Egr. Prof. Pagliarini,
innanzi tutto la ringrazio per l'attenzione che vorrà dedicarmi.
Le scrivo per avere da lei informazioni riguardo la mia ricostruzione di carriera
Le espongo le mie perplessità:
Prima di essere assunto come ricercatore universitario ero titolare di un contratto come
ricercatore di III livello a tempo determinato presso l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Tale servizio,
della durata di circa 14 mesi, è stato interrotto perché ho dato le dimissioni volontarie per prendere servizio
come ricercatore universitario.
All'assunzione, il mio ateneo mi ha riconosciuto, per questo servizio, un assegno ad personam
ai sensi dell'art. 8 comma 5 della legge 370/1999.
Il 29/07/2010, con decorrenza 01/03/2010 sono stato confermato nel ruolo.
In seguito alla mia richiesta di ricostruzione di carriera, (essendo stato titolare, nel periodo pre ruolo anche di
un assegno di ricerca biennale) mi è stato concesso solo un periodo pari ai 2/3 dell'assegno di ricerca (1 anno e 4 mesi) e nulla
per il contratto di ricercatore a tempo determinato presso l'INFN.
Ho chiesto informalmente agli uffici e mi è stato detto che, avendo per quel periodo goduto dell'assegno ad personam, non
potevo chiedere anche il riconoscimento ai fini dell'anzianità.
E' vero tutto questo?
O, come mi sembra, le due cose riguardano aspetti differenti
(riconoscimento economico con l'assegno ad personam per non subire una riduzione temporanea
di stipendio durante il periodo di conferma, infatti ora è riassorbito,
e riconoscimento giuridico dell'anzianità di servizio nel ruolo) e dunque mi spettano altri 8 mesi di anzianità pre-ruolo?
Grazie,
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
---------------------------------------------------------------------
caro dottore
per l'art. 103 del DPR 382/80 il servizio coime ricercatore presso un ente pubblico di ricerca, quale l'INFN, è riconosciuto nella ricostruzione della carriera di un ricercatore universitario, oltre che ai fini giuridici, anche ecomici, se a tempo indeterminato, cioè di ruolo. Per questo non è stato riconosciuto. Cordialmente
Alberto Pagliarini
lunedì 29 novembre 2010
inammissibilità a concorso idoneità per associato
Chiar.mo Professore,
desidererei conoscere il suo parere circa la seguente questione:
un candidato risultato già idoneo ad una valutazione comparativa a posto di
docente universitario di seconda fascia i cui atti siano stati già approvati
con un decreto rettorale della sede che ha bandito il concorso, potrebbe
presentatrsi ad una valutazione comparativa per la stessa fascia bandita da
altro ateneo nella stessa sessione?
La ringrazio per il tempo dedicatomi e le invio i miei più cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxx
--------------------------------------------------------------------
gentile collega
ritengo di si, salvo esplicita inammissibilità prevista esplicitamente nel bando. Cordialmente
Alberto Pagliarini
desidererei conoscere il suo parere circa la seguente questione:
un candidato risultato già idoneo ad una valutazione comparativa a posto di
docente universitario di seconda fascia i cui atti siano stati già approvati
con un decreto rettorale della sede che ha bandito il concorso, potrebbe
presentatrsi ad una valutazione comparativa per la stessa fascia bandita da
altro ateneo nella stessa sessione?
La ringrazio per il tempo dedicatomi e le invio i miei più cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxx
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gentile collega
ritengo di si, salvo esplicita inammissibilità prevista esplicitamente nel bando. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sul blocco delle retribuzioni
Buonasera Professore,
sono un Ricercatore non confermato entrato in servizio nel 2010. Dal sito del CNU sembra che l'aumento di stipendio previsto dopo 1 anno dall'entrata in servizio dei Ricercatori sia bloccato dalla manovra Tremonti. Ma quell'aumento non corrisponde ad uno scatto di anzianità, gli scatti di anzianità cominciano dalla conferma in poi. Cosa ci dobbiamo aspettare l'aumento o no? Spero di sì...alterimennti vorrebbe dire che staremo per altri 3 anni con 1200 EURO di stipendio o poco più ...
Grazie per la sua risposta,
xxxxxxxxxxxxxxx
--------------------------------------------------------------------------
caro dottore
quel che lei dice è stato da me evidenziato nella nota "Stato giuridico o Stato confusionale ?" inviata ai ministri competetenti e alla CRUI. Nessuno, oggi, è in grado di dare una risposta univoca. Vi sono sedi che hanno fatto sapere di intendere il blocco in senso totale, quindi non daranno l'aumento previsto dopo un anno ai ricercatori non confermati, altre sono in attesa di eventuali charimenti, altre non si sono ancora espresse. Se a cotanta Babele si aggiunge la confusa, ingarbugliata situazione politico-legislativa del momento attuale, viene un profondo sconforto sulle sorti di questo Paese, privo di un orizzonte chiaro di democrazia, di crescita, di sviluppo e di diritto. Speriamo che ritorni il sereno e qualcuno risponda e dia certezza di diritto ai contenuti della richiamata nota. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono un Ricercatore non confermato entrato in servizio nel 2010. Dal sito del CNU sembra che l'aumento di stipendio previsto dopo 1 anno dall'entrata in servizio dei Ricercatori sia bloccato dalla manovra Tremonti. Ma quell'aumento non corrisponde ad uno scatto di anzianità, gli scatti di anzianità cominciano dalla conferma in poi. Cosa ci dobbiamo aspettare l'aumento o no? Spero di sì...alterimennti vorrebbe dire che staremo per altri 3 anni con 1200 EURO di stipendio o poco più ...
Grazie per la sua risposta,
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro dottore
quel che lei dice è stato da me evidenziato nella nota "Stato giuridico o Stato confusionale ?" inviata ai ministri competetenti e alla CRUI. Nessuno, oggi, è in grado di dare una risposta univoca. Vi sono sedi che hanno fatto sapere di intendere il blocco in senso totale, quindi non daranno l'aumento previsto dopo un anno ai ricercatori non confermati, altre sono in attesa di eventuali charimenti, altre non si sono ancora espresse. Se a cotanta Babele si aggiunge la confusa, ingarbugliata situazione politico-legislativa del momento attuale, viene un profondo sconforto sulle sorti di questo Paese, privo di un orizzonte chiaro di democrazia, di crescita, di sviluppo e di diritto. Speriamo che ritorni il sereno e qualcuno risponda e dia certezza di diritto ai contenuti della richiamata nota. Cordialmente
Alberto Pagliarini
scatto anticipato per nascita figlio e ricorso al TAR
Gent.le Prof. Pagliarini,
Sono un ricercatore universitario a tempo pieno presso il Politecnico di Milano dal 1 febbraio 2007, confermato dal 1 febbraio 2010.
La scorsa settimana è nato il mio secondo figlio, ed ho pertanto provveduto a comunicare tempestivamente la variazione della composizione del nucleo familiare all’amministrazione del mio Ateneo.
Mi è stato detto che ho la possibilità di richiedere l’anticipo dello scatto di stipendio. Quando ho chiesto informazioni più precise, mi è stato risposto che lo stipendio lordo annuale passerà da 18.807 euro (classe 00) a 19278 euro, corrispondente ad un incremento del 2.5%.
Sul suo blog ho letto con attenzione le risposte date ai colleghi in a giugno 2009 e marzo 2010
http://albertopagliarini.blogspot.com/2009_06_01_archive.html
http://albertopagliarini.blogspot.com/2010/03/scatto-di-anzianita-anticipato-per.html
dalle quali ho appreso che l’aumento dovrebbe essere pari all’8%, equivalente a 20.312 euro (classe 01).
Ho quindi contattato telefonicamente l’amministrazione del mio Ateneo per avere delucidazioni in merito. Mi è stato risposto che ogni due anni è previsto un passaggio di *classe* (pari ad un aumento dell’8%), mentre per la nascita di un figlio si ha l’anticipo dello *scatto* e non della classe, enfatizzando il fatto che classe e scatto sono concetti distinti. L’entità di tali scatti sarebbe regolamentata ogni anno da un D.P.C.M. e comunicate alle amministrazioni delle Università direttamente dal ministero.
Ovviamente l’entità dell’anticipo è oggi ancora più importante visto il blocco degli aumenti retributivi per i prossimi tre anni.
Vorrei chiederle gentilmente di suggerirmi come procedere.
Saluti,
xxxxxxxxxxxxxxxxx
--------------------------------------------------------------------
caro dottore
confermo quanto ho scritto nelle risposte da lei richiamate. Purtroppo, per prassi burocratica, i funzionari evitano, per quanto possibile, di assumere responsdabilità negli atti amministrativi che istruiscono e sottopongono alla firma dei responsabili dell'amministrazione. Non resta altro da fare che ricorrere al TAR. Qualcuno prima o dopo lo farà. Ma ciò non basta a risolvere del tutto la questione, poiché la sentenza, se favorevole al ricorrente, avrà efficacia solo per lui, salvo una improbabile estensione erga omnes, con atto amministrativo di un ministro, a tutti gli aventi diritto.
Siamo in un Paese in cui non c'è certezza del diritto. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Sono un ricercatore universitario a tempo pieno presso il Politecnico di Milano dal 1 febbraio 2007, confermato dal 1 febbraio 2010.
