Cahiar.mo Prof. Pagliarini,
mi permetto di sottoporLe un quesito:
esiste una norma che consenta ad un ricercatore confermato di passare da una facoltà all'altra, all'interno del proprio Ateneo,
solo con una semplice domanda al Preside della Facoltà di destinazione o al Rettore, senza passare attraverso il complesso, seccante ed inutile iter burocratico?
Le chiedo scusa per il disturbo e le porgo Cordili Saluti
xxxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------------------------------
caro collega
il passaggio da una ad altra facoltà dello stesso ateneo avviene secondo le procedure fissate dallo Statuto o dai regolamenti di Ateneo e di Facoltà di ciascuna sede. Cordialmente
Alberto Pagliarini
lunedì 31 maggio 2010
domenica 30 maggio 2010
sulle incompatibilità
Caro professore,
avrei voluto mandarle questo messaggio sul prezioso blog da lei curato ma non sono riuscito a trovare il link per farlo. Spero quindi che questo messaggio di posta elettronica serva al medesimo scopo. Di seguito la questione di mio interesse.
Fin da prima di diventare ricercatore universitario (presa di servizio 1 gennaio 2004) faccio parte di una cooperativa editoriale (una 'piccola societa' cooperativa', secondo la classificazione vigente prima della riforma del diritto societario; una cooperativa a mutualita' non prevalente nella classificazione attuale) che pubblica, piuttosto sporadicamente (2-3 titoli all'anno), volumi di vario genere, prevalentemente narrativa orientale. Premesso che mi occupo di ricerca e didattica nel campo della chimica fisica, si tratta evidentemente di una attivita' che nulla ha a che vedere con quella accademica. La cooperativa e' nata, e tale ancora e', come una specie di 'hobby culturale' di un gruppo di amici: i soci fondatori sono tutte persone che operano in settori tecnico-scientifici e che ambiscono, con questa attivita' quasi amatoriale, a coltivare un campo completamente diverso, nella forma appunto della cura e produzione di romanzi, racconti e poesie di vario genere. Va da se' che mai una lira di reddito per me o altri soci e' stata prodotta da questa attivita', che semmai si e' finanziata e tuttora si finanzia grazie al sostegno diretto di noi soci. Il ricavato delle vendite viene interamente impiegato per proseguire le pubblicazioni (e in genere non basta). Fin dalla costituzione della societa', di cui sono socio fondatore, ho fatto parte del consiglio di amministrazione, pur non ricoprendo la carica di presidente, amministratore delegato o vicepresidente, e tuttora ne faccio parte come semplice consigliere.
Quando ho preso servizio come ricercatore, mi sono posto il problema della compatibilita' del ruolo nella cooperativa con quello di dipendente universitario. L'ufficio del personale dell'universita' presso la quale lavoro, al quale mi sono rivolto, mi ha assicurato (verbalmente, in verita', anzi telefonicamente) che non c'e' alcuna incompatibilita' tra il ruolo di ricercatore e l'appartenenza alla cooperativa, ne' nella semplice funzione di socio, ne' in quella di socio e membro del CdA (questa e' la mia condizione). L'incompatibilita' scatterebbe, secondo queste informazioni, solo nel caso di elezione alla presidenza della cooperativa (cioe' del CdA) o al ruolo di amministratore delegato.
Per la verita' mi sono sempre accontentato di questa risposta (a me favorevole), e quindi da 6 anni vado avanti in questo modo. Mi e' sempre pero' rimasto, e le sarei grato se lei potesse sciogliermelo in modo definitivo, il dubbio che quella risposta fosse stata data in modo frettoloso o comunque non troppo ponderato, e che quindi mi trovassi e mi trovi in una situazione di incompatibilita', la qual cosa mi spiacerebbe sinceramente. Il dubbio mi si e', per cosi' dire, rinnovato in questi giorni, leggendo la bozza di DDL dell'attuale governo, dove alcuni punti in materia di incompatibilita' risultano - mi sembra - modificati. Puo' aiutarmi nella risoluzione definitiva della questioine ? Tenga presente che, come ripeto, non ho mai ricavato alcun reddito personale dall'attivita' editoriale, non ho altri rapporti con la cooperativa se non quello di esserne socio e componente del CdA e, ovviamente, i temi trattati dalle pubblicazioni della cooperativa non toccano in nulla quelli relativi alla mia attivita' didattica e di ricerca nel campo della chimica. Naturalmente, il tempo dedicato alla cooperativa e' del tutto marginale rispetto a quello che con piacere dedico alla mia attivita' principale di ricercatore e didatta.
La ringrazio per il tempo che potra' dedicare al mio quesito
Con molti cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxxxx
-----------------------------------------------------------------------
caro collega
concordo con quanto detto dall'ufficio. Secondo la normativa vigente non vi è alcuna incompatibilità tra l'essere socio e componente del consiglio di amministrazione senza compensi e la posizione giuridica di ricercatore confermato. Se e quando saranno modificate le norme sulla incompatibilità, in senso più restrittivo di quello attuale, potrà valutare e decidere il da farsi. Cordialmente
Alberto Pagliarini
avrei voluto mandarle questo messaggio sul prezioso blog da lei curato ma non sono riuscito a trovare il link per farlo. Spero quindi che questo messaggio di posta elettronica serva al medesimo scopo. Di seguito la questione di mio interesse.
Fin da prima di diventare ricercatore universitario (presa di servizio 1 gennaio 2004) faccio parte di una cooperativa editoriale (una 'piccola societa' cooperativa', secondo la classificazione vigente prima della riforma del diritto societario; una cooperativa a mutualita' non prevalente nella classificazione attuale) che pubblica, piuttosto sporadicamente (2-3 titoli all'anno), volumi di vario genere, prevalentemente narrativa orientale. Premesso che mi occupo di ricerca e didattica nel campo della chimica fisica, si tratta evidentemente di una attivita' che nulla ha a che vedere con quella accademica. La cooperativa e' nata, e tale ancora e', come una specie di 'hobby culturale' di un gruppo di amici: i soci fondatori sono tutte persone che operano in settori tecnico-scientifici e che ambiscono, con questa attivita' quasi amatoriale, a coltivare un campo completamente diverso, nella forma appunto della cura e produzione di romanzi, racconti e poesie di vario genere. Va da se' che mai una lira di reddito per me o altri soci e' stata prodotta da questa attivita', che semmai si e' finanziata e tuttora si finanzia grazie al sostegno diretto di noi soci. Il ricavato delle vendite viene interamente impiegato per proseguire le pubblicazioni (e in genere non basta). Fin dalla costituzione della societa', di cui sono socio fondatore, ho fatto parte del consiglio di amministrazione, pur non ricoprendo la carica di presidente, amministratore delegato o vicepresidente, e tuttora ne faccio parte come semplice consigliere.
Quando ho preso servizio come ricercatore, mi sono posto il problema della compatibilita' del ruolo nella cooperativa con quello di dipendente universitario. L'ufficio del personale dell'universita' presso la quale lavoro, al quale mi sono rivolto, mi ha assicurato (verbalmente, in verita', anzi telefonicamente) che non c'e' alcuna incompatibilita' tra il ruolo di ricercatore e l'appartenenza alla cooperativa, ne' nella semplice funzione di socio, ne' in quella di socio e membro del CdA (questa e' la mia condizione). L'incompatibilita' scatterebbe, secondo queste informazioni, solo nel caso di elezione alla presidenza della cooperativa (cioe' del CdA) o al ruolo di amministratore delegato.
