva di essersi pronunciata favorevolmente anche per altre figure precarie quale quella dei tecnici laureati o funzionari tecnici. La sentenza non è, quindi, estendibile ad altre figure precarie come quella dei titolari di borse post dottorato., per le quali, ad oggi, nessuna università ha concesso il riconoscimento e non esistono pareri favorevoli espressi da organismi centrali. Le poche università che non hanno ancora riconosciuto gli assegni di ricerca nella ricostruzione di carriera, in Puglia solo Bari, pur in presenza di molteplici pareri favorevoli espressi da diversi organismi centrali (MEF, MIUR, INPDAP, CUN, Avvocatura dello Stato), potrebbero attuare il riconoscimento alla luce di questa sentenza. Probabilmente difficoltà di bilancio non lo consentiranno. Ritengo che tutti gli interessati delle predette sedi producano domanda al rettore per il riconoscimento, ai fini economici e giuridici, dei periodi di titolarità di assegno di ricerca. Inoltre i sindacati della docenza dovrebbero ufficialmente dichiararsi favorevoli alle predette richieste, anche per evitare un inutile contenzioso giudiziario, sicuramente favorevole ai ricorrenti, che comporterebbe aggravio di spese per l'amministrazione. In passato la predetta procedura, poggiante sui pareri favorevoli espressi e su alcune mie memorie sulla questione, ha determinato risultati positivi in alcune sedi. Mi consta che il CNU nazionale ha già scritto ai presidenti di sede informandoli della questione. Per quanto attiene le borse post dottorato ho sempre consigliato alle sedi di porre un quesito agli organismi centrali sopra citati, chiedendo il parere per l'eventuale riconoscimento. Da quanto mi risulta nessuna sede si è mossa in tal senso. Anche per questa questione i sindacati della docenza dovrebbero chiedere al rettore di far partire un regolare quesito, per l'eventuale riconoscimento di questo diritto. Con i tempi che corrono e le difficoltà economiche di tutte le amministrazioni universitarie, i rettori, presumibilmente, non si muoveranno in tal senso. Il mio parere è che anche le borse post dottorato dovrebbero rientrare nella estensione delle tipologie previste nell'art. 7, comma e) della legge delega 28/80 citata nell'art. 103 del DPR 382/80 sui riconoscimenti di servizi nella ricostruzione di carriera. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sarebbe molto gradito un suo punto di vista sulla sentenza del Consiglio di Stato sulle ricostruzioni di carriera. Inoltre le chiedo se è d'accordo con il parere della collega xxxxxxxxxxx, sotto riportato, per la quale la sentenza eliminerebbe ogni possibile differenza tra assegno e post-doc.
saluti cordiali
Gennaro Carotenuto
Car*
vi segnalo che, con la sentenza n. 102 del 11.1.2012 (in allegato), il Consiglio di Stato ha affermato che la categoria degli assegnisti di ricerca costituisce un’evoluzione delle categorie di collaborazione precaria con le università vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del DPR n. 382/1980, e che, per non creare situazioni di disparità di trattamento fra situazioni identiche, i benefici previsti dall’art. 103 del DPR n. 382/1980 devono essere applicati anche in relazione alle categorie che hanno avuto origine dalla trasformazione di quelle esistenti nel 1980 (e prese espressamente in considerazione dallo stesso articolo 103).
E la saga continua...
Ciao
xxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
la recente sentenza del Consiglio di Stato concerne esclusivamente la figura precaria del titolare di assegno di ricerca, non altre figure precarie. La stessa Corte rileva di essersi pronunciata favorevolmente anche per altre figure precarie quale quella dei tecnici laureati o funzionari tecnici. La sentenza non è, quindi, estendibile ad altre figure precarie come quella dei titolari di borse post dottorato., per le quali, ad oggi, nessuna università ha concesso il riconoscimento e non esistono pareri favorevoli espressi da organismi centrali. Le poche università che non hanno ancora riconosciuto gli assegni di ricerca nella ricostruzione di carriera, in Puglia solo Bari, pur in presenza di molteplici pareri favorevoli espressi da diversi organismi centrali (MEF, MIUR, INPDAP, CUN, Avvocatura dello Stato), potrebbero attuare il riconoscimento alla luce di questa sentenza. Probabilmente difficoltà di bilancio non lo consentiranno. Ritengo che tutti gli interessati delle predette sedi producano domanda al rettore per il riconoscimento, ai fini economici e giuridici, dei periodi di titolarità di assegno di ricerca. Inoltre i sindacati della docenza dovrebbero ufficialmente dichiararsi favorevoli alle predette richieste, anche per evitare un inutile contenzioso giudiziario, sicuramente favorevole ai ricorrenti, che comporterebbe aggravio di spese per l'amministrazione. In passato la predetta procedura, poggiante sui pareri favorevoli espressi e su alcune mie memorie sulla questione, ha determinato risultati positivi in alcune sedi. Mi consta che il CNU nazionale ha già scritto ai presidenti di sede informandoli della questione. Per quanto attiene le borse post dottorato ho sempre consigliato alle sedi di porre un quesito agli organismi centrali sopra citati, chiedendo il parere per l'eventuale riconoscimento. Da quanto mi risulta nessuna sede si è mossa in tal senso. Anche per questa questione i sindacati della docenza dovrebbero chiedere al rettore di far partire un regolare quesito, per l'eventuale riconoscimento di questo diritto. Con i tempi che corrono e le difficoltà economiche di tutte le amministrazioni universitarie, i rettori, presumibilmente, non si muoveranno in tal senso. Il mio parere è che anche le borse post dottorato dovrebbero rientrare nella estensione delle tipologie previste nell'art. 7, comma e) della legge delega 28/80 citata nell'art. 103 del DPR 382/80 sui riconoscimenti di servizi nella ricostruzione di carriera. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 8 gennaio 2012
sulla non riassorbibilità dell'assegno ad personam
Caro Pagliarini,
Ti sarei molto grato se volessi inviarmi eventuali riferimenti giurisprudenziali (possibilmente il testo delle decisioni) in materia di attribuzione definitiva a professore ordinario dell'assegno ad personam (goduto quale già professore associato nella stessa università ) non riassorbito completamente durante il triennio di straordinariato, nonché le sedi universitarie, oltre quella di Roma La Sapienza, riconoscono pacificamente tale diritto ai loro docenti in applicazione dell'art.8, comma 4, della legge 370/99.