La scorsa settimana è nato il mio secondo figlio, ed ho pertanto provveduto a comunicare tempestivamente la variazione della composizione del nucleo familiare all’amministrazione del mio Ateneo.
Mi è stato detto che ho la possibilità di richiedere l’anticipo dello scatto di stipendio. Quando ho chiesto informazioni più precise, mi è stato risposto che lo stipendio lordo annuale passerà da 18.807 euro (classe 00) a 19278 euro, corrispondente ad un incremento del 2.5%.
Sul suo blog ho letto con attenzione le risposte date ai colleghi in a giugno 2009 e marzo 2010
http://albertopagliarini.blogspot.com/2009_06_01_archive.html
http://albertopagliarini.blogspot.com/2010/03/scatto-di-anzianita-anticipato-per.html
dalle quali ho appreso che l’aumento dovrebbe essere pari all’8%, equivalente a 20.312 euro (classe 01).
Ho quindi contattato telefonicamente l’amministrazione del mio Ateneo per avere delucidazioni in merito. Mi è stato risposto che ogni due anni è previsto un passaggio di *classe* (pari ad un aumento dell’8%), mentre per la nascita di un figlio si ha l’anticipo dello *scatto* e non della classe, enfatizzando il fatto che classe e scatto sono concetti distinti. L’entità di tali scatti sarebbe regolamentata ogni anno da un D.P.C.M. e comunicate alle amministrazioni delle Università direttamente dal ministero.
Ovviamente l’entità dell’anticipo è oggi ancora più importante visto il blocco degli aumenti retributivi per i prossimi tre anni.
Vorrei chiederle gentilmente di suggerirmi come procedere.
Saluti,
xxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro dottore
confermo quanto ho scritto nelle risposte da lei richiamate. Purtroppo, per prassi burocratica, i funzionari evitano, per quanto possibile, di assumere responsdabilità negli atti amministrativi che istruiscono e sottopongono alla firma dei responsabili dell'amministrazione. Non resta altro da fare che ricorrere al TAR. Qualcuno prima o dopo lo farà. Ma ciò non basta a risolvere del tutto la questione, poiché la sentenza, se favorevole al ricorrente, avrà efficacia solo per lui, salvo una improbabile estensione erga omnes, con atto amministrativo di un ministro, a tutti gli aventi diritto.
Siamo in un Paese in cui non c'è certezza del diritto. Cordialmente
Alberto Pagliarini
assegni di ricerca e tetto 8 anni
Gentile professore,
mi permetto di scriverle di nuovo data l'urgenza della questione, che incide sulla mia possibilità di essere ammessa ai prossimi concorsi per gli assegni di ricerca.
Sono un’ex assegnista di ricerca che ha usufruito di 5 anni di assegno e di tre anni di borsa di dottorato conferitami da una fondazione privata. La legge prevede che io non possa più essere titolare di assegno di ricerca avendo superato il tetto massimo di 8 anni tra borsa e assegno. Trovo che questa norma, scaturita a suo tempo dalla necessità di portare le università a regolarizzare i precari assumendoli come ricercatori, sia ora totalmente anacronistica (viste le attuali “code” di aspiranti ricercatori) e tremendamente svantaggiosa per chi ha un curriculum che consentirebbe di vincere senza problemi almeno un assegno. Esistono ricorsi/contestazioni in merito a cui possa appellarmi? E, inoltre: essendo la mia borsa di dottorato non erogata dal Ministero, ma da una fondazione privata, potrebbe non entrare nel computo degli 8 anni di tetto massimo? La ringrazio anticipatamente per l’attenzione e per l'aiuto.
Cordiali saluti,
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------------------------
gentile dottoressa
non mi consta esistano ricorsi su questa questione, peraltro inammissibili perché la norma degli 8 anni è tuttora in vigore. Le suggerisco di far domanda specificando la sua posizione. Delle due l'una: la domanda potrebbe essere accettata perché la sede autonomammente ha deciso in tal senso nel regolamento di ateneo, oppure verrebbe respinta come inammissibile per la questione degli 8 anni. Comunque, guardi attentamente il bando, dovrebbero essere riportati i casi di inammissibilità. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mi permetto di scriverle di nuovo data l'urgenza della questione, che incide sulla mia possibilità di essere ammessa ai prossimi concorsi per gli assegni di ricerca.
Sono un’ex assegnista di ricerca che ha usufruito di 5 anni di assegno e di tre anni di borsa di dottorato conferitami da una fondazione privata. La legge prevede che io non possa più essere titolare di assegno di ricerca avendo superato il tetto massimo di 8 anni tra borsa e assegno. Trovo che questa norma, scaturita a suo tempo dalla necessità di portare le università a regolarizzare i precari assumendoli come ricercatori, sia ora totalmente anacronistica (viste le attuali “code” di aspiranti ricercatori) e tremendamente svantaggiosa per chi ha un curriculum che consentirebbe di vincere senza problemi almeno un assegno. Esistono ricorsi/contestazioni in merito a cui possa appellarmi? E, inoltre: essendo la mia borsa di dottorato non erogata dal Ministero, ma da una fondazione privata, potrebbe non entrare nel computo degli 8 anni di tetto massimo? La ringrazio anticipatamente per l’attenzione e per l'aiuto.
Cordiali saluti,
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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gentile dottoressa
non mi consta esistano ricorsi su questa questione, peraltro inammissibili perché la norma degli 8 anni è tuttora in vigore. Le suggerisco di far domanda specificando la sua posizione. Delle due l'una: la domanda potrebbe essere accettata perché la sede autonomammente ha deciso in tal senso nel regolamento di ateneo, oppure verrebbe respinta come inammissibile per la questione degli 8 anni. Comunque, guardi attentamente il bando, dovrebbero essere riportati i casi di inammissibilità. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 28 novembre 2010
anomalie nella ricostruzione di carriera dei ricercatori
Gent.le prof. Pagliarini,
sono una dipendente dell’Università xxxxxxxxxxxxx e mi occupo delle carriere dei docenti e ricercatori. Avrei da formularLe un quesito per il quale, nonostante la consultazione del blog, non trovo interpretazione:
Di recente un ricercatore confermato ha formulato richiesta di ricostruzione carriera, indicando, tra gli altri servizi, l’attività prestata in qualità di titolare di contratto a tempo determinato presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in qualita di Ricercatore di III livello. Al ricercatore, inoltre, per la medesima attività, all’atto della nomina, è stato riconosciuto l’assegno ad personam, poi completamente riassorbito con la conferma in ruolo.
È giusto, nel caso di specie, ritenere il servizio di ricercatore a tempo determinato presso l’INFN equiparato al servizio prestato in qualità di ricercatore universitario?
È corretto non ritenere riconoscibile il periodo richiesto secondo quanto disposto dall’art. 103 del DPR 382/80 per i ricercatori?
La ringrazio anticipatamente per l’attenzione che vorrà rivolgere alla presente.
xxxxxxxxxxxxxxxx
Ufficio Personale Docente e Ricercatore
Università degli Studi xxxxxxxxxxxxxxx
--------------------------------------------------------------------
gentile Funzionaria
mi chiede se è corretto non riconoscere il servizio di ricercatore a tempo determinato presso l'INFN, secondo il disposto dell'art. 103 del DPR 382/80. Le rispondo dicendo che, attenendosi alla lettera della citata norma non è possibile riconoscerlo perché quel servizio, non di ruolo, non è contemplato tra quelli riconoscibili, anche se espletato presso l'INFN, ente pubblico di ricerca. Dura lex, sed lex. Quindi quel servizio non può essere riconosciuto secondo la legge vigente. Altra cosa è se ciò sia corretto o no. Io ritengo no, perché quel servizio è analogo a quello di un ricercatore a tempo indeterminato prestato presso lo stesso ente pubblico e, per l'accesso a quelle funzioni l'uno e laltro hanno dovuto superare un uguale concorso pubblico; la diversità tra i due soggetti è solo nel nome della qualifica.
L'art. 103 è tuttora vigente ma ha 30 anni di vita. In 30 anni molte cose sono cambiate. Figure che esistevano all'epoca, con diritti riconosciuti, non esistono più, ma ne esistono altre che svolgono le stesse attività, le stesse funzioni con gli stessi obiettivi di quelle previste nell'art. 103 ma prive di quei diritti. Ovviamente, queste figure non sono e non potevano essere inserite in quell'articolo. Il MIUR avrebbe dovuto doverosamente provvedere a far aggiornare l'art 103, per evitare una palese ingiustizia nel riconoscimento di diritti connessi a quelle stesse funzioni ma non riconoscibili alle nuove figure perché non contemplati nell'art. 103. Purtroppo il MIUR ha ignorato il problema danneggiando diverse generazioni di ricercatori. Siamo in Italia e di queste omissioni di doveri d'ufficio nessuno ne risponde. Non è neppure percorribile la via giudiziaria perché quella è la norma vigente e occorre una nuova norma per cambiarla. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono una dipendente dell’Università xxxxxxxxxxxxx e mi occupo delle carriere dei docenti e ricercatori. Avrei da formularLe un quesito per il quale, nonostante la consultazione del blog, non trovo interpretazione:
Di recente un ricercatore confermato ha formulato richiesta di ricostruzione carriera, indicando, tra gli altri servizi, l’attività prestata in qualità di titolare di contratto a tempo determinato presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare in qualita di Ricercatore di III livello. Al ricercatore, inoltre, per la medesima attività, all’atto della nomina, è stato riconosciuto l’assegno ad personam, poi completamente riassorbito con la conferma in ruolo.