Per la verita' mi sono sempre accontentato di questa risposta (a me favorevole), e quindi da 6 anni vado avanti in questo modo. Mi e' sempre pero' rimasto, e le sarei grato se lei potesse sciogliermelo in modo definitivo, il dubbio che quella risposta fosse stata data in modo frettoloso o comunque non troppo ponderato, e che quindi mi trovassi e mi trovi in una situazione di incompatibilita', la qual cosa mi spiacerebbe sinceramente. Il dubbio mi si e', per cosi' dire, rinnovato in questi giorni, leggendo la bozza di DDL dell'attuale governo, dove alcuni punti in materia di incompatibilita' risultano - mi sembra - modificati. Puo' aiutarmi nella risoluzione definitiva della questioine ? Tenga presente che, come ripeto, non ho mai ricavato alcun reddito personale dall'attivita' editoriale, non ho altri rapporti con la cooperativa se non quello di esserne socio e componente del CdA e, ovviamente, i temi trattati dalle pubblicazioni della cooperativa non toccano in nulla quelli relativi alla mia attivita' didattica e di ricerca nel campo della chimica. Naturalmente, il tempo dedicato alla cooperativa e' del tutto marginale rispetto a quello che con piacere dedico alla mia attivita' principale di ricercatore e didatta.
La ringrazio per il tempo che potra' dedicare al mio quesito
Con molti cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxxxx
-----------------------------------------------------------------------
caro collega
concordo con quanto detto dall'ufficio. Secondo la normativa vigente non vi è alcuna incompatibilità tra l'essere socio e componente del consiglio di amministrazione senza compensi e la posizione giuridica di ricercatore confermato. Se e quando saranno modificate le norme sulla incompatibilità, in senso più restrittivo di quello attuale, potrà valutare e decidere il da farsi. Cordialmente
Alberto Pagliarini
incompatibilità tra tempo pieno e partita IVA
Gentilissimo Professore,
mi permetto di disturabarla per porle un quesito. Oggi ricopro il ruolo di ricercatore universitario indeterminato a tempo pieno (da qui a pochissimi mesi dovrei essere confermato, essendo il mio "triennio" già concluso). Volevo chiederle se, data la mia posizione attuale, la normativa ministeriale mi consente di aprire una partita iva ("regime dei minimi") al fine di svolgere attività consulenziali (non legate ad alcuna "libera professione") o docenze presso terzi. Se no, l'unica alternativa sarebbe il mio passaggio, una volta confermato, al tempo definito?
La ringrazio in anticipo per la cortese attenzione e per la gentile risposta.
Distinti saluti
xxxxxxxxxxxxxxxxx
-------------------------------------------------------------------------
caro collega
l'unica possibilità per poter aprire una partita IVA, sia pure nel regime dei minimi, è quella di chiedere l'opzione per il tempo definito. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mi permetto di disturabarla per porle un quesito. Oggi ricopro il ruolo di ricercatore universitario indeterminato a tempo pieno (da qui a pochissimi mesi dovrei essere confermato, essendo il mio "triennio" già concluso). Volevo chiederle se, data la mia posizione attuale, la normativa ministeriale mi consente di aprire una partita iva ("regime dei minimi") al fine di svolgere attività consulenziali (non legate ad alcuna "libera professione") o docenze presso terzi. Se no, l'unica alternativa sarebbe il mio passaggio, una volta confermato, al tempo definito?
La ringrazio in anticipo per la cortese attenzione e per la gentile risposta.
Distinti saluti
xxxxxxxxxxxxxxxxx
-------------------------------------------------------------------------
caro collega
l'unica possibilità per poter aprire una partita IVA, sia pure nel regime dei minimi, è quella di chiedere l'opzione per il tempo definito. Cordialmente
Alberto Pagliarini
tempistica domanda pensionamento
"Per riuscire a scansare la penalizzazione bisognerà che le domande siano
state accolte prima che le nuove norme entrino in vigore. Solo così si
potrà ottenere la liquidazione in un’unica soluzione come è stato finora":
così un articolo apparso sul 'Corriere' di ieri.
Caro Pagliarini, mi affido alla tua competenza per sapere che significa
quel 'prima che le nuove norme entrino in vigore', cioè quanto tempo c'è
tra la presentazione della "manovra" nella sua forma definitiva, l'iter
parlamentare, la trascrizione nella GU, ecc. ecc. e la domanda che chi,
come me e molti altri, pur volendo continuare a fare il proprio lavoro
all'Università, avendo maturato i 40 anni di contribuzione potranno, ma in
realtà dovranno, presentare per non vedersi annientata la buonuscita? Ti
ringrazio in anticipo. Un cordiale saluto,
xxxxxxxxxxxxxx
----------------------------------------------------
caro collega
il decreto è da ieri all'esame del Presidente Napolitano. Quando Napolitano
lo avrà esaminato, se condiviso, nel senso che non ritiene ci siano aspetti
di incostituzionalità, lo firmerà e sarà pubblicato sulla G.U. Da quel
giorno il decreto è esecutivo. Pertanto la domanda per il pensionamento,
mirata ad evitare gli effetti del decreto, deve essere presentata e
protocollata prima della pubblicazione del decreto sulla G.U. Nessuno può
prevedere il tempo di esame del decreto da parte del Presidente Napolitano e
se il Presidente chiederà o no chiarimenti prima di firmare, allungandosi in
tal modo i tempi. Il Presidente potrebbe anche rilevare aspetti di
incostituzionalità per certe questioni che vanno modificate dal Consiglio
dei ministri o stralciate e portate avanti con disegno di legge governativo.
In conclusione, chi ha deciso di andar via, faccia domanda di pensionamento
indipendentemente dall'iter del provvedimento in corso di esame.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
state accolte prima che le nuove norme entrino in vigore. Solo così si
potrà ottenere la liquidazione in un’unica soluzione come è stato finora":
così un articolo apparso sul 'Corriere' di ieri.
Caro Pagliarini, mi affido alla tua competenza per sapere che significa
quel 'prima che le nuove norme entrino in vigore', cioè quanto tempo c'è
tra la presentazione della "manovra" nella sua forma definitiva, l'iter
parlamentare, la trascrizione nella GU, ecc. ecc. e la domanda che chi,
come me e molti altri, pur volendo continuare a fare il proprio lavoro
all'Università, avendo maturato i 40 anni di contribuzione potranno, ma in
realtà dovranno, presentare per non vedersi annientata la buonuscita? Ti
ringrazio in anticipo. Un cordiale saluto,
xxxxxxxxxxxxxx
----------------------------------------------------
caro collega
il decreto è da ieri all'esame del Presidente Napolitano. Quando Napolitano
lo avrà esaminato, se condiviso, nel senso che non ritiene ci siano aspetti
di incostituzionalità, lo firmerà e sarà pubblicato sulla G.U. Da quel
giorno il decreto è esecutivo. Pertanto la domanda per il pensionamento,
mirata ad evitare gli effetti del decreto, deve essere presentata e
protocollata prima della pubblicazione del decreto sulla G.U. Nessuno può
prevedere il tempo di esame del decreto da parte del Presidente Napolitano e
se il Presidente chiederà o no chiarimenti prima di firmare, allungandosi in
tal modo i tempi. Il Presidente potrebbe anche rilevare aspetti di
incostituzionalità per certe questioni che vanno modificate dal Consiglio
dei ministri o stralciate e portate avanti con disegno di legge governativo.
