giovedì 26 febbraio 2009

coefficienti rendimento pensioni

Caro Prof. Pagliarini,
sono una collega della Sapienza e leggo sempre con molta attenzione le risposte che lei gentilmente e puntualmente da ai quesiti posti dai colleghi. Ho letto nel suo blog la risposta del 22 febbraio 2009 che lei ha dato al collega che le chiedeva se ci sono cambiamenti su pensioni e buonuscita che riporto:
“caro collega
nell'immediato non vi è alcun cambiamento. Da anni, per la stessa legge Dini del 1995, si sarebbero dovuti rideterminare i coefficienti di rendimento ma nessun governo ha voluto affrontare questo scabroso argomento. La forte crisi in atto, la crescita del debito pubblico e quella dell'onere pensionistico pagato dagli enti previdenziali, possono costringere il governo in carica ad affrontare la questione. E' difficile fare previsioni in materia. Occorre però attenzione sull'evolversi della questione per poter prendere conseguenti decisioni. cordialmente
Alberto Pagliarini”.
Mi risulta che con la Legge 24 dicembre 2007, n. 247 "Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007 vengono cambiati i coefficienti dei rendimenti delle pensioni a partire dal 1 gennaio 2010, l’articolo 1 di tale legge riporta infatti ad una tabella A con coefficienti di calcolo modificati rispetto ai coefficienti attuali. Con riferimento all’attuale situazione ci sarebbero perdite percentuali che vanno da 6 all’8,41 in base all’eta’ anagrafica. E’ vero questo, e quindi per chi ha i requisiti sarebbe meglio andare in pensione entro il 31 dicembre 2009, oppure non è come penso e non c’è da preoccuparsi per il momento? Molti colleghi hanno le stesse mie perplessità.
La ringrazio per la risposta
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cara collega
vi è in giro molto allarmismo e, quindi, preoccupazione per possibili riduzioni sulla pensione e buonuscita. Ho già scritto che i docenti sono per nulla o poco interessati dalle recenti norme sulla pensione tra cui la legge 247/07. La legge predetta ha stabilito una riduzione dei coefficienti per il calcolo di tutta la pensione contributiva o della quota B di pensione maturata dal 1996 per coloro che sono nel sistema "misto", cioè retributivo per l'anzianità maturata al 31 dicembre 2005 e contributivo per l'anzianità successiva. Ricordo che il sistema misto è attribuito a coloro che al 31 dicembre 1995 non avevano maturato 18 anni di contributi. A coloro che alla stessa data avevano maturato 18 o più anni di contributi si applica il metodo retributivo. Per i docenti con il metodo retributivo la pensione è tuttora regolata dall'art. 40 del DPR 382/80.al quale l'INPDAP si attiene per il calcolo della pensione. Per quanto attiene le aliquote di rendimento per il calcolo della quota A e della quota B. sono rimaste immutate come negli anni passati, è cambiato solo, come ogni anno, il tetto pensionabile che per il 2009 è di 42.069 euro e, conseguentemente sono variati gli scaglioni sui quali si applicano le aliquote di rendimento. Pertanto, l'aliquota di rendimento per la quota A è del 2% per ciascun anno di contribuzione sino al tetto pensionabile di 42.069 euro, l'aliquota scende all'1,5% per la base pensionabile compresa tra 42.069 e 55.951,77 euro, scende ancora all'1,25% per la base pensionabile compresa tra 55.951,77 e 69.834,54 e scende ulteriormente all'1,00% per la base pensionabile superiore a 69.834,54 euro. Per la quota B l'aliquota di rendimento è del 2% per ciascun anno di contribuzione sino al tetto pensionabile di 42.069 euro, scende all'1,60% per la base pensionabile compresa tra 42.069 e 55.951,77 euro, scende ancora all'1,35%
per la base pensionable compresa tra 55.951,77 e 69.834,54 euro, scende ulteriormente per la base pensionabile compresa tra 69.834,54 e 79,931,10 euro, per diventare lo 0,90% per base pensionabile superiore a 79.931,10 euro. Per quanto attiene la buonuscita, sinora non vi è stata alcuna modifica e non credo ce ne saranno a breve. Continuo a dire che occorre seguire l'andamento legislativo in materia di pensioni per essere pronti ad anticipare con dimissioni eventuali previsioni peggiorative. cordialmente
Alberto Pagliarini