È giusto, nel caso di specie, ritenere il servizio di ricercatore a tempo determinato presso l’INFN equiparato al servizio prestato in qualità di ricercatore universitario?
È corretto non ritenere riconoscibile il periodo richiesto secondo quanto disposto dall’art. 103 del DPR 382/80 per i ricercatori?
La ringrazio anticipatamente per l’attenzione che vorrà rivolgere alla presente.
xxxxxxxxxxxxxxxx
Ufficio Personale Docente e Ricercatore
Università degli Studi xxxxxxxxxxxxxxx
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gentile Funzionaria
mi chiede se è corretto non riconoscere il servizio di ricercatore a tempo determinato presso l'INFN, secondo il disposto dell'art. 103 del DPR 382/80. Le rispondo dicendo che, attenendosi alla lettera della citata norma non è possibile riconoscerlo perché quel servizio, non di ruolo, non è contemplato tra quelli riconoscibili, anche se espletato presso l'INFN, ente pubblico di ricerca. Dura lex, sed lex. Quindi quel servizio non può essere riconosciuto secondo la legge vigente. Altra cosa è se ciò sia corretto o no. Io ritengo no, perché quel servizio è analogo a quello di un ricercatore a tempo indeterminato prestato presso lo stesso ente pubblico e, per l'accesso a quelle funzioni l'uno e laltro hanno dovuto superare un uguale concorso pubblico; la diversità tra i due soggetti è solo nel nome della qualifica.
L'art. 103 è tuttora vigente ma ha 30 anni di vita. In 30 anni molte cose sono cambiate. Figure che esistevano all'epoca, con diritti riconosciuti, non esistono più, ma ne esistono altre che svolgono le stesse attività, le stesse funzioni con gli stessi obiettivi di quelle previste nell'art. 103 ma prive di quei diritti. Ovviamente, queste figure non sono e non potevano essere inserite in quell'articolo. Il MIUR avrebbe dovuto doverosamente provvedere a far aggiornare l'art 103, per evitare una palese ingiustizia nel riconoscimento di diritti connessi a quelle stesse funzioni ma non riconoscibili alle nuove figure perché non contemplati nell'art. 103. Purtroppo il MIUR ha ignorato il problema danneggiando diverse generazioni di ricercatori. Siamo in Italia e di queste omissioni di doveri d'ufficio nessuno ne risponde. Non è neppure percorribile la via giudiziaria perché quella è la norma vigente e occorre una nuova norma per cambiarla. Cordialmente
Alberto Pagliarini
venerdì 26 novembre 2010
direzione e anno sabatico
Caro professor Pagliarini,
sono un professore ordinario che attualmente e' in congedo per motivi di studio e di ricerca
(anno sabbatico) dall' 1-11-2010 al 31-10-2011. Per tale congedo non ho previsto periodi di
permanenza all'estero.
Qualche giorno fa mi sono candidato alla direzione del mio Dipartimento, ma altri
candidati hanno contestato la mia candidatura, sostenendo che non fosse valida.
Investito della questione, l'Ufficio del Personale del mio Ateneo ha risposto che la
mia candidatura e' valida, ma che io dovrei rinunciare al prosieguo dell'anno sabbatico
qualora dovessi essere eletto.
Le sarei molto grato se potesse darmi il suo parere.
La ringrazio anticipatamente
xxxxxxxxxxxxxxxxx
---------------------------------------------------------------------
caro collega
l'anno sabatico, come hai scritto, è un anno di congedo per motivi di studio
e di ricerca. Ne consegue che in quell'anno il docente è esonerato da
compiti didattici e di qualsiasi altro tipo (partecipazione ad organismi
vari ecc) , per poter dedicare tutto il suo tempo solo e soltanto allo
studio e alla ricerca, indipendentemente dalla sede e dalla nazione in cui
ciò avviene, Italia o estero. In quell'anno, quindi, il docente non può
essere gravato da altri compiti di qualsiasi tipo che lo distrarrebbero da
quelli per i quali l'anno sabatico è stato concesso. Pertanto ritengo che la
candidatura alla direzione di un dipartimento di un docente in anno sabatico
sia pienamente legittima perché rientra nei diritti dello stesso, ma
richieda, nel caso il docente sia eletto, la necessaria e opportuna rinuncia
al prosieguo dell'anno sabatico in corso, perché evidentemente incompatibile
con la carica elettiva. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono un professore ordinario che attualmente e' in congedo per motivi di studio e di ricerca
(anno sabbatico) dall' 1-11-2010 al 31-10-2011. Per tale congedo non ho previsto periodi di
permanenza all'estero.
Qualche giorno fa mi sono candidato alla direzione del mio Dipartimento, ma altri
candidati hanno contestato la mia candidatura, sostenendo che non fosse valida.
Investito della questione, l'Ufficio del Personale del mio Ateneo ha risposto che la
mia candidatura e' valida, ma che io dovrei rinunciare al prosieguo dell'anno sabbatico
qualora dovessi essere eletto.
Le sarei molto grato se potesse darmi il suo parere.
La ringrazio anticipatamente
xxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
l'anno sabatico, come hai scritto, è un anno di congedo per motivi di studio
e di ricerca. Ne consegue che in quell'anno il docente è esonerato da
compiti didattici e di qualsiasi altro tipo (partecipazione ad organismi
vari ecc) , per poter dedicare tutto il suo tempo solo e soltanto allo
studio e alla ricerca, indipendentemente dalla sede e dalla nazione in cui
ciò avviene, Italia o estero. In quell'anno, quindi, il docente non può
essere gravato da altri compiti di qualsiasi tipo che lo distrarrebbero da
quelli per i quali l'anno sabatico è stato concesso. Pertanto ritengo che la
candidatura alla direzione di un dipartimento di un docente in anno sabatico
sia pienamente legittima perché rientra nei diritti dello stesso, ma
richieda, nel caso il docente sia eletto, la necessaria e opportuna rinuncia
al prosieguo dell'anno sabatico in corso, perché evidentemente incompatibile
con la carica elettiva. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 24 novembre 2010
ricostruzione di carriera e riscatti
Gentilissimo Prof. Pagliarini,
ho appena ricevuto la conferma quale ricercatore e sto valutando la mia posizione ai fini di ricostruzione carriera.
Mi permetto di disturbarLa per un quesito che mi sembra non sia stato oggetto di altre domande nel blog.
In sintesi, prima di essere assunto quale ricercatore nel 2006:
1. ho conseguito la laurea quadriennale (1995-1999),
2. ho collaborato con l'università quale cultore della materia e svolgendo attività di tutor approvata dal Consiglio di Facoltà (2000-2002) e
3. ho svolto il dottorato di ricerca (2002-2005).
A quanto risulta dalle informazioni fornite dal mio Ateneo nessuno di questi periodi è utile ai fini di ricostruzione della carriera.
Nel ringraziarLa per le preziose informazioni reperibili sul Suo blog, Le chiedo se secondo Lei vi è qualche periodo utile ai fini della ricostruzione della carriera.
Con i migliori saluti,
xxxxxxxxxxxxxxx
-----------------------------------------------------------------
caro dottore
nessuno dei periodi indicati è utilizzabile ai fini economici nella ricostruzione di carriera. Può solo fare domanda al rettore per il riscatto degli anni di laurea e quelli di dottorato, ai fini giuridici, con onere a suo carico. L'ufficio le farà sapere il costo del riscatto e liberamente potrà decidere di non riscattare o riscattare tutto o una parte di quegli anni. Cordialmente
Alberto Pagliarini
ho appena ricevuto la conferma quale ricercatore e sto valutando la mia posizione ai fini di ricostruzione carriera.
Mi permetto di disturbarLa per un quesito che mi sembra non sia stato oggetto di altre domande nel blog.
In sintesi, prima di essere assunto quale ricercatore nel 2006:
1. ho conseguito la laurea quadriennale (1995-1999),
2. ho collaborato con l'università quale cultore della materia e svolgendo attività di tutor approvata dal Consiglio di Facoltà (2000-2002) e
3. ho svolto il dottorato di ricerca (2002-2005).
A quanto risulta dalle informazioni fornite dal mio Ateneo nessuno di questi periodi è utile ai fini di ricostruzione della carriera.
Nel ringraziarLa per le preziose informazioni reperibili sul Suo blog, Le chiedo se secondo Lei vi è qualche periodo utile ai fini della ricostruzione della carriera.
Con i migliori saluti,
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro dottore
nessuno dei periodi indicati è utilizzabile ai fini economici nella ricostruzione di carriera. Può solo fare domanda al rettore per il riscatto degli anni di laurea e quelli di dottorato, ai fini giuridici, con onere a suo carico. L'ufficio le farà sapere il costo del riscatto e liberamente potrà decidere di non riscattare o riscattare tutto o una parte di quegli anni. Cordialmente
Alberto Pagliarini
lunedì 22 novembre 2010
sulla conferma in ruolo
Caro Professore,
nel ringraziarla per tutte le preziose informazioni che lei mette a disposizione,
Le vorrei porre il seguente quesito.