In conclusione, chi ha deciso di andar via, faccia domanda di pensionamento
indipendentemente dall'iter del provvedimento in corso di esame.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
sabato 29 maggio 2010
sulla liquidazione et altro
Gentile Prof. Pagliarini le scrivo,anche se è un pò prematuro,per
sapere cosa ne pensa riguardo il calcolo del TFS che dal 2011 verrà
uniformato al tfr e ciò vale per tutti i dipendenti pubblici e non
sembra una manovra "pro rata" . Questo danneggia in particolare i
prof.universitari, magistrati . prefetti. alte cariche forze armate,
medici del SSN e un pò tutti i dipendenti pubblici.Coloro che possono
fuggire entro il 2010 sono salvi. Gli altri avranno la liquidazione
dimezzata , pagata in tre rate e forse in BOT o in altri titol
risquotibilii a tempi lungli. Non Le sembra che ci possano essere
motivi di incostituzionalità in un trattamento così diverso a parità
di categoria? Sono sicuro che i magistrati faranno valere le loro
ragioni, mentre noi avendo una decina di rappresentanze sindacali
senza coordinamento, valiamo come il due di picche. Un ultima cosa:
l'adeguamento ISTAT di quest'anno lo perderemo o no? Grazie e
cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxx
----------------------------------------------------
caro collega
occorre attendere la versione definitiva del decreto sulla manovra
finanziaria. Sembra che la modifica del calcolo TFS sia prevista nella forma
"pro rata", cioè il calcolo sino a dicembre 2010 sarà effettuato come prima,
mentre dal gennaio 2011 sarà uniformato a quello del TFR. Ciò comporta un
danno a tutti gli interessati, tanto più consistente quanto minori saranno
gli anni di servizio e riscattati maturati al 31/12/2010. Pertanto, i
giovani saranno più penalizzati rispetto agli anziani.
Per quanto attiene eventuali elementi di incostituzionalità per la modifica
in peius di diritti quesiti, la Consulta ha più volte rilevato che "non può
contrastare con il principio di uguaglianza un differenziato trattamento
applicato alla stessa categoria di soggetti ma in momenti temporali diversi,
perché lo stesso fluire del tempo costituisce di per sè un elemento
diversificatore in rapporto a situazioni che concernono sia gli stessi
soggetti sia altri componenti l'aggregato sociale". E' questo un principio
che io ho definito di "relativismo temporale giuridico", in base al quale le
mutate situazioni economiche, finanziarie, sociali, di crisi internazionale,
di forte debito pubblico possono portare il legislatore a ridurre o
eliminare diritti concessi in altre epoche di vacche grasse. Ciò
nell'interesse più generale di evitare la bancarotta dello Stato con effetti
dirompenti per tutti e sulla socialità. Interventi in tal senso sono già
avvenuti. Il fuori ruolo era un diritto quesito, ed è stato prima ridotto da
5 a 3 anni e poi del tutto eliminato. Le pensioni, calcolate per il pubblico
impiego con il metodo retributivo, con la riforma Dini nella forma "pro
rata", si calcolano con il vecchio metodo sino al 1992 e con il metodo
contributivo dal 1993. Erano diritti quesiti anche questi e sono stati
intaccati. Ritengo, pertanto, che la via della incostituzionalità, pur
percorribile, dia speranze scarse o quasi nulle. Per quanto attiene la
rappresentanza sindacale, fortissima per i magistrati rappresentati da un
solo sindacato, quasi nulla per i docenti universitari rappresentati da
quella che io più volte ho chiamato "fungaia sindacale" , non vi è dubbio
che il comparto della docenza è perdente. Diversi anni fa le tre
Associazioni sindacali autonome della docenza, CNU, CIPUE e USPUR,
tentarono, per convinzione di alcuni elementi dei tre sindacati, tra i quali
l'allora presidente del CIPUR Salvatore Sorriso e io, di creare una
federazione sindacale, come primo passo per arrivare a un unico forte
sindacato della docenxa. Dopo diverse, tante riunioni, nacque la FEDERUNI
con uno Statuto approvato. La diversa inconciliabile posizione dei 3
sindacati sulla questione ricercatori e sulle fasce della docenza, portò
alla morte della FEDERUNI, dopo appena un anno dalla sua nascita. All'epoca
ed anche successivamente ho scrito diverse note in cui ho paventato
l'irragionevolezza della rappresentanza sindacale della docenza anche
determinata da una crescita abnorme di nuove sigle sindacali, in gran parte
corporative, qualcuna con iscritti contati sulle dita delle mani. Il
pluralismo è utile in democrazia, ma quando è un pluralismo di idee non di
corporazioni. E' stata creata l'intersindacale con tutte le sigle tranne
CIPUR ed USPUR. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non poteva essere
diversamnente perché, come ho più volte scritto, la somma di sindacati,
ciascuno con peso politico zero di rappresentanza, è ancora zero. Ognuno ha
voluto conservare il suo orticello senza strategie di lungimiranza che
avrebbero potuto arginare i devastanti effetti delle politiche governative e
parlamentari di destra e di sinistra. A questo si aggiunge che nessun
sindacato ha mai voluto fare una salutare autocritica sull'operato del
governo di tutte le sedi universitarie, per diversi anni proiettato a
creare sempre più sedi decentrate, sempre più corsi di studio, facendo
crescere a dismisura i costi del servizio reso, mirato più che sugli
interessi degli studenti e sulle reali richieste del mercato del lavoro,
sugli interessi del corpo docente e delle facoltà e sugli interessi dei
rettori a soddisfare esigenze e richieste politiche campanilistiche. Così
come non si è voluto fare autocritica sulla sempre più diffusa parentopoli
in tutte le sedi, enfatizzata dai media, che ha devastato l'immagine
dell'università e ha ridotto al lumicino la credibilità dell'opinione
pubblica verso l'istituzione universitaria. Con quale risultato? Lo sfacelo
dell'università italiana che stiamo vivendo!. Ancora una volta approfitto
per lanciare l'invito ai tre sindacati storici autonomi della docenza, di
riprendere la linea interrotta da una frana sindacale diversi anni fa.
Aprire la discussione sulla crazione di una federazione sindacale unitaria o
addirittura sul possibile ripristino della FEDERUNI. Ci potrebbe essere una
iscrizione in massa di docenti e una conseguente forte crescita di
rappresentanza sindacale. Prevarrà il buon senso o quello rivelatosi inutile
della conservazione dell'orticello? Vedremo. Per quanto attiene l'ultimo
quesito, quello dell'aumento ISTAT 2010 del 3,09%, poichè sembra ormai
acclarato che il blocco delle retribuzioni avverrà con decorrenza gennaio
2011, l'aumento resterà attribuibile quando sarà pubblicato sulla G.U. il
DPCM che lo ufficializza. Ho, pertanto, deciso di aggiornare con il predetto
aumento le tabelle retributive che metterò, come sempre, a disposizione di
tutti, sul solito sito. Putroppo la situazione disastrata di bilancio non
consentirà il pagamento di questo aumento in diverse sedi e in alcune sedi,
addirittura, il debito di questo nuovo aumento si sommerà con quello degli
arretrati dell'aumeno ISTAT 2009 e in qualche sede anche con quello del
2008. Questa è la realtà del momento che stiamo vivendo. Considerato
l'interesse di tutti alle risposte ai quesiti posti dal collega, oltre a
pubblicare sul mio sito, come al solito, quesiti e rispota, li nvierò a
UNILEX e a tutti i colleghi ai quali posso inviarli direttamente, sempre nel
rispetto della privacy. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sapere cosa ne pensa riguardo il calcolo del TFS che dal 2011 verrà
uniformato al tfr e ciò vale per tutti i dipendenti pubblici e non
sembra una manovra "pro rata" . Questo danneggia in particolare i
prof.universitari, magistrati . prefetti. alte cariche forze armate,
medici del SSN e un pò tutti i dipendenti pubblici.Coloro che possono
fuggire entro il 2010 sono salvi. Gli altri avranno la liquidazione
dimezzata , pagata in tre rate e forse in BOT o in altri titol
risquotibilii a tempi lungli. Non Le sembra che ci possano essere
motivi di incostituzionalità in un trattamento così diverso a parità
di categoria? Sono sicuro che i magistrati faranno valere le loro
ragioni, mentre noi avendo una decina di rappresentanze sindacali
senza coordinamento, valiamo come il due di picche. Un ultima cosa:
l'adeguamento ISTAT di quest'anno lo perderemo o no? Grazie e
cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxx
----------------------------------------------------
caro collega
occorre attendere la versione definitiva del decreto sulla manovra
finanziaria. Sembra che la modifica del calcolo TFS sia prevista nella forma
"pro rata", cioè il calcolo sino a dicembre 2010 sarà effettuato come prima,
mentre dal gennaio 2011 sarà uniformato a quello del TFR. Ciò comporta un
danno a tutti gli interessati, tanto più consistente quanto minori saranno
gli anni di servizio e riscattati maturati al 31/12/2010. Pertanto, i
giovani saranno più penalizzati rispetto agli anziani.