Nel ringraziarTi vivamente in anticipo per la cortesia Ti invio i migliori auguri
xxxxxxxxxxxxx
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caro collega
molte sedi, da tempo, non considerano riassorbibile l'assegno ad personam sia durante il triennio di conferma o di straordinariato, sia successivamente per l'eventuale quota residua dopo la ricostruzione di carriera. Bologna, Pisa, Verona, Parma, Siena e tante altre si comportano in tal modo. Vi sono sedi, come Bari e Foggia, che non lo considerano riassorbibile durante il triennio, ma riassorbono l'eventuale quota residua dopo la ricostruzione di carriera. Non mi consta ci siano sentenze di TAR sulla questione, tranne quella del TAR Foggia, presentata da un ricorrente per altre questioni, non per la questione assegno ad personam. Nella sentenza il TAR, incidentalmente, considera riassorbibile l'assegno residuo dopo la ricostruzione di carriera. Bari non considerava riassorbibile l'assegno anche dopo la ricostruzione di carriera, ma dopo la predetta sentenza ha cambiato opinione e lo ha considerato riassorbibile. Questa è la situazione, per quanto ne so. L'assegno, che compete per avanzamento di carriera in forza del comma 4, dell'art. 8 della legge 370/99, non è riassorbile e rivalutabile, come ho sempre sostenuto con memorie apposite e come lo ha considerato il MEF in risposta a specifici quesiti fatti da sedi, compresa Bari. Ma per una malintesa autonomia, le risposte ministeriali a specifici quesiti contano niente rispetto all'interpretazione della norma fatta da funzionari della sede. Ricambio gli auguri. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Ti sarei molto grato se volessi inviarmi eventuali riferimenti giurisprudenziali (possibilmente il testo delle decisioni) in materia di attribuzione definitiva a professore ordinario dell'assegno ad personam (goduto quale già professore associato nella stessa università ) non riassorbito completamente durante il triennio di straordinariato, nonché le sedi universitarie, oltre quella di Roma La Sapienza, riconoscono pacificamente tale diritto ai loro docenti in applicazione dell'art.8, comma 4, della legge 370/99.
Nel ringraziarTi vivamente in anticipo per la cortesia Ti invio i migliori auguri
xxxxxxxxxxxxx
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caro collega
molte sedi, da tempo, non considerano riassorbibile l'assegno ad personam sia durante il triennio di conferma o di straordinariato, sia successivamente per l'eventuale quota residua dopo la ricostruzione di carriera. Bologna, Pisa, Verona, Parma, Siena e tante altre si comportano in tal modo. Vi sono sedi, come Bari e Foggia, che non lo considerano riassorbibile durante il triennio, ma riassorbono l'eventuale quota residua dopo la ricostruzione di carriera. Non mi consta ci siano sentenze di TAR sulla questione, tranne quella del TAR Foggia, presentata da un ricorrente per altre questioni, non per la questione assegno ad personam. Nella sentenza il TAR, incidentalmente, considera riassorbibile l'assegno residuo dopo la ricostruzione di carriera. Bari non considerava riassorbibile l'assegno anche dopo la ricostruzione di carriera, ma dopo la predetta sentenza ha cambiato opinione e lo ha considerato riassorbibile. Questa è la situazione, per quanto ne so. L'assegno, che compete per avanzamento di carriera in forza del comma 4, dell'art. 8 della legge 370/99, non è riassorbile e rivalutabile, come ho sempre sostenuto con memorie apposite e come lo ha considerato il MEF in risposta a specifici quesiti fatti da sedi, compresa Bari. Ma per una malintesa autonomia, le risposte ministeriali a specifici quesiti contano niente rispetto all'interpretazione della norma fatta da funzionari della sede. Ricambio gli auguri. Cordialmente
Alberto Pagliarini
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