indennità di carica accademica

Gentile Prof. Pagliarini,
le scrivo per chiederle un'informazione che penso lei possa avere. Vorrei sapere se sono previste delle integrazioni alle remunerazioni di Presidi di Facoltà e Rettori di Ateneo e a quanto ammontanto. La ringrazio cordialmente,
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gentile collega
lo statuto e i regolamenti di ciascun ateneo stabiliscono le indennità di carica accademica. Ove l'entità della indennità non sia direttamente fissata dai regolamenti, il consiglio di amministrazione ne fissa il quantun anche di anno in anno. cordialmente
Alberto Pagliarini

lunedì 23 febbraio 2009

professore invitato in università straniera

Caro Professor Pagliarini,
Le chiedo aiuto in relazione al seguente problema. Sono ricercatore confermato ed ho ricevuto un invito per 1 mese di permanenza (non necessariamente continuativa, ma sull'arco di tempo del corrente anno accademico) presso una universita' straniera nella veste di "professore invitato". L'universita' che mi ospita mi pagherebbe un totale corrispondente ad un mese di stipendio di professore di prima classe (in Francia), totale ovviamente superiore al mio attuale stipendio da ricercatore. Cosa devo fare del mio stipendio da ricercatore? Sono obbligato a rinunciarvi per un mese oppure non ci sono problemi di cumulabilitta' trattandosi comunque di un rapporto di lavoro occasionale? Grazie per l'attenzione e a presto,
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caro collega
i regolamenti d'ateneo e di facoltà prevedono le possibilità e le procedure per relazioni internazionali di professori e ricercatori. In ogni sede c'è una commissione o un servizio relazioni internazionali. Vi sono moduli da riempire e sono fissati gli eventuali compemsi aggiuntivi, i limiti degli stessi, la compatibilità totale o parziale della retribuzione con i compensi corrisposti dalla sede ospitante, le necessarie autorizzazioni. Contatti l'ufficio preposto ed esponga il suo caso. cordialmente
Alberto Pagliarini

domenica 22 febbraio 2009

modifiche su pensione e buonuscita

Gentile professore,
ho letto e udito le più fosche ipotesi sulla nostra buonuscita; può dirmi che cosa c'è di vero in tanto e così diffuso allarmismo? La ringrazio,
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caro collega
nell'immediato non vi è alcun cambiamento. Da anni, per la stessa legge Dini del 1995, si sarebbero dovuti rideterminare i coefficienti di rendimento ma nessun governo ha voluto affrontare questo scabroso argomento. La forte crisi in atto, la crescita del debito pubblico e quella dell'onere pensionistico pagato dagli enti previdenziali, possono costringere il governo in carica ad affrontare la questione. E' difficile fare previsioni in materia. Occorre però attenzione sull'evolversi della questione per poter prendere conseguenti decisioni. cordialmente
Alberto Pagliarini

borse studio non riconosciute nella ricostruzione carriera

Gent. prof. Pagliarini,
sono un ricercatore (FIS/01) dell’Università Ca’ Foscari Venezia, confermato in ruolo nel 2008 e dunque alle prese con il problema del riconoscimento dei servizi pre-ruolo. A seguito di una attenta lettura di tutte le lettere a lei pervenute sulla materia e delle relative risposte da lei fornite, ho redatto un modello di richiesta che assieme ad alcuni colleghi ricercatori del mio Ateneo ho poi inoltrato al magnifico Rettore (troverà nel primo allegato la richiesta da me formulata). Voglio segnalarle che a seguito di tali richieste anche il mio Ateneo ha avviato le procedure per il riconoscimento degli assegni di ricerca (vedi secondo allegato): di questo non posso che ringraziarla anche a nome dei miei colleghi. Le chiedo inoltre un commento sulle motivazioni che hanno portato alla bocciatura delle mie richieste di riconoscimento, in particolare quelle relative ad una “borsa post-doc universitaria” (a quel tempo gli assegni di ricerca non esistevano) e a periodi in cui ho goduto di borse CNR-INFM. Lei mi consiglia di insistere a riguardo di qualcuna di tali richieste? La ringrazio per la sua cortesia. Cari saluti. xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