Per quanto attiene eventuali elementi di incostituzionalità per la modifica
in peius di diritti quesiti, la Consulta ha più volte rilevato che "non può
contrastare con il principio di uguaglianza un differenziato trattamento
applicato alla stessa categoria di soggetti ma in momenti temporali diversi,
perché lo stesso fluire del tempo costituisce di per sè un elemento
diversificatore in rapporto a situazioni che concernono sia gli stessi
soggetti sia altri componenti l'aggregato sociale". E' questo un principio
che io ho definito di "relativismo temporale giuridico", in base al quale le
mutate situazioni economiche, finanziarie, sociali, di crisi internazionale,
di forte debito pubblico possono portare il legislatore a ridurre o
eliminare diritti concessi in altre epoche di vacche grasse. Ciò
nell'interesse più generale di evitare la bancarotta dello Stato con effetti
dirompenti per tutti e sulla socialità. Interventi in tal senso sono già
avvenuti. Il fuori ruolo era un diritto quesito, ed è stato prima ridotto da
5 a 3 anni e poi del tutto eliminato. Le pensioni, calcolate per il pubblico
impiego con il metodo retributivo, con la riforma Dini nella forma "pro
rata", si calcolano con il vecchio metodo sino al 1992 e con il metodo
contributivo dal 1993. Erano diritti quesiti anche questi e sono stati
intaccati. Ritengo, pertanto, che la via della incostituzionalità, pur
percorribile, dia speranze scarse o quasi nulle. Per quanto attiene la
rappresentanza sindacale, fortissima per i magistrati rappresentati da un
solo sindacato, quasi nulla per i docenti universitari rappresentati da
quella che io più volte ho chiamato "fungaia sindacale" , non vi è dubbio
che il comparto della docenza è perdente. Diversi anni fa le tre
Associazioni sindacali autonome della docenza, CNU, CIPUE e USPUR,
tentarono, per convinzione di alcuni elementi dei tre sindacati, tra i quali
l'allora presidente del CIPUR Salvatore Sorriso e io, di creare una
federazione sindacale, come primo passo per arrivare a un unico forte
sindacato della docenxa. Dopo diverse, tante riunioni, nacque la FEDERUNI
con uno Statuto approvato. La diversa inconciliabile posizione dei 3
sindacati sulla questione ricercatori e sulle fasce della docenza, portò
alla morte della FEDERUNI, dopo appena un anno dalla sua nascita. All'epoca
ed anche successivamente ho scrito diverse note in cui ho paventato
l'irragionevolezza della rappresentanza sindacale della docenza anche
determinata da una crescita abnorme di nuove sigle sindacali, in gran parte
corporative, qualcuna con iscritti contati sulle dita delle mani. Il
pluralismo è utile in democrazia, ma quando è un pluralismo di idee non di
corporazioni. E' stata creata l'intersindacale con tutte le sigle tranne
CIPUR ed USPUR. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non poteva essere
diversamnente perché, come ho più volte scritto, la somma di sindacati,
ciascuno con peso politico zero di rappresentanza, è ancora zero. Ognuno ha
voluto conservare il suo orticello senza strategie di lungimiranza che
avrebbero potuto arginare i devastanti effetti delle politiche governative e
parlamentari di destra e di sinistra. A questo si aggiunge che nessun
sindacato ha mai voluto fare una salutare autocritica sull'operato del
governo di tutte le sedi universitarie, per diversi anni proiettato a
creare sempre più sedi decentrate, sempre più corsi di studio, facendo
crescere a dismisura i costi del servizio reso, mirato più che sugli
interessi degli studenti e sulle reali richieste del mercato del lavoro,
sugli interessi del corpo docente e delle facoltà e sugli interessi dei
rettori a soddisfare esigenze e richieste politiche campanilistiche. Così
come non si è voluto fare autocritica sulla sempre più diffusa parentopoli
in tutte le sedi, enfatizzata dai media, che ha devastato l'immagine
dell'università e ha ridotto al lumicino la credibilità dell'opinione
pubblica verso l'istituzione universitaria. Con quale risultato? Lo sfacelo
dell'università italiana che stiamo vivendo!. Ancora una volta approfitto
per lanciare l'invito ai tre sindacati storici autonomi della docenza, di
riprendere la linea interrotta da una frana sindacale diversi anni fa.
Aprire la discussione sulla crazione di una federazione sindacale unitaria o
addirittura sul possibile ripristino della FEDERUNI. Ci potrebbe essere una
iscrizione in massa di docenti e una conseguente forte crescita di
rappresentanza sindacale. Prevarrà il buon senso o quello rivelatosi inutile
della conservazione dell'orticello? Vedremo. Per quanto attiene l'ultimo
quesito, quello dell'aumento ISTAT 2010 del 3,09%, poichè sembra ormai
acclarato che il blocco delle retribuzioni avverrà con decorrenza gennaio
2011, l'aumento resterà attribuibile quando sarà pubblicato sulla G.U. il
DPCM che lo ufficializza. Ho, pertanto, deciso di aggiornare con il predetto
aumento le tabelle retributive che metterò, come sempre, a disposizione di
tutti, sul solito sito. Putroppo la situazione disastrata di bilancio non
consentirà il pagamento di questo aumento in diverse sedi e in alcune sedi,
addirittura, il debito di questo nuovo aumento si sommerà con quello degli
arretrati dell'aumeno ISTAT 2009 e in qualche sede anche con quello del
2008. Questa è la realtà del momento che stiamo vivendo. Considerato
l'interesse di tutti alle risposte ai quesiti posti dal collega, oltre a
pubblicare sul mio sito, come al solito, quesiti e rispota, li nvierò a
UNILEX e a tutti i colleghi ai quali posso inviarli direttamente, sempre nel
rispetto della privacy. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sulla convenienza dei riscatti
Caro Collega,
sono professore ordinario, ho 45 anni e,
tenuto conto del riscatto di una borsa di studio
biennale, ho maturato 20 anni di servizio
di cui 5 saranno computati, ai fini della pensione,
col regime retributivo e 15 con il regime contributivo.
Ho fatto domanda presso l'amministrazione del mio ateneo
per il riscatto degli anni di servizio pre-ruolo e ho
ricevuto la comunicazione relativa
all'onere di riscatto che ammonta
a circa 45.000 per gli anni relativi a laurea e dottorato
(di cui 25.000 euro circa per la sola
laurea).
Poiché le cifre corriposte per questo riscatto riguardano
periodi per i quali si applica il regime retributivo
e considerando anche la deducibiltà dal reddito di tale
oneri, Lei ritiene che il riscatto sia conveniente?
La ringrazio per una sua eventuale risposta,
ed anche per le preziose indicazioni che ci ha
sempre dato negli anni
Cordialmente
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
--------------------------------------------------------
caro collega
le stesse considerazioni da lei fatte hanno spinto diversi colleghi a fare
il riscatto degli anni di laurea e di dottorato. Una parte del riscatto si
recupera attraverso la deducubilità fiscale, una compensazione si ottiene
attraverso l'aumento del numero di anni utili per il calcolo della pensione
a regime retributivo e, inoltre, vi è la possibilità di diluire l'onere del
riscatto in 10 anni, 120 mensilità, senza interessi, riducendo non di poco
gli effetti della ritenuta sulla retribuzione. Ritengo che una convenienza
ci sia, l'entità è difficile valutarla. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono professore ordinario, ho 45 anni e,
tenuto conto del riscatto di una borsa di studio
biennale, ho maturato 20 anni di servizio
di cui 5 saranno computati, ai fini della pensione,
col regime retributivo e 15 con il regime contributivo.