In data 31/10 termina il mio triennio di conferma come professore straordinario
per il passaggio a professore ordinario. Tuttavia, a fine 2008 ho usufruito di
un periodo di congedo straordinario della durata di 15 giorni. La normativa
vigente al momento della mia richiesta diceva che questo congedo, essendo
di durata inferiore ai 2 mesi, non influiva sul periodo di conferma in ruolo.
Ora mi dicono che la normativa è cambiata e quindi il mio periodo
di conferma slitta di 15 giorni corrispondenti al periodo di congedo.
Secondo me ciò non è corretto in quanto la nomativa è cambiata a posteriori
rispetto alla mia richiesta. Eventualmente è possibile presentare un ricorso?
Se fosse possibile, gradirei il suo parere.
La ringrazio in anticipo.
xxxxxxxxxxxx
----------------------------------------------------
caro collega
è importante sapere qual è la norma che ha modificato la precedente. L'ufficio che la applica la deve conoscere. Ciò per due motivi: 1) avere la certezza che la norma esista davvero, oppure vale ancora quella già esistente; 2) nel caso esista occorre accertare se è espressamente prevista l'abrogazione della precedente norma e la retroattività della nuova. In genere le norme non sono retroattive e gli effetti prodotti decorrono dalla data di entrata in vigore. Se la norma esiste e non è espressamente prevista la retroattività, nel senso che si debba applicare anche a coloro che alla data di entrata in vigore della norma abbiano già iniziato il triennio di conferma o di straordinariato, allora sorge un problema di interpretazione da parte del funzionario che la deve applicare. Il funzionario può non applicarla o applicarla a coloro che avevano già iniziato il triennio, nel primo caso dà rilevanza all'inizio del passaggio nella nuova posizione giuridica, nel secondo caso dà rilevanza alla fine della permanenza nella posizione giuridica. Entrambe le interpretazioni sono opinabili e solo un giudice può decidere in merito. Comunque nei casi di scarsa rilevanza degli effetti della decisione, come nel caso specifico, appena 15 gg., dovrebbe prevalere il buon senso giuridico-amministrativo da un lato o quello di presunto interesse personale dall'altro, per evitare un contenzioso, il cui costo, al di là dei tempi lunghi della giustizia, supera gli effetti della decisione medesima, qualunque essa sia. Cordialmente
Alberto Pagliarini
nel ringraziarla per tutte le preziose informazioni che lei mette a disposizione,
Le vorrei porre il seguente quesito.
In data 31/10 termina il mio triennio di conferma come professore straordinario
per il passaggio a professore ordinario. Tuttavia, a fine 2008 ho usufruito di
un periodo di congedo straordinario della durata di 15 giorni. La normativa
vigente al momento della mia richiesta diceva che questo congedo, essendo
di durata inferiore ai 2 mesi, non influiva sul periodo di conferma in ruolo.
Ora mi dicono che la normativa è cambiata e quindi il mio periodo
di conferma slitta di 15 giorni corrispondenti al periodo di congedo.
Secondo me ciò non è corretto in quanto la nomativa è cambiata a posteriori
rispetto alla mia richiesta. Eventualmente è possibile presentare un ricorso?
Se fosse possibile, gradirei il suo parere.
La ringrazio in anticipo.
xxxxxxxxxxxx
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caro collega
è importante sapere qual è la norma che ha modificato la precedente. L'ufficio che la applica la deve conoscere. Ciò per due motivi: 1) avere la certezza che la norma esista davvero, oppure vale ancora quella già esistente; 2) nel caso esista occorre accertare se è espressamente prevista l'abrogazione della precedente norma e la retroattività della nuova. In genere le norme non sono retroattive e gli effetti prodotti decorrono dalla data di entrata in vigore. Se la norma esiste e non è espressamente prevista la retroattività, nel senso che si debba applicare anche a coloro che alla data di entrata in vigore della norma abbiano già iniziato il triennio di conferma o di straordinariato, allora sorge un problema di interpretazione da parte del funzionario che la deve applicare. Il funzionario può non applicarla o applicarla a coloro che avevano già iniziato il triennio, nel primo caso dà rilevanza all'inizio del passaggio nella nuova posizione giuridica, nel secondo caso dà rilevanza alla fine della permanenza nella posizione giuridica. Entrambe le interpretazioni sono opinabili e solo un giudice può decidere in merito. Comunque nei casi di scarsa rilevanza degli effetti della decisione, come nel caso specifico, appena 15 gg., dovrebbe prevalere il buon senso giuridico-amministrativo da un lato o quello di presunto interesse personale dall'altro, per evitare un contenzioso, il cui costo, al di là dei tempi lunghi della giustizia, supera gli effetti della decisione medesima, qualunque essa sia. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 21 novembre 2010
partecipazione a concorso per trasferimento
Gentile Prof. Pagliarini,
volevo chiederle se ai bandi per l'assunzione di ricercatori mediante
trasferimento possono partecipare anche i Ricercatori delle Università non
statali e telematiche.
Grazie in anticipo per la sua risposta.
xxxxxxxxx
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caro dottore
ritengo di si. Cordialmente
Alberto Pagliarini
volevo chiederle se ai bandi per l'assunzione di ricercatori mediante
trasferimento possono partecipare anche i Ricercatori delle Università non
statali e telematiche.
Grazie in anticipo per la sua risposta.
xxxxxxxxx
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caro dottore
ritengo di si. Cordialmente
Alberto Pagliarini
ricercatore con nomina successivamente annullata e riconfermata
G.le Prof. Pagliarini,
non posso non esprimere la massima stima e gratitudine nei suoi confronti per il lavoro svolto nell’ambito del Suo utilissimo blog.
Ne approfitto anch’io per illustrarLe la mia situazione e sottoporLe un quesito.
Sono stata nominata ricercatore ed ho preso servizio l’1/3/2008, a seguito del concorso del quale sono risultata vincitrice. A seguito invece di un ricorso da parte dei candidati non vincitori, sono stati annullati gli atti del concorso relativamente alla parte che riguardava la valutazione dei titoli. Per tale ragione è stato annullato anche il decreto di nomina a ricercatore il 28 luglio 2009. La commissione si è nuovamente riunita ed ha rivalutato i titoli, emettendo nuovi verbali, dai quali risultavo nuovamente vincitrice. Sono stata così nominata nuovamente ricercatore ed ho preso servizio l’1/2/2010.
Mi chiedo a questo punto quali sono i tempi per la mia conferma. Dagli uffici amministrativi mi hanno detto che il triennio di conferma decorre dalla seconda presa di servizio, ma altri colleghi esperti in materia mi dicono che non posso aver perso i mesi relativi alla prima nomina, perché in quei mesi ho regolarmente lavorato come ricercatore. E’ possibile che dagli uffici abbiano commesso un errore?
La ringrazio in anticipo per una Sua eventuale risposta e La saluto cordialmente
xxxxxxxxxxxxxx
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gentile dottoressa
il suo è un caso anomalo e non può essere considerato alla stregua dei casi normali. Peraltro l'autonomia della sedi, malamente usata in tante questioni di stato giuridico, dovrebbe essere razionalmente e giustamente usata in casi come questo. Ritengo che i mesi di servizio regolarmente svolti da ricercatore dalla data della prima nomina sino all'annullamento della stessa, regolarmente retribuiti come ricercatore, non possono svanire nel nulla. Devono essere considerati come tali nelle procedure di carriera. Dovrebbero, quindi, entrare nel computo del triennio di conferma e nel computo della maturazione di un anno per l'attribuzione della nuova classe retributiva, la 01. Nelle premesse del decreto rettorale, in entrambi i casi, il rettore deve evidenziare l'evoluzione storica della sua nomina, usando le solite formulazioni "visto che.." e considerato che.....". E' pienamente legittimato a farlo ed è giusto che lo faccia. Cordialmente
Alberto Pagliarini
non posso non esprimere la massima stima e gratitudine nei suoi confronti per il lavoro svolto nell’ambito del Suo utilissimo blog.
Ne approfitto anch’io per illustrarLe la mia situazione e sottoporLe un quesito.
Sono stata nominata ricercatore ed ho preso servizio l’1/3/2008, a seguito del concorso del quale sono risultata vincitrice. A seguito invece di un ricorso da parte dei candidati non vincitori, sono stati annullati gli atti del concorso relativamente alla parte che riguardava la valutazione dei titoli. Per tale ragione è stato annullato anche il decreto di nomina a ricercatore il 28 luglio 2009. La commissione si è nuovamente riunita ed ha rivalutato i titoli, emettendo nuovi verbali, dai quali risultavo nuovamente vincitrice. Sono stata così nominata nuovamente ricercatore ed ho preso servizio l’1/2/2010.
Mi chiedo a questo punto quali sono i tempi per la mia conferma. Dagli uffici amministrativi mi hanno detto che il triennio di conferma decorre dalla seconda presa di servizio, ma altri colleghi esperti in materia mi dicono che non posso aver perso i mesi relativi alla prima nomina, perché in quei mesi ho regolarmente lavorato come ricercatore. E’ possibile che dagli uffici abbiano commesso un errore?