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caro dottore
il riconoscimento degli assegni di ricerca ormai avviene in diverse sedi, mentre altre hanno avviato o si apprestano ad avviare le procedure per il riconoscimento. Per le borse di studio post dottorato invece nessuna sede ha inteso, sino ad oggi, avviare le procedure di riconoscimento. Lo stesso discorso vale per le borse CNU e INFN. Pertanto può insistere a richiedere il riconoscimento e le motivazione del rigetto, soprattutto per la borsa post dottorato che dovrebbe essere riconosciuta come l'assegno di ricerca. Comunque non è prudente intraprendere la via giudiziaria non solo per i tempi lunghi e i costi ma anche per l'incerto esito. cordialmente
Alberto Pagliarini

giovedì 12 febbraio 2009

congedo straordinario per più dottorati

Buongiorno prof. Paglianini
Le volevo porre il seguente quesito:

Sono un dipendente della Polizia di Stato e stò frequentando il terzo anno di Dottorato di ricerca, il quale finirà il 30/10/2009 (conservando il trattamento economico).
Se il prossimo anno (2009/2010) risultassi vincitore di un altro Dottorato di ricerca (diverso dal precedente) posso fare di nuovo la richiesta di Congedo straordinario? (e se fosse senza borsa di studio continuare a mantenere il trattamento economico?)

Grazie

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caro dottore
la legge non pone alcun limite sul numero di dottorati con diritto al congedo straordinario, anche se, presumibilmente, il legislatore ha inteso riferirsi a un solo dottorato. E' l'amministrazione di appartenenza, comunque, che avendone concesso uno, può non concederne un secondo, anche per esigenze di servizio, per non creare precedenti e possibili abusi. cordialmente
Alberto Pagliarini

regole organizzazione attivtà clinica docenti

Gentilissmo Prof. Pagliarini,
la disturbo nuovamente per porLe un quesito che credo sia di interesse generale.
Presso la nostra Università è vigente una convenzione con la Regione Lombardia, relativa alla attività clinica del personale universitario medico. Tale convenzione è assolutamente generica, e non entra nel merito alle attività che sono dovute in specifico dal personale universitario. Accenna semplicemente al fatto che su ogni posto ospedaliero possono venire convenzionati due ruoli universitari. Quasi tutto il nostro personale universitario lavora presso un singolo ospedale pubblico convenzionato. Non vi è tuttavia chiarezza su quale sia l'impegno dei tre ruoli Universitari in termini di orario di lavoro, turnazioni notturne e festive, rispetto al carico di lavoro del collega ospedaliero.
In particolare, non è chiaro se i Professori Ordinari, ai quali non siano state attribuite funzioni apicali, siano tenuti comunque a svolgere turnazioni festive o feriali, diurne o notturne. Esistono leggi o normaltive nazionali che disciplinino tali aspetti ?
La ringrazio per ogni informazione utile che potrà darmi.
Grazie anche della sua cortesia e competenza, e per il prezioso aiuto che la sua rubrica e le sue risposte forniscono.
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caro collega
le leggi che riguardano il SSN, dalla 502/92 alla cosiddetta Bindi del 99 e successive, fissano principi generali e demandano alle regioni l'organizzazione del servizio, attraverso protocolli d'intesa e convenzioni. Il decentramento regionale ha prodotto un ginepraio che ha soprattutto intaccato i diritti dei docenti clinici universitari, anche sul piano retributivo, e l'autonomia dell'ateneo e della facoltà medica. Questi sono gli effetti della regionalizzazione del servizio. cordialmente
Alberto Pagliarini