Ho fatto domanda presso l'amministrazione del mio ateneo
per il riscatto degli anni di servizio pre-ruolo e ho
ricevuto la comunicazione relativa
all'onere di riscatto che ammonta
a circa 45.000 per gli anni relativi a laurea e dottorato
(di cui 25.000 euro circa per la sola
laurea).
Poiché le cifre corriposte per questo riscatto riguardano
periodi per i quali si applica il regime retributivo
e considerando anche la deducibiltà dal reddito di tale
oneri, Lei ritiene che il riscatto sia conveniente?
La ringrazio per una sua eventuale risposta,
ed anche per le preziose indicazioni che ci ha
sempre dato negli anni
Cordialmente
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
--------------------------------------------------------
caro collega
le stesse considerazioni da lei fatte hanno spinto diversi colleghi a fare
il riscatto degli anni di laurea e di dottorato. Una parte del riscatto si
recupera attraverso la deducubilità fiscale, una compensazione si ottiene
attraverso l'aumento del numero di anni utili per il calcolo della pensione
a regime retributivo e, inoltre, vi è la possibilità di diluire l'onere del
riscatto in 10 anni, 120 mensilità, senza interessi, riducendo non di poco
gli effetti della ritenuta sulla retribuzione. Ritengo che una convenienza
ci sia, l'entità è difficile valutarla. Cordialmente
Alberto Pagliarini
venerdì 28 maggio 2010
sul calcolo della liquidazione
Caro Pagliarini, non ti saremo mai abbastanza grati per la tua attivita'!
Mi permetto di chiedere un chiarimento sul foglio di calcolo: N (e N1) e'
un numero intero, oppure gli anni di contribuzione sono calcolati dal periodo
effettivo con approssimazione di 15 giorni in modo frazionario?
In parole molto povere, 43 anni e 9 mesi generano N=43 o N=43.75?
L'articolo 2120 del C.C. indica la seconda "versione" ma dalle istruzioni del foglio di calcolo non riesco a capire come sviluppare praticamente il calcolo.
Ringraziandoti in anticipo ti saluto cordialmente
xxxxxxxxxxxxx
-----------------------------------------------------------
caro xxxxxxxxxxx
i singoli periodi di servizio utile sono calcolati dall'INPDAP in anni, mesi
e giorni. La somma complessiva dei periodi è il numero N di servizio utile
in anni, mesi e giorni, Se i giorni di N sono oltre 15 si arrotonda al mese
e, in definitiva il numero N rimane espresso in anni e mesi che espresso in
anni diventa anni e frazione di anno, come nell'esempio da te dato, N=43,75.
Lo stesso per N1. Un corfdiale saluto
Alberto Pagliarini
Mi permetto di chiedere un chiarimento sul foglio di calcolo: N (e N1) e'
un numero intero, oppure gli anni di contribuzione sono calcolati dal periodo
effettivo con approssimazione di 15 giorni in modo frazionario?
In parole molto povere, 43 anni e 9 mesi generano N=43 o N=43.75?
L'articolo 2120 del C.C. indica la seconda "versione" ma dalle istruzioni del foglio di calcolo non riesco a capire come sviluppare praticamente il calcolo.
Ringraziandoti in anticipo ti saluto cordialmente
xxxxxxxxxxxxx
-----------------------------------------------------------
caro xxxxxxxxxxx
i singoli periodi di servizio utile sono calcolati dall'INPDAP in anni, mesi
e giorni. La somma complessiva dei periodi è il numero N di servizio utile
in anni, mesi e giorni, Se i giorni di N sono oltre 15 si arrotonda al mese
e, in definitiva il numero N rimane espresso in anni e mesi che espresso in
anni diventa anni e frazione di anno, come nell'esempio da te dato, N=43,75.
Lo stesso per N1. Un corfdiale saluto
Alberto Pagliarini
domenica 23 maggio 2010
inerpretazione dei commi 8 e 9 dell'art. 5 bis del Ddl Gelmini
Caro Prof. Pagliarini,
di tanto in tanto seguo l’evoluzione parlamentare del DdL Gelmini. Mi risulta che la VII Commissione del Senato abbia licenziato il testo emendato che ho avuto occasione di leggere oggi. In particolare le segnalo i commi 8 e 9 dell’art. 5-bis che sembrano riferirsi rispettivamente all’attivita’ didattica e di ricerca, oltre che gestionale, presso “enti” pubblici e privati e all’attivita’ didattica e di ricerca presso atenei diversi da quello di appartenenza. La domanda che mi sono posto e questa: in base al comma 9, per effettuare una supplenza presso un ateneo diverso da quello di appartenenza bisognerebbe prima stipulare una convenzione tra i due atenei interessati? In tutta onesta’ mi sembra un procedimento quasi ingestibile. Ma probabilmente mi sbaglio. Le sarei grato se, qualora trovasse la questione di suo interesse, volesse darmi una interpretazione.
Cordialmente,
xxxxxxxxxxxxxxxxx
Preside della Facoltà di Economia,
Università xxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------
caro collega
la formulazione del comma 9 dell'art. 5-bis non consente dubbi. Perchè un docente di ruolo in una sede possa svolgere attività didattica e di ricerca anche in altra sede. occorre una preventiva convenzione che fissi obiettivi comuni tra le due sedi . La ratio di tale norma è, credo, consentire attività di didattica e di ricerca in due sedi diverse purché tale attività sia finalizzata al raggiungimento di obiettivi comuni.La convenzione dovrà prevedere, d'intesa con l'interessato, le modalità di ripartizione tra i due atenei dell'impegno orario, degli oneri stipendiali ed altro. Una supplenza retribuita presso altra sede non è. quindi, consentita dal predetto comma 9 e neppure dal comma 8 che consente solo lezioni e seminari retribuiti ma di carattere occasionale. Tali vincoli tolgono ai docenti di ruolo la possibilità di avere supplenze retribuite presso altre sedi col solo fine di incrementare la retribuzione. E' una scelta del legislatore mirata a vincolare il docente di ruolo a svolgere pienamente i suoi compiti istituzionali. Questa, a mio avviso, è la sola interpretazone possibile dei due commi. Cordialmente
Alberto Pagliarini
di tanto in tanto seguo l’evoluzione parlamentare del DdL Gelmini. Mi risulta che la VII Commissione del Senato abbia licenziato il testo emendato che ho avuto occasione di leggere oggi. In particolare le segnalo i commi 8 e 9 dell’art. 5-bis che sembrano riferirsi rispettivamente all’attivita’ didattica e di ricerca, oltre che gestionale, presso “enti” pubblici e privati e all’attivita’ didattica e di ricerca presso atenei diversi da quello di appartenenza. La domanda che mi sono posto e questa: in base al comma 9, per effettuare una supplenza presso un ateneo diverso da quello di appartenenza bisognerebbe prima stipulare una convenzione tra i due atenei interessati? In tutta onesta’ mi sembra un procedimento quasi ingestibile. Ma probabilmente mi sbaglio. Le sarei grato se, qualora trovasse la questione di suo interesse, volesse darmi una interpretazione.