La ringrazio in anticipo per una Sua eventuale risposta e La saluto cordialmente
xxxxxxxxxxxxxx
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gentile dottoressa
il suo è un caso anomalo e non può essere considerato alla stregua dei casi normali. Peraltro l'autonomia della sedi, malamente usata in tante questioni di stato giuridico, dovrebbe essere razionalmente e giustamente usata in casi come questo. Ritengo che i mesi di servizio regolarmente svolti da ricercatore dalla data della prima nomina sino all'annullamento della stessa, regolarmente retribuiti come ricercatore, non possono svanire nel nulla. Devono essere considerati come tali nelle procedure di carriera. Dovrebbero, quindi, entrare nel computo del triennio di conferma e nel computo della maturazione di un anno per l'attribuzione della nuova classe retributiva, la 01. Nelle premesse del decreto rettorale, in entrambi i casi, il rettore deve evidenziare l'evoluzione storica della sua nomina, usando le solite formulazioni "visto che.." e considerato che.....". E' pienamente legittimato a farlo ed è giusto che lo faccia. Cordialmente
Alberto Pagliarini
assegno ad personam nel passaggio da amministrazione pubblica a statale
Gentilissimo Professore Pagliarini,
sono risultato vincitore di un posto per ricercatore presso una universita'
pubblica e prendero' servizio entro il 31 dicembre 2010. Attualmente il mio
stipendio di dipendente di ente locale, comparto pubblico del Friuli
Venezia
Giulia, e' maggiore dello stipendio di accesso come ricercatore in prova.
Ho visto sul suo blog due recenti risposte a due insegnanti che passano
all'Universita' (in un caso pubblica e in un caso privata), ma mi e' venuto
il
dubbio che abbiano diritto perche' passano da Ministero a Ministero. Ho
diritto
a richiedere l'assegno ad personam; su che base normativa devo inoltrare
domanda?
Grazie in anticipo
Cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxx
----------------------------------------------------------
caro dottore
l'assegno ad personam compete ai dipendente statali quando passano da una ad
altra amministrazione dello Stato.
Comunque suggerisco di presentare domanda al rettore per l'attribuzione
dell'assegno, allegando una delle ultime fascette retributive. Questo
perché, con l'autonomia le sedi stanno assumendo decisioni diverse
nell'applicazione delle norme sullo stato giuridico che hanno riflessi sul
trattamento economico dei docenti. L'amministrazione comunicherà la
concessione o no dell'assegno. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono risultato vincitore di un posto per ricercatore presso una universita'
pubblica e prendero' servizio entro il 31 dicembre 2010. Attualmente il mio
stipendio di dipendente di ente locale, comparto pubblico del Friuli
Venezia
Giulia, e' maggiore dello stipendio di accesso come ricercatore in prova.
Ho visto sul suo blog due recenti risposte a due insegnanti che passano
all'Universita' (in un caso pubblica e in un caso privata), ma mi e' venuto
il
dubbio che abbiano diritto perche' passano da Ministero a Ministero. Ho
diritto
a richiedere l'assegno ad personam; su che base normativa devo inoltrare
domanda?
Grazie in anticipo
Cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro dottore
l'assegno ad personam compete ai dipendente statali quando passano da una ad
altra amministrazione dello Stato.
Comunque suggerisco di presentare domanda al rettore per l'attribuzione
dell'assegno, allegando una delle ultime fascette retributive. Questo
perché, con l'autonomia le sedi stanno assumendo decisioni diverse
nell'applicazione delle norme sullo stato giuridico che hanno riflessi sul
trattamento economico dei docenti. L'amministrazione comunicherà la
concessione o no dell'assegno. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sabato 20 novembre 2010
applicabilità del comma 4 dell'art 9 legge 122/2010
L'Università di xxxxxxxxxxxxx non intende applicare l'adeguamento ISTAT del 3,09% sulla base dell’art. 9, comma 4, della Legge 30.07.2010, n. 122 che così recita:
<< 4. I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento....
La stessa Università indica ai propri docenti di ricorrere eventualmnete al TAR.
Ringrazio sin d'ora per la risposta.
xxxxxxxxxxxxxx
-------------------------------------------------------------------
caro collega
la sua sede ha deciso di applicare ai docenti il comma 4 dell'art. 9 della legge 122/2010. Le altre sedi non l'hanno applicato perché nella relazione tecnica che accompagna la citata legge non solo non c'è traccia dei risparmi che si ottengono applicando quel comma ai docenti universitari ma, addirittura, è scritto che il secondo periodo del comma (cioè il rimanente personale in regime di diritto pubblico) trova applicazione esclusivamente nei confronti del personale del comparto regioni ed enti locali. Pertanto ai docenti universitari non è applicabile il comma 4 dell'art. 9. Suggerisco di scrivere al rettore chiarendo gli aspetti tecnici sopra evidenziati e che, comunque, nel dubbio, sarebbe corretto porre al Ministero dell'Economia e delle Finanze uno specifico quesito sull'applicabilità di quel comma ai docenti universitari, prima di decidere di non attribuire l'aumento ISTAT 2010, per evitare di compiere un atto amministrativo illegale a danno dei docenti della sede. Cordialmente
Alberto Pagliarini
<< 4. I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento....
La stessa Università indica ai propri docenti di ricorrere eventualmnete al TAR.
Ringrazio sin d'ora per la risposta.
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
la sua sede ha deciso di applicare ai docenti il comma 4 dell'art. 9 della legge 122/2010. Le altre sedi non l'hanno applicato perché nella relazione tecnica che accompagna la citata legge non solo non c'è traccia dei risparmi che si ottengono applicando quel comma ai docenti universitari ma, addirittura, è scritto che il secondo periodo del comma (cioè il rimanente personale in regime di diritto pubblico) trova applicazione esclusivamente nei confronti del personale del comparto regioni ed enti locali. Pertanto ai docenti universitari non è applicabile il comma 4 dell'art. 9. Suggerisco di scrivere al rettore chiarendo gli aspetti tecnici sopra evidenziati e che, comunque, nel dubbio, sarebbe corretto porre al Ministero dell'Economia e delle Finanze uno specifico quesito sull'applicabilità di quel comma ai docenti universitari, prima di decidere di non attribuire l'aumento ISTAT 2010, per evitare di compiere un atto amministrativo illegale a danno dei docenti della sede. Cordialmente
Alberto Pagliarini
annullamento concorso bandito
Caro collega,
volevo porti un quesito a cui nessun ufficio ha saputo rispondere. Nel caso
di una facoltà che, a seguito delle lungaggini intercorse dalla
pubblicazione su G.U. (giugno 2008) per un concorso di prima o seconda
fascia, decidesse di annullarlo, perché ha deciso che in due anni le sue
necessità sono cambiate o perché non ha più i fondi, può farlo legalmente?
Oppure è costretta a completare la procedura e poi non effettuare la
chiamata? Se annulla il concorso, è vero che i candidati potrebbero opporsi
perché ciò comporterebbe un danno per loro? Io sono convinto che fino al
momento della conclusione degli atti, la facoltà (e di conseguenza
l'ateneo)
può sempre cambiare idea. Mi farebbe piacere conoscere il tuo parere.
Ti ringrazio in anticipo per la tua sempre precisa e cortese attenzione.
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
---------------------------------------------------------
caro collega
ritengo che, in generale, un concorso bandito non possa essere annullato
dall'amministrazione che ha emesso il bando, salvo che, successivamente al
bando la stessa amministrazione abbia rilevato evidenti vizi formali ed
errori contenuti nel bando che potrebbero portare all'impugnazione
giudiziaria dello stesso. In tal caso per autotutela l'amministrazione
annulla il bando ed emana un nuovo bando eliminando i vizi ed errori
contenuti nel precedente. Per correttezza l'amministrazione informa i
candidati dell'annullamento, restituisce tutta la documentazione presentata
ed informa del nuovo bando al quale possono ripartecipare, ove interessati.
Tale procedura evita il possibile ricorso contro l'annullamento, da parte di
un qualsiasi concorrente. Questo dovrebbe valere per un concorso pubblico
qualsiasi, anche per la docenza universitaria. Per i concorsi universitari
il legislatore ha concesso la non chiamata di un idoneo di un concorso
bandito ed espletato, proprio per tutelare le mutate esigenze scientifiche e
didattiche delle facoltà e, per evitare abusi, ha, però, vincolato la
facoltà a non bandire il concorso prima di due anni. Cordialmente
Alberto Pagliarini
volevo porti un quesito a cui nessun ufficio ha saputo rispondere. Nel caso
di una facoltà che, a seguito delle lungaggini intercorse dalla
pubblicazione su G.U. (giugno 2008) per un concorso di prima o seconda
fascia, decidesse di annullarlo, perché ha deciso che in due anni le sue
necessità sono cambiate o perché non ha più i fondi, può farlo legalmente?
Oppure è costretta a completare la procedura e poi non effettuare la
chiamata? Se annulla il concorso, è vero che i candidati potrebbero opporsi
perché ciò comporterebbe un danno per loro? Io sono convinto che fino al
momento della conclusione degli atti, la facoltà (e di conseguenza
l'ateneo)
può sempre cambiare idea. Mi farebbe piacere conoscere il tuo parere.
Ti ringrazio in anticipo per la tua sempre precisa e cortese attenzione.
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
ritengo che, in generale, un concorso bandito non possa essere annullato
dall'amministrazione che ha emesso il bando, salvo che, successivamente al
bando la stessa amministrazione abbia rilevato evidenti vizi formali ed
errori contenuti nel bando che potrebbero portare all'impugnazione
giudiziaria dello stesso. In tal caso per autotutela l'amministrazione
annulla il bando ed emana un nuovo bando eliminando i vizi ed errori
contenuti nel precedente. Per correttezza l'amministrazione informa i
candidati dell'annullamento, restituisce tutta la documentazione presentata
ed informa del nuovo bando al quale possono ripartecipare, ove interessati.
Tale procedura evita il possibile ricorso contro l'annullamento, da parte di
un qualsiasi concorrente. Questo dovrebbe valere per un concorso pubblico
qualsiasi, anche per la docenza universitaria. Per i concorsi universitari
il legislatore ha concesso la non chiamata di un idoneo di un concorso
bandito ed espletato, proprio per tutelare le mutate esigenze scientifiche e
didattiche delle facoltà e, per evitare abusi, ha, però, vincolato la
facoltà a non bandire il concorso prima di due anni. Cordialmente
Alberto Pagliarini
martedì 16 novembre 2010
sulla retribuzione aggiuntiva dei medici universitari
Caro Pagliarini,
concordo su tutto quanto da te evidenziato salvo per le questioni
riguardanti Medicina. La normativa favorevole agli universitari già esiste
(DLgs 517/99, DPCM 24 maggio 2001, art.33 della Costituzione) ma nessuno la applica nè la fa applicare per cui sperare nell'applicazione corretta di un'altra legge per la medicina universitaria appare illusorio. Anche perchè vedo che non sono chiare le idee. I medici universitari sono convenzionati con il SSN non con i vari SSR che si occupano tout court di assistenza: la nostra è un tipo
particolare di assistenza, cioè quella "finalizzata alla didattica e alla
ricerca". Se si perde di vista questo saremo staccati dall'università per essere
assegnati non al SSN ma a tanti assessori regionali della sanità, cosa non prevista dalla nostra costituzione anche dopo la devolution. Quello che citi come articolo di legge regionale lombarda è la riprova provata che la regione si è impadronita di 19 ore settimanali del medico universitario. Quando farà didattica e
ricerca ? visto che i colleghi di altre facoltà non svolgono assistenza in
quelle 19 ore andranno a divertirsi o faranno ricerca.Essere pagati con mezzo stipendio ospedaliero per quelle ore non è il massimo della vita se ritieni di valere di più di un ospedaliero.
Potrei continuare ma così stanno le cose: valgono di più per dire le
emorroidi che un bel progetto di ricerca.
Un caro saluto
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro xxxxxxxxxxxxx
per mio costume mentale rispetto qualsiasi opinione compresa la tua sulla
questione medica. Consentimi, però alcune considerazioni che si rendono necessarie per la specifica questione. La legge 517/99 esiste da 11 anni ma, come tu dici
"nessuno la applica e la fa applicare". Perché ? ci saranno dei motivi che
occorre analizzare. Solo dopo si potrà fare qualche proposta che superi quei
motivi e porti ad una soluzione perseguibile e accettabile, evitando che si
ripeta il non senso giuridico di una legge che non è stata e non sarà mai
applicata. A questa prima considerazione se ne aggiunge un'altra. Il
contenzioso giudiziario a tutti i livelli giurisdizionali, prodotto dalle diversificate applicazioni di quella legge nelle diverse sedi, non ha contribuito
minimamente a far chiarezza applicativa ma ha reso ancor più difficile e
ingarbugliata la questione della "equiparazione retributiva" diventata, "retribuzione aggiuntiva" o l'una e l'altra insieme. I motivi sono due. Il primo, messo in evidenza anche da diverse sentenze, è la scarsa chiarezza di quella legge, in particolare dell'art. 6, cosa che ha dato luogo a diverse applicazioni interpretative. Il secondo è dovuto ad un errore di fondo di quella legge che ha demandato a Regioni, università e Aziende ospedaliere, il raggiungimento di accordi e protocolli nel rispetto di principi, peraltro non tutti chiari, in particolare nell'art. 6 sugli aspetti retributivi dei medici universitari per il servizio di assistenza fornito. Come era prevedibile si è instaurato un conflitto, più o meno forte nelle diverse sedi, tra l'autonomia regionale, fortemente rafforzata dalla riforma dell'art. V della Costituzione, e l'autonomia dell'Università mirata al soddisfacimento delle proprie esigenze didattiche e di ricerca, con il risultato che non c'è stata, e mai ci sarà, una soluzione univoca ed equilibrata della questione retributiva. Questo errore
legislativo ha prodotto un trattamento economico differenziato da sede a
sede, in alcuni casi anche fortemente sperequato. Consegue che l'art. 6 di
quella legge va necessariamente modificato fissando, con una nuova legge,
un preciso criterio di attribuzione della retribuzione aggiuntiva ai
medici universitari, criterio sganciato dagli accordi protocollari, ma rispettoso
delle predette autonomie. Ciò è possibile utilizzando strumenti normativi
esistenti che non possono essere condizionati in alcun modo dalle due
autonomie regionale e universitaria. Gli unici possibili strumenti sono
l'art. 36 della Costituzione e il CCNL dei medici ospedalieri valido su
scala nazionale. Le regioni hanno ormai pieno potere sulla organizzazione del
servizio di assistenza. L'obiettivo, per le regioni, è soddisfare le
esigenze di salute dei propri cittadini con costi contenuti entro i limiti
delle disponibilità finanziarie statali e regionali. Nell'organizzazione del servizio va inserito quello espletato dai medici universitari in modo tale da
soddisfare sia le esigenze didattiche e di ricerca sia quelle del servizio più generale fine a se stesso. In conseguenza la convenzione dei medici universitari è, ormai, con il SSR. Dei due parametri previsti nell'art. 36 della Costituzione per
l'attribuzione della retribuzione, quantità e qualità del lavoro reso,
quello della qualità non può essere preso in considerazione, nel caso
specifico del lavoro assistenziale medico, perché difficile da valutare
soggettivamente. Basti pensare che l'indennità di risultato è attribuita a
tutti in ugual misura, salvo casi eccezionali di conclamata malasanità. Nè è
pensabile di attribuire, a priori, ai medici universitari, una qualità di
servizio superiore rispetto a quello attribuito agli ospedalieri, perché
possono esistere, e ci sono, casi in cui si verifica il viceversa. L'obbligo
per i medici universitari, fissato con legge dello Stato, di effettuare la
metà delle ore di servizio assistenziale fissate dal CCNL per gli
ospedalieri e, quindi, una retribuzione aggiuntiva per gli universitari pari
al 50% di quella complessiva dell'ospedaliero equiparato per anzianità di
servizio assistenziale, funzioni e responsabilità, ha il triplice vantaggio:
1) di aggiornare automaticamente nel tempo la retribuzione aggiuntiva
degli universitari a quella degli ospedalieri, retribuzione che si evolve
con i futuri contratti; 2) di attribuire una retribuzione aggiuntiva a tutte
le figure giuridiche dei medici universitari, comprese quelle dei giovani
ricercatori non confermati o confermati, oggi non retribuiti, pur espletando
regolare servizio; 3) di lasciare la possibilità di effettuare ore di
servizio in sovrannumero che possono o no essere retribuite come lavoro
straordinario, in base all'organizzazione dell'azienda e alle
disponibilità finanziarie . Queste sono le principali motivazioni che
portano a proporre una nuova legge che superi la 517/99, in particolare
l'art. 6, che non è stato e non sarà mai applicato. Se ne possono
aggiungere altre che ometto, per brevità.
Un caro saluto
Alberto Pagliarini
concordo su tutto quanto da te evidenziato salvo per le questioni
riguardanti Medicina. La normativa favorevole agli universitari già esiste
(DLgs 517/99, DPCM 24 maggio 2001, art.33 della Costituzione) ma nessuno la applica nè la fa applicare per cui sperare nell'applicazione corretta di un'altra legge per la medicina universitaria appare illusorio. Anche perchè vedo che non sono chiare le idee. I medici universitari sono convenzionati con il SSN non con i vari SSR che si occupano tout court di assistenza: la nostra è un tipo
particolare di assistenza, cioè quella "finalizzata alla didattica e alla
ricerca". Se si perde di vista questo saremo staccati dall'università per essere
assegnati non al SSN ma a tanti assessori regionali della sanità, cosa non prevista dalla nostra costituzione anche dopo la devolution. Quello che citi come articolo di legge regionale lombarda è la riprova provata che la regione si è impadronita di 19 ore settimanali del medico universitario. Quando farà didattica e
ricerca ? visto che i colleghi di altre facoltà non svolgono assistenza in
quelle 19 ore andranno a divertirsi o faranno ricerca.Essere pagati con mezzo stipendio ospedaliero per quelle ore non è il massimo della vita se ritieni di valere di più di un ospedaliero.