Cordialmente,
xxxxxxxxxxxxxxxxx
Preside della Facoltà di Economia,
Università xxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------
caro collega
la formulazione del comma 9 dell'art. 5-bis non consente dubbi. Perchè un docente di ruolo in una sede possa svolgere attività didattica e di ricerca anche in altra sede. occorre una preventiva convenzione che fissi obiettivi comuni tra le due sedi . La ratio di tale norma è, credo, consentire attività di didattica e di ricerca in due sedi diverse purché tale attività sia finalizzata al raggiungimento di obiettivi comuni.La convenzione dovrà prevedere, d'intesa con l'interessato, le modalità di ripartizione tra i due atenei dell'impegno orario, degli oneri stipendiali ed altro. Una supplenza retribuita presso altra sede non è. quindi, consentita dal predetto comma 9 e neppure dal comma 8 che consente solo lezioni e seminari retribuiti ma di carattere occasionale. Tali vincoli tolgono ai docenti di ruolo la possibilità di avere supplenze retribuite presso altre sedi col solo fine di incrementare la retribuzione. E' una scelta del legislatore mirata a vincolare il docente di ruolo a svolgere pienamente i suoi compiti istituzionali. Questa, a mio avviso, è la sola interpretazone possibile dei due commi. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 19 maggio 2010
sul calcolo dell'assegno ad personam
Caro Prof. Pagliarini,
sono un “neo ordinario tardivo pentito”. Recentemente sono stato confermato nel ruolo di Professore ordinario e mi è stata fatta la ricostruzione di carriera, per la quale non ho nulla da obbiettare in quanto è stato riconosciuto valido il periodo massimo di otto anni. Il mio è un problema di soldi: ho ricevuto una bella sforbiciata allo stipendio che è una pugnalata per il suo effetto sul t.f.s (buonuscita) e sulla pensione che si prospetta, al massimo, entro 4 anni (tenuto conto che al momento ho 46 anni di contributi comprensivi degli anni di laurea che ho riscattato). Ho cercato chiarimenti tra le risposte nel suo blog (a proposito: un grosso ringraziamento per le tutte le informazioni e i pareri che dà) e puntualmente ho trovato quello che cercavo. Ho segnalato all’Amministrazione della mia Università le incongruenze che ho rilevato, senza avere risposta. Ho allora inviato una nota al Rettore che allego per avere, se possibile, un suo parere.
Spero che Lei mi perdoni se a questo proposito ho tirato in ballo il suo nome: è stato necessario per dare un fondamento autorevole alle mie richieste.
Il pentimento invece riguarda il fatto di aver accettato di essere inquadrato nella prima fascia (mi avevano assicurato che avrei conservato lo stipendio di associato: non avevo capito che intendevano quello che avevo nel 2005 fino alla fine della carriera).
La saluto cordialmente e la ringrazio.
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
-----------------------------------------------------------------------------------
caro collega
come ho scritto più volte l'assegno ad personam si calcola come differenza tra la retribuzione totale annua lorda pensionabile, comprensiva della 13^, nella posizione giuridica che si lascia e quella della posizione giuridica a cui si perviene. E' il calcolo che adottano molte sedi, non tutte. Pertanto con le tabelle retributive alla mano la retribuzione totale lorda annua pensionabile comprensiva della 13^ del professore straordinario alla classe 01, acuisita dopo un biennio di straordinariato con l'aumento del 2,5%, è pari a 76.702,45, avendo incluso l'assegno ad personam in godimento pensionabile- La retribuzione totale annua lorda pensionabile comprensiva della 13^ alla classe 04 di ordinario è pari a 73.376,79. La differenza tra le due è pari a 3.325,64. Questo è l'importo del nuovo assego annuo lordo pensionabile che resta attribuito sino alla fine della carriera.
L'importo predetto risulta analogo a quello calcolato dall'uffcio competente che ha preso a riferimento la retribuzione annua tabellare,senza 13^ ,della posizione di proveninenza da associato che è l'analoga di quella di professore straordinario alla classe 00 comprensiva dell'assegno ad personam attribuito nella misura di 20.666,99. Questa è stata comparata con quella tabellare lorda annua di professore ordinario alla classe 04, ottenendo lo stesso risultato. Probabilmente si è verificata una compensazione tra i due calcoli dovuta al fatto che nel calcolo dell'ufficio non si è tenuto conto della 13^ , della IIS e dell'assegno aggiuntivo, ma non si è tenuto neppure conto della classe 01 di professore straordinario che è quella in godimento al momento del passaggio da straordinario ad ordinario. Non trovo altre giustificazioni. Non ci sono quindi elementi per contestare il nuovo assegno ad personam attribuito dall'ufficio. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono un “neo ordinario tardivo pentito”. Recentemente sono stato confermato nel ruolo di Professore ordinario e mi è stata fatta la ricostruzione di carriera, per la quale non ho nulla da obbiettare in quanto è stato riconosciuto valido il periodo massimo di otto anni. Il mio è un problema di soldi: ho ricevuto una bella sforbiciata allo stipendio che è una pugnalata per il suo effetto sul t.f.s (buonuscita) e sulla pensione che si prospetta, al massimo, entro 4 anni (tenuto conto che al momento ho 46 anni di contributi comprensivi degli anni di laurea che ho riscattato). Ho cercato chiarimenti tra le risposte nel suo blog (a proposito: un grosso ringraziamento per le tutte le informazioni e i pareri che dà) e puntualmente ho trovato quello che cercavo. Ho segnalato all’Amministrazione della mia Università le incongruenze che ho rilevato, senza avere risposta. Ho allora inviato una nota al Rettore che allego per avere, se possibile, un suo parere.
Spero che Lei mi perdoni se a questo proposito ho tirato in ballo il suo nome: è stato necessario per dare un fondamento autorevole alle mie richieste.
Il pentimento invece riguarda il fatto di aver accettato di essere inquadrato nella prima fascia (mi avevano assicurato che avrei conservato lo stipendio di associato: non avevo capito che intendevano quello che avevo nel 2005 fino alla fine della carriera).
La saluto cordialmente e la ringrazio.
xxxxxxxxxxxxxxxxxx
-----------------------------------------------------------------------------------
caro collega
come ho scritto più volte l'assegno ad personam si calcola come differenza tra la retribuzione totale annua lorda pensionabile, comprensiva della 13^, nella posizione giuridica che si lascia e quella della posizione giuridica a cui si perviene. E' il calcolo che adottano molte sedi, non tutte. Pertanto con le tabelle retributive alla mano la retribuzione totale lorda annua pensionabile comprensiva della 13^ del professore straordinario alla classe 01, acuisita dopo un biennio di straordinariato con l'aumento del 2,5%, è pari a 76.702,45, avendo incluso l'assegno ad personam in godimento pensionabile- La retribuzione totale annua lorda pensionabile comprensiva della 13^ alla classe 04 di ordinario è pari a 73.376,79. La differenza tra le due è pari a 3.325,64. Questo è l'importo del nuovo assego annuo lordo pensionabile che resta attribuito sino alla fine della carriera.
L'importo predetto risulta analogo a quello calcolato dall'uffcio competente che ha preso a riferimento la retribuzione annua tabellare,senza 13^ ,della posizione di proveninenza da associato che è l'analoga di quella di professore straordinario alla classe 00 comprensiva dell'assegno ad personam attribuito nella misura di 20.666,99. Questa è stata comparata con quella tabellare lorda annua di professore ordinario alla classe 04, ottenendo lo stesso risultato. Probabilmente si è verificata una compensazione tra i due calcoli dovuta al fatto che nel calcolo dell'ufficio non si è tenuto conto della 13^ , della IIS e dell'assegno aggiuntivo, ma non si è tenuto neppure conto della classe 01 di professore straordinario che è quella in godimento al momento del passaggio da straordinario ad ordinario. Non trovo altre giustificazioni. Non ci sono quindi elementi per contestare il nuovo assegno ad personam attribuito dall'ufficio. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 16 maggio 2010
calcolo della liquidazione
Egr. prof Pagliarini,
sono Assistente Ordinario del ruolo ad esaurimento, con 44 anni di anzianità riconosciuta a fine ottobre 2010, sia ai fini pensionistici sia ai fini della buonuscita.