Potrei continuare ma così stanno le cose: valgono di più per dire le
emorroidi che un bel progetto di ricerca.
Un caro saluto
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro xxxxxxxxxxxxx
per mio costume mentale rispetto qualsiasi opinione compresa la tua sulla
questione medica. Consentimi, però alcune considerazioni che si rendono necessarie per la specifica questione. La legge 517/99 esiste da 11 anni ma, come tu dici
"nessuno la applica e la fa applicare". Perché ? ci saranno dei motivi che
occorre analizzare. Solo dopo si potrà fare qualche proposta che superi quei
motivi e porti ad una soluzione perseguibile e accettabile, evitando che si
ripeta il non senso giuridico di una legge che non è stata e non sarà mai
applicata. A questa prima considerazione se ne aggiunge un'altra. Il
contenzioso giudiziario a tutti i livelli giurisdizionali, prodotto dalle diversificate applicazioni di quella legge nelle diverse sedi, non ha contribuito
minimamente a far chiarezza applicativa ma ha reso ancor più difficile e
ingarbugliata la questione della "equiparazione retributiva" diventata, "retribuzione aggiuntiva" o l'una e l'altra insieme. I motivi sono due. Il primo, messo in evidenza anche da diverse sentenze, è la scarsa chiarezza di quella legge, in particolare dell'art. 6, cosa che ha dato luogo a diverse applicazioni interpretative. Il secondo è dovuto ad un errore di fondo di quella legge che ha demandato a Regioni, università e Aziende ospedaliere, il raggiungimento di accordi e protocolli nel rispetto di principi, peraltro non tutti chiari, in particolare nell'art. 6 sugli aspetti retributivi dei medici universitari per il servizio di assistenza fornito. Come era prevedibile si è instaurato un conflitto, più o meno forte nelle diverse sedi, tra l'autonomia regionale, fortemente rafforzata dalla riforma dell'art. V della Costituzione, e l'autonomia dell'Università mirata al soddisfacimento delle proprie esigenze didattiche e di ricerca, con il risultato che non c'è stata, e mai ci sarà, una soluzione univoca ed equilibrata della questione retributiva. Questo errore
legislativo ha prodotto un trattamento economico differenziato da sede a
sede, in alcuni casi anche fortemente sperequato. Consegue che l'art. 6 di
quella legge va necessariamente modificato fissando, con una nuova legge,
un preciso criterio di attribuzione della retribuzione aggiuntiva ai
medici universitari, criterio sganciato dagli accordi protocollari, ma rispettoso
delle predette autonomie. Ciò è possibile utilizzando strumenti normativi
esistenti che non possono essere condizionati in alcun modo dalle due
autonomie regionale e universitaria. Gli unici possibili strumenti sono
l'art. 36 della Costituzione e il CCNL dei medici ospedalieri valido su
scala nazionale. Le regioni hanno ormai pieno potere sulla organizzazione del
servizio di assistenza. L'obiettivo, per le regioni, è soddisfare le
esigenze di salute dei propri cittadini con costi contenuti entro i limiti
delle disponibilità finanziarie statali e regionali. Nell'organizzazione del servizio va inserito quello espletato dai medici universitari in modo tale da
soddisfare sia le esigenze didattiche e di ricerca sia quelle del servizio più generale fine a se stesso. In conseguenza la convenzione dei medici universitari è, ormai, con il SSR. Dei due parametri previsti nell'art. 36 della Costituzione per
l'attribuzione della retribuzione, quantità e qualità del lavoro reso,
quello della qualità non può essere preso in considerazione, nel caso
specifico del lavoro assistenziale medico, perché difficile da valutare
soggettivamente. Basti pensare che l'indennità di risultato è attribuita a
tutti in ugual misura, salvo casi eccezionali di conclamata malasanità. Nè è
pensabile di attribuire, a priori, ai medici universitari, una qualità di
servizio superiore rispetto a quello attribuito agli ospedalieri, perché
possono esistere, e ci sono, casi in cui si verifica il viceversa. L'obbligo
per i medici universitari, fissato con legge dello Stato, di effettuare la
metà delle ore di servizio assistenziale fissate dal CCNL per gli
ospedalieri e, quindi, una retribuzione aggiuntiva per gli universitari pari
al 50% di quella complessiva dell'ospedaliero equiparato per anzianità di
servizio assistenziale, funzioni e responsabilità, ha il triplice vantaggio:
1) di aggiornare automaticamente nel tempo la retribuzione aggiuntiva
degli universitari a quella degli ospedalieri, retribuzione che si evolve
con i futuri contratti; 2) di attribuire una retribuzione aggiuntiva a tutte
le figure giuridiche dei medici universitari, comprese quelle dei giovani
ricercatori non confermati o confermati, oggi non retribuiti, pur espletando
regolare servizio; 3) di lasciare la possibilità di effettuare ore di
servizio in sovrannumero che possono o no essere retribuite come lavoro
straordinario, in base all'organizzazione dell'azienda e alle
disponibilità finanziarie . Queste sono le principali motivazioni che
portano a proporre una nuova legge che superi la 517/99, in particolare
l'art. 6, che non è stato e non sarà mai applicato. Se ne possono
aggiungere altre che ometto, per brevità.
Un caro saluto
Alberto Pagliarini
confusione giuridico-legislativa - dubbi sull'applicazione di leggi
Gentile Professore,
Approfitto della Sua disponibilità per sottoporle un quesito relativo allo scatto anticipato per la nascita di un figlio.
Se tale evento si verifica nel corso degli anni anni di blocco, poniamo nel 2011, sarei del parere di corrispondere tale aumento in quanto previsto da una norma speciale che esula dalla normale progressione di carriera di un docente.
Trattandosi però di aumento biennale il problema si pone per il riassorbimento. La norma dispone il riassorbimento all'atto della maturazione della successiva classe di stipendio, quindi, a rigor di logica tale beneficio dovrebbe essere mantenuto oltre la scadenza biennale e sicuramente almeno fino al 2014.
Lei cosa ne pensa?
Approfitto ancora e me ne scuso, ma in questo periodo la confusione regna sovrana.
La classe ridotta per effetto dell'art. 69 della Legge 133/2008, secondo me, deve essere ripristinata per intero anche se il differimento termina nel 2011.
Condivide l'interpretazione?
Ancora: se un docente si conferma durante gli anni di blocco vale il riconoscimento della conferma e della ricostruzione di carriera ai soli fini giuridici? Io direi di sì in quanto la legge dispone che chi consegue una progressione di carriera negli anni 2011, 2012 e 2013 la stessa ha validità ai fini giuridici e non economici.
Può essere considerata progessione di carriera anche, ad esempio, la nomina a professore associato di un ricercatore universitario già in servizio?
Io direi di no e quindi chi viene nominato in un nuovo ruolo (associato o ordinario) ha diritto alla corresponsione del nuovo trattamento economico anche se già in servizio come ricercatore o associato.
Ho proprio bisogno dei suoi chiarimenti e la ringrazio per la sua cortese disponibilità.
Cordiali saluti.
xxxxxxxxxxxxxxxxx
Divisione Personale Docente
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gentile signora funzionaria
la sua mail e i suoi quesiti confermano , in pieno, lo stato confusionale esistente nelle università, da me denunciato nella recente nota inviata ai ministri. E' difficile dare una risposta univoca in termini di certezza di diritto e rispetto delle norme, quando si è in presenza di una norma non chiara e precisa e, quindi, tale da produrre interpretazioni applicative diverse, come sta accadendo.
Lo scatto anticipato per la nascita di un figlio è un diritto, un premio, una tantum, che non può essere cancellato da una norma che, nella sua formulazione, non lo preveda espressamente. Penso anch'io, perciò, che vada concesso. Il riassorbimento avviene, come prescrive la norma, all'atto della maturazione del successivo scatto. Orbene, una norma non può essere considerata speciale in una sua parte e no in un'altra; se è speciale lo è nella sua interezza. Il blocco delle retribuzioni produce, come ho evidenziato nella nota, effetti negativi che penalizzano solo alcuni soggetti. Può, però, anche produrre effetti positivi, come per il caso in questione. E' questa la inevitabile conseguenza di una norma non solo iniqua ma anche formulata in modo tale da non contemplare, in una forma generale o specifica, tutti i casi possibili previsti dalle norme esistenti.
L'aumento ridotto della classe retributiva, art. 69, è un caso di effetto negativo penalizzante, iniquo è ingiusto per chi lo subisce. E' questo un caso in cui alcune sedi hanno già fatto sapere ai docenti interessati di non poter ripristinare lo scatto intero dopo i 12 mesi, se questi scadono nel triennio di blocco. Il buon senso, utilizzato anche ai fini di realizzare una giustizia amministrativa e retributiva equa che, in quanto tale, non può essere fortemente penalizzante solo per pochi soggetti, impone il ripristino dello scatto alla sua naturale scadenza, perché la scadenza era stata già fissata da una specifica norma anteriore, non richiamata in forma specifica o generale nella formulazione della norma che ha stabilito il blocco triennale delle retribuzioni.