In forza delle decisoni recentemente assunte dal Senato Accademico, dovrò andare in pensione entro l'anno corrente.
Fino al 31 ottobre 2008 sono rimasto nel regime di Tempo Definito, mentre dal 01 novembre 2008 ho optato per il regime di Tempo Pieno.
Mentre per il calcolo della pensione, quantunque abbastanza complesso, tutto mi sembra chiaro, mi resta un dubbio di fondo riguardo al calcolo dell'indennità di buonuscita.
Tutta la documentazione che finora ho trovato parla di un calcolo da eseguirsi unicamente sull'ultimo stipendio, che per me sarà quello relativo al regime di T.P.
Mi sembra peraltro evidente che non potrà essere così, dal momento che in tale regime, al momento del pensionamento, avrò maturato solo 2 anni.
Allora mi chiedo quale sia la normativa ed il metodo di calcolo di riferimento per questo caso.
Presso gli uffici dell'Università mi hanno detto soltanto che dovranno fare un calcolo, non meglio precisato e non mi hanno indicato la norma di riferimento.
La ringrazio anticipatamente per i chiarimenti che potrà darmi.
Saluti cordiali.
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
-------------------------------------------------------------------------------------
caro collega
nella formula per il calcolo della liquidazione si considerano sia gli anni a tempo pieno sia quelli a tempo definito. Ho pubblicato ieri sul mio sito http://alpaglia.xoom.it/alberto_pagliarini una nota che consente di calcolare la liquidazione a un qualsiasi docente. Può applicarla al suo caso utilizzando i dati retributivi delle mie tabelle. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sono Assistente Ordinario del ruolo ad esaurimento, con 44 anni di anzianità riconosciuta a fine ottobre 2010, sia ai fini pensionistici sia ai fini della buonuscita.
In forza delle decisoni recentemente assunte dal Senato Accademico, dovrò andare in pensione entro l'anno corrente.
Fino al 31 ottobre 2008 sono rimasto nel regime di Tempo Definito, mentre dal 01 novembre 2008 ho optato per il regime di Tempo Pieno.
Mentre per il calcolo della pensione, quantunque abbastanza complesso, tutto mi sembra chiaro, mi resta un dubbio di fondo riguardo al calcolo dell'indennità di buonuscita.
Tutta la documentazione che finora ho trovato parla di un calcolo da eseguirsi unicamente sull'ultimo stipendio, che per me sarà quello relativo al regime di T.P.
Mi sembra peraltro evidente che non potrà essere così, dal momento che in tale regime, al momento del pensionamento, avrò maturato solo 2 anni.
Allora mi chiedo quale sia la normativa ed il metodo di calcolo di riferimento per questo caso.
Presso gli uffici dell'Università mi hanno detto soltanto che dovranno fare un calcolo, non meglio precisato e non mi hanno indicato la norma di riferimento.
La ringrazio anticipatamente per i chiarimenti che potrà darmi.
Saluti cordiali.
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
-------------------------------------------------------------------------------------
caro collega
nella formula per il calcolo della liquidazione si considerano sia gli anni a tempo pieno sia quelli a tempo definito. Ho pubblicato ieri sul mio sito http://alpaglia.xoom.it/alberto_pagliarini una nota che consente di calcolare la liquidazione a un qualsiasi docente. Può applicarla al suo caso utilizzando i dati retributivi delle mie tabelle. Cordialmente
Alberto Pagliarini
giovedì 13 maggio 2010
niente trasferta per incardinamento in ruolo nella sede decentrata
Gent.mo,
per la Sua esperienza, mi permetto di sottoporLe il seguente quesito:
- 3 anni e mezzo ho firmato una presa di servizio in prima fascia il cui Decr. Rett. precisava la laurea specialistica in cui sarei stato incardinato, che si trova in una sede perifierica dell'Università di xxxxxxxxxxxxx;
- conseguentemente (ero associato in sede centrale) la mia vita è diventata: fare lezione a un'ora di distanza SENZA ALCUN rimborso economico di trasferta (tecnicamente sono "incardinato" per la didattica nella sede periferica), mentre per TUTTE le altre attività (di ricerca, compresa l'afferenza al Dipartimento, e istituzionali = Consigli ecc.) sono in sede centrale;
- l'Ufficio Legale della mia Università (ma immagino non sia proprio indipendente...) mi dice che, avendo preso servizio a quelle condizioni, nulla mi è dovuto di trasferta (che in un anno, due corsi, con esami ricevimento studenti ecc., impatta non poco);
- a me pare una palese disparità di trattamento rispetto ai miei colleghi che "fanno tutto" in sede centrale, dato che mi sembra che ancora lo status giuridico sia lo stesso e/o comunque non si possa subordinare la chiamata in ruolo a condizioni che poi si concretizzano di fatto in una sperequazione economica a parità di inquadramento e prestazione professionale.
Posso chiederLe cortesemente come Lei la pensa?
Grazie molte, con stima
xxxxxxxxxxxxxxx
______________________________________________________________________
caro collega
per le difficoltà finanziarie diverse sedi hanno incardinato il nuovo
docente in ruolo nella sede decentrata dove deve prestare servizio.
Così facendo l'amministrazione ha evitato la spesa di trasferta perchè
c'è l'obbligo del docente di risiedere nella sede dove presta servizio.
E' questo uno dei tanti effetti della crisi finanziaria degli atenei.
Sic stantibus rebus l'ufficio non può pagare alcuna trasferta. Può solo
chiedere il trasferimento per scambio con un docente della stessa Facoltà,
stesso SSD che risiede nella sede decentrata ed ha interesse a
trasferirsi. La Facoltà può dare il nulla osta e l'anmministrazione
può consentire lo scambio a costo zero.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
per la Sua esperienza, mi permetto di sottoporLe il seguente quesito:
- 3 anni e mezzo ho firmato una presa di servizio in prima fascia il cui Decr. Rett. precisava la laurea specialistica in cui sarei stato incardinato, che si trova in una sede perifierica dell'Università di xxxxxxxxxxxxx;
- conseguentemente (ero associato in sede centrale) la mia vita è diventata: fare lezione a un'ora di distanza SENZA ALCUN rimborso economico di trasferta (tecnicamente sono "incardinato" per la didattica nella sede periferica), mentre per TUTTE le altre attività (di ricerca, compresa l'afferenza al Dipartimento, e istituzionali = Consigli ecc.) sono in sede centrale;
- l'Ufficio Legale della mia Università (ma immagino non sia proprio indipendente...) mi dice che, avendo preso servizio a quelle condizioni, nulla mi è dovuto di trasferta (che in un anno, due corsi, con esami ricevimento studenti ecc., impatta non poco);
- a me pare una palese disparità di trattamento rispetto ai miei colleghi che "fanno tutto" in sede centrale, dato che mi sembra che ancora lo status giuridico sia lo stesso e/o comunque non si possa subordinare la chiamata in ruolo a condizioni che poi si concretizzano di fatto in una sperequazione economica a parità di inquadramento e prestazione professionale.
Posso chiederLe cortesemente come Lei la pensa?
Grazie molte, con stima
xxxxxxxxxxxxxxx
______________________________________________________________________
caro collega
per le difficoltà finanziarie diverse sedi hanno incardinato il nuovo
docente in ruolo nella sede decentrata dove deve prestare servizio.
Così facendo l'amministrazione ha evitato la spesa di trasferta perchè
c'è l'obbligo del docente di risiedere nella sede dove presta servizio.
E' questo uno dei tanti effetti della crisi finanziaria degli atenei.
Sic stantibus rebus l'ufficio non può pagare alcuna trasferta. Può solo
chiedere il trasferimento per scambio con un docente della stessa Facoltà,
stesso SSD che risiede nella sede decentrata ed ha interesse a
trasferirsi. La Facoltà può dare il nulla osta e l'anmministrazione
può consentire lo scambio a costo zero.