Il riconoscimento della conferma e della ricostruzione di carriera ai fini giuridici è previsto dalla stessa norma, quindi va attuato. Il passaggio da ricercatore ad associato o ordinario, conseguito mediante regolare concorso, non in modo automatico per anzianità è, a mio avviso, da intendersi come progressione o avanzamento di carriera nell'ambito della carriera complessiva possibile per un docente universitario, anche se avviene con passaggio di ruolo. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Approfitto della Sua disponibilità per sottoporle un quesito relativo allo scatto anticipato per la nascita di un figlio.
Se tale evento si verifica nel corso degli anni anni di blocco, poniamo nel 2011, sarei del parere di corrispondere tale aumento in quanto previsto da una norma speciale che esula dalla normale progressione di carriera di un docente.
Trattandosi però di aumento biennale il problema si pone per il riassorbimento. La norma dispone il riassorbimento all'atto della maturazione della successiva classe di stipendio, quindi, a rigor di logica tale beneficio dovrebbe essere mantenuto oltre la scadenza biennale e sicuramente almeno fino al 2014.
Lei cosa ne pensa?
Approfitto ancora e me ne scuso, ma in questo periodo la confusione regna sovrana.
La classe ridotta per effetto dell'art. 69 della Legge 133/2008, secondo me, deve essere ripristinata per intero anche se il differimento termina nel 2011.
Condivide l'interpretazione?
Ancora: se un docente si conferma durante gli anni di blocco vale il riconoscimento della conferma e della ricostruzione di carriera ai soli fini giuridici? Io direi di sì in quanto la legge dispone che chi consegue una progressione di carriera negli anni 2011, 2012 e 2013 la stessa ha validità ai fini giuridici e non economici.
Può essere considerata progessione di carriera anche, ad esempio, la nomina a professore associato di un ricercatore universitario già in servizio?
Io direi di no e quindi chi viene nominato in un nuovo ruolo (associato o ordinario) ha diritto alla corresponsione del nuovo trattamento economico anche se già in servizio come ricercatore o associato.
Ho proprio bisogno dei suoi chiarimenti e la ringrazio per la sua cortese disponibilità.
Cordiali saluti.
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Divisione Personale Docente
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gentile signora funzionaria
la sua mail e i suoi quesiti confermano , in pieno, lo stato confusionale esistente nelle università, da me denunciato nella recente nota inviata ai ministri. E' difficile dare una risposta univoca in termini di certezza di diritto e rispetto delle norme, quando si è in presenza di una norma non chiara e precisa e, quindi, tale da produrre interpretazioni applicative diverse, come sta accadendo.
Lo scatto anticipato per la nascita di un figlio è un diritto, un premio, una tantum, che non può essere cancellato da una norma che, nella sua formulazione, non lo preveda espressamente. Penso anch'io, perciò, che vada concesso. Il riassorbimento avviene, come prescrive la norma, all'atto della maturazione del successivo scatto. Orbene, una norma non può essere considerata speciale in una sua parte e no in un'altra; se è speciale lo è nella sua interezza. Il blocco delle retribuzioni produce, come ho evidenziato nella nota, effetti negativi che penalizzano solo alcuni soggetti. Può, però, anche produrre effetti positivi, come per il caso in questione. E' questa la inevitabile conseguenza di una norma non solo iniqua ma anche formulata in modo tale da non contemplare, in una forma generale o specifica, tutti i casi possibili previsti dalle norme esistenti.
L'aumento ridotto della classe retributiva, art. 69, è un caso di effetto negativo penalizzante, iniquo è ingiusto per chi lo subisce. E' questo un caso in cui alcune sedi hanno già fatto sapere ai docenti interessati di non poter ripristinare lo scatto intero dopo i 12 mesi, se questi scadono nel triennio di blocco. Il buon senso, utilizzato anche ai fini di realizzare una giustizia amministrativa e retributiva equa che, in quanto tale, non può essere fortemente penalizzante solo per pochi soggetti, impone il ripristino dello scatto alla sua naturale scadenza, perché la scadenza era stata già fissata da una specifica norma anteriore, non richiamata in forma specifica o generale nella formulazione della norma che ha stabilito il blocco triennale delle retribuzioni.
Il riconoscimento della conferma e della ricostruzione di carriera ai fini giuridici è previsto dalla stessa norma, quindi va attuato. Il passaggio da ricercatore ad associato o ordinario, conseguito mediante regolare concorso, non in modo automatico per anzianità è, a mio avviso, da intendersi come progressione o avanzamento di carriera nell'ambito della carriera complessiva possibile per un docente universitario, anche se avviene con passaggio di ruolo. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sui carichi didattici
Caro collega
sono un professore ordinario da due lustri presso l'Università di
xxxxxxxxxxxx, voglio segnalare che, in contrasto con la normativa vigente sul
mio stato giuridico (DPR 382/1980), il Rettore su proposta del Preside di
Scienze e del Senato accademico, mi ha formalmente comunicato che intende
adottare provvedimenti contro di me se continuo a rifiutare un carico
didattico di 120 ore. Faccio presente che ricopro un corso istituzionale
di 60 ore e ho comunicato alle autorità accademiche che non intendo
accettare un secondo incarico di insegnamento, in sostituzione dei
ricercatori, poichè ho deciso di sostenere la loro protesta per il
gravissimo stato in cui versa l'Università. Ho fatto presente che il mio
comportamento è del tutto legale. In attesa di una cortese risposta invio
i più cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------------
caro collega
sul mio sito http://xoomer.alice.it/alberto_pagliarini puoi leggere la mia
recente nota dal titolo "Stato giuridico o Stato confusionale ?" nella quale
accenno anche alla questione carichi didattici. Ormai è una Babele, ci sono
sedi che hanno stabilito per regolamento, in evidente contrasto con le
norme vigenti, di estendere l'obbligo delle 120 ore di didattica frontale a
tutti i docenti, obbligando illegalmente i docenti che non hanno optato per
la legge 230/05 (Moratti) e hanno preferito rimanere con il vecchio stato
giuridico. Un regolamento non può sostituirsi a una norma di legge. Ci sono
sedi dove ciò non avviene ed altre nelle quali sono stati fissati obblighi
intermedi tra quelli fissati dal vecchio stato giuridico e quelli fissati
dalla legge Moratti. C'è un chiaro abuso che non può essere giustificato
dalla esigenza di mantenere attivi insegnamenti e corsi di studio. Se poi
all'abuso si aggiunge anche la minaccia di provvedimento disciplinare, si
affossa lo stato di diritto con evidente eccesso di potere. Cosa fare? O
accettare l'abuso, per quieto vivere, o scrivere al rettore significando
l'intenzione, ove permanga l'ingiunzione dell'obbligo, di produrre denuncia
per abuso di potere in aperto contrasto con norme vigenti, senza
giustificare il rifiuto per un formale e sostanziale sostegno alla protesta
dei ricercatori, giustificazione non sostenibile, ma per mero rispetto delle
norme vigenti in materia. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono un professore ordinario da due lustri presso l'Università di
xxxxxxxxxxxx, voglio segnalare che, in contrasto con la normativa vigente sul
mio stato giuridico (DPR 382/1980), il Rettore su proposta del Preside di
Scienze e del Senato accademico, mi ha formalmente comunicato che intende
adottare provvedimenti contro di me se continuo a rifiutare un carico
didattico di 120 ore. Faccio presente che ricopro un corso istituzionale
di 60 ore e ho comunicato alle autorità accademiche che non intendo
accettare un secondo incarico di insegnamento, in sostituzione dei
ricercatori, poichè ho deciso di sostenere la loro protesta per il
gravissimo stato in cui versa l'Università. Ho fatto presente che il mio
comportamento è del tutto legale. In attesa di una cortese risposta invio
i più cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
sul mio sito http://xoomer.alice.it/alberto_pagliarini puoi leggere la mia
recente nota dal titolo "Stato giuridico o Stato confusionale ?" nella quale
accenno anche alla questione carichi didattici. Ormai è una Babele, ci sono
sedi che hanno stabilito per regolamento, in evidente contrasto con le
norme vigenti, di estendere l'obbligo delle 120 ore di didattica frontale a
tutti i docenti, obbligando illegalmente i docenti che non hanno optato per
la legge 230/05 (Moratti) e hanno preferito rimanere con il vecchio stato
giuridico. Un regolamento non può sostituirsi a una norma di legge. Ci sono
sedi dove ciò non avviene ed altre nelle quali sono stati fissati obblighi
intermedi tra quelli fissati dal vecchio stato giuridico e quelli fissati
dalla legge Moratti. C'è un chiaro abuso che non può essere giustificato
dalla esigenza di mantenere attivi insegnamenti e corsi di studio. Se poi
all'abuso si aggiunge anche la minaccia di provvedimento disciplinare, si
affossa lo stato di diritto con evidente eccesso di potere. Cosa fare? O
accettare l'abuso, per quieto vivere, o scrivere al rettore significando
l'intenzione, ove permanga l'ingiunzione dell'obbligo, di produrre denuncia
per abuso di potere in aperto contrasto con norme vigenti, senza
giustificare il rifiuto per un formale e sostanziale sostegno alla protesta
dei ricercatori, giustificazione non sostenibile, ma per mero rispetto delle
norme vigenti in materia. Cordialmente
Alberto Pagliarini
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