Cordialmente
Alberto Pagliarini
sulle tabelle retributive e il pensionamento di un ricercatore
Gent. Prof. Pagliarini
è da tempo che seguo le sue risposte e le sue delucidazioni sul sito di riferimento e spesso è venuto in aiuto a dubbi e situazioni che riguardano me ed i miei colleghi,di questo la ringrazio.
Sono una ricercatrice storica confermata con la 382 /80,nel 1980 presso la Università di xxxxxxxx, dal 1990 ininterrottamente fino ad oggi sono stata titolare di disciplina: Psicologia generale ,Psicologia dinamica ed oggi Psicologia della personalità come affidamento e da cinque anni Prof. Aggregato. Nelle valutazioni comparativeho avuto giudizi positivi ma sono sempre arrivata quarta o terza dopo figli di papà... Ho maturato da due anni i quarant'anni di servizio avendo riscattato a tempo debito i quattro anni di laurea. Al momento ho compiuto i 62 anni di età.I miei colleghi dicono di andarmene perchè restando mi sto penalizzando dal punto di vista economico sia per quanto riguarda lo stipendio che per quando riguarda la buona uscita, ma la mia mano diventa pesante al momento di decidere di scrivere la mia lettera di dimissioni al Rettore. Al momento vorrei chiedere un consiglio a lei in qualità di esperto conoscitore delle leggi correnti e di quelle in arrivo :me ne devo andare correndo o posso ancora aspettare finchè ne ho voglia ? A questa domanda aggiungo delle considerazioni : intanto mi sembra che il mio stipendio subisca una decurtazione forte rispetto alle sue tabelle infatti sono alla 14 classe, al terzo scatto di anzianità e lo stipendio da tre anni rimane stazionario e oscilla tra i 2700, i 2006, 2009,euro a seconda dei mesi,con uno scarto di circa 400 euro rispetto alle sue tabelle, ho chiesto ragione e mi hanno detto che è vicino alle tabelle Pagliarini anche se poi hanno ammesso in ragioneria che il Rettore non ha dato l'aumento Istat spettante nel 2009. Non ho scritto per il recupero Istat, dovrei farlo ? Questo denaro sottratto, in seguito sarà pensionabile?
Perdo dei soldi rimanendo in servizio ancora un altro anno? la liquidazione l'avrò per intero?
Qualora la dinamica degli inquadramenti dei prof. Aggregati dovesse cambiare sarebbe utile dal punto di vista economico e a livello pensionistico concludere cambiando inquadramento ?.
Capisco che deve rispondere a tante richieste, ma la prego vivamente di prendere in considerazione la mia.
In attesa di una risposta le auguro ogni bene.
xxxxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------------------------------
gentile collega
non solo la sua sede ma anche altre non hanno ancora pagato l'aumento ISTAT 2009, per indisponibilità di cassa. Pertanto, il confronto va fatto tra il cedolino stipendiale e le mie tabelle 2008. I valori lordi delle tre voci retributive devono necessariamente coincidere. Il Totale netto può anche non coincidere come spiego nelle precisazioni annesse alle tabelle. E' inutile scrivere per il recupero ISTAT 2009, l'amministrazione lo pagherà quando sarà finanziariamente in grado di poter pagare. Andando in pensione senza l'aumento 2009 si ha diritto al ricalcolo della pensione e della liquidazione dopo il pagamento del predetto aumento. Nessuno può anticipare giudizi sul futuro dei ricercatori sino a quando almeno un ramo del parlamento non avrà approvato il disegno di legge in discussione. Considerato che nella sua sede non sono stati messi in pensione coatta i ricercatori che hanno maturato 40 anni di servizio, ritengo sia conveniente rimanere in servizio sino al raggiungimento dell'età pensionabile. Ogni anno di servizio in più fa crescere la liquidazione e anche la pensione per effetto dell'aumento ISTAT dell'anno e dell'eventuale scatto biennale maturato. Cordialmente
Alberto Pagliarini
è da tempo che seguo le sue risposte e le sue delucidazioni sul sito di riferimento e spesso è venuto in aiuto a dubbi e situazioni che riguardano me ed i miei colleghi,di questo la ringrazio.
Sono una ricercatrice storica confermata con la 382 /80,nel 1980 presso la Università di xxxxxxxx, dal 1990 ininterrottamente fino ad oggi sono stata titolare di disciplina: Psicologia generale ,Psicologia dinamica ed oggi Psicologia della personalità come affidamento e da cinque anni Prof. Aggregato. Nelle valutazioni comparativeho avuto giudizi positivi ma sono sempre arrivata quarta o terza dopo figli di papà... Ho maturato da due anni i quarant'anni di servizio avendo riscattato a tempo debito i quattro anni di laurea. Al momento ho compiuto i 62 anni di età.I miei colleghi dicono di andarmene perchè restando mi sto penalizzando dal punto di vista economico sia per quanto riguarda lo stipendio che per quando riguarda la buona uscita, ma la mia mano diventa pesante al momento di decidere di scrivere la mia lettera di dimissioni al Rettore. Al momento vorrei chiedere un consiglio a lei in qualità di esperto conoscitore delle leggi correnti e di quelle in arrivo :me ne devo andare correndo o posso ancora aspettare finchè ne ho voglia ? A questa domanda aggiungo delle considerazioni : intanto mi sembra che il mio stipendio subisca una decurtazione forte rispetto alle sue tabelle infatti sono alla 14 classe, al terzo scatto di anzianità e lo stipendio da tre anni rimane stazionario e oscilla tra i 2700, i 2006, 2009,euro a seconda dei mesi,con uno scarto di circa 400 euro rispetto alle sue tabelle, ho chiesto ragione e mi hanno detto che è vicino alle tabelle Pagliarini anche se poi hanno ammesso in ragioneria che il Rettore non ha dato l'aumento Istat spettante nel 2009. Non ho scritto per il recupero Istat, dovrei farlo ? Questo denaro sottratto, in seguito sarà pensionabile?
Perdo dei soldi rimanendo in servizio ancora un altro anno? la liquidazione l'avrò per intero?
Qualora la dinamica degli inquadramenti dei prof. Aggregati dovesse cambiare sarebbe utile dal punto di vista economico e a livello pensionistico concludere cambiando inquadramento ?.
Capisco che deve rispondere a tante richieste, ma la prego vivamente di prendere in considerazione la mia.
In attesa di una risposta le auguro ogni bene.
xxxxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------------------------------
gentile collega
non solo la sua sede ma anche altre non hanno ancora pagato l'aumento ISTAT 2009, per indisponibilità di cassa. Pertanto, il confronto va fatto tra il cedolino stipendiale e le mie tabelle 2008. I valori lordi delle tre voci retributive devono necessariamente coincidere. Il Totale netto può anche non coincidere come spiego nelle precisazioni annesse alle tabelle. E' inutile scrivere per il recupero ISTAT 2009, l'amministrazione lo pagherà quando sarà finanziariamente in grado di poter pagare. Andando in pensione senza l'aumento 2009 si ha diritto al ricalcolo della pensione e della liquidazione dopo il pagamento del predetto aumento. Nessuno può anticipare giudizi sul futuro dei ricercatori sino a quando almeno un ramo del parlamento non avrà approvato il disegno di legge in discussione. Considerato che nella sua sede non sono stati messi in pensione coatta i ricercatori che hanno maturato 40 anni di servizio, ritengo sia conveniente rimanere in servizio sino al raggiungimento dell'età pensionabile. Ogni anno di servizio in più fa crescere la liquidazione e anche la pensione per effetto dell'aumento ISTAT dell'anno e dell'eventuale scatto biennale maturato. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Iscriviti a:
Post (Atom)