mercoledì 11 febbraio 2009

legge 230/05 e pensionamento

Gent.mo Prof. Pagliarini,
sono un professore associato in procinto di compiere 67 anni e che in data15/02/2007 (dunque in prossimità del compimento del sessantacinquesimo annod'età) aveva presentato istanza per il prolungamento in servizio attivoper un biennio ai sensi dell'art. 16 D. Lgs 503/92. L'Amministrazionedell'Università in cui insegno aveva risposto comunicandomi che per ilbiennio dal 1° novembre 2007 al 31° ottobre avrei usufruito delprolungamento in servizio attivo in qualità di professore associato e chedal 1° novembre 2009 al 31 ottobre 2012 sarei stato collocato fuori ruolo esuccessivamente a riposo per raggiunti limiti di età.Ora dallo stesso ufficio mi viene comunicato che, a seguito della predettaopzione e della progressiva riduzione del periodo di fuori ruolo previstadalla legge finanziaria 2008, dal 1.11. 2009, salvo diversa opzione, saròcollocato fuori ruolo per un anno e dal 1.11.2010 sarò collocato a riposo.In seguito alle legge finanziaria appena detta, era mia intenzione chiederedi restare in servizio attivo fino al 31 ottobre 2012, cioè fino alcompimento del settantesimo anno d'età.Ora, però, nella medesima ultima comunicazione mi viene detto che, qualorasia mia intenzione "rimanere in servizio in qualità di professore di ruoloin servizio attivo", posso presentare domanda in tal senso, ma è altresìspecificato: "a tale proposito in risposta ad un nostro quesito, ilMinistero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha espressol'avviso che per i docenti che hanno optato per il regime previsto dallalegge 230/2005, il limite massimo di età per il collocamento a riposo èdeterminato ex lege al termine dell'anno accademico nel quale i medesimicompiono il sessantottesimo anno di età."Le risulta che ci sia tale decisione da parte del Ministero? E come vainteso il termine "avviso"? Si tratta di una disposizione normativa o di unsemplice orientamento? E perché è detto: "ex lege"? Poiché io sareiinteressato a restare in servizio attivo fino al compimento delsettantesimo anno di età, come era consentito dalla legge 230/2005, qualecondotta mi consiglia?La ringrazio della pazienza e della cortese risposta
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caro collega
Non mi risulta che il MIUR abbia inviato a tutte le sedi una circolare sulla questione postami. Non escludo che la sua sede abbia fatto un quesito al MIUR ed avuto la risposta virgolettata. Comunque una circolare non ha forza di legge, esprime un parere o una interpretazione che l'università, per l'autonomia di cui gode, può anche non condividere e ignorare.Quanto sta accadendo anche sull'opzione per la legge 230/05, oltre che su tante altre questioni, conferma ciò che da anni dico: lo stato giuridico dei docenti non esiste più, è stato sepolto dalle stesse università che dovevano rispettarlo e applicarlo. L'opzione predetta è intesa diversamente nelle sedi. Ci sono sedi che la applicano in modo corretto e conforme alla lettera e allo spirito della legge. Una sede ha deciso di non accettare le domande di opzione per il regime Moratti e continua a inquadrare i nuovi docenti con il vecchio regime. Tale sede ritiene che la legge 230/05 non sia esecutiva, quindi non applicabile, poichè mancano alcuni decreti attuativi, penalizzando con ciò i propri docenti, anche ai fini pensionistici. Questa sede semplicisticamente ignora quanto è scritto sulla G.U. alla fine di ogni legge: "E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge dello Stato". Alcune sedi non solo hanno deciso di non concedere a nessuno la proroga in ruolo di 2 anni, ma hanno anche tolto, ai professori in regime Moratti, i 2 anni di proroga inclusi nei 70 di età pensionabile . Il legislatore, con il comma 17 della 230/05, ha cercato di mettere ordine nella pletora delle età pensionabili esistenti, stabilendo un'unica età pensionabile, 70 anni, per tutti i professori ordinari ed associati inquadrati secondo la legge 230/05 e, con il comma 19 anche per quelli già in servizio che optano per il nuovo regime. Con il comma 18, il legislatore ha stabilito che i 70 anni di età pensionabile valgono anche per le funzioni assistenziali e primariali dei professori di materie cliniche, in servizio alla data di entrata in vigore della legge, concedendo solo a questi la possibilità di proroga in ruolo di due anni in applicazione dell'art. 16 del D.lgs.503/92. Proroga esclusa, con il comma 17, a tutti gli altri professori, non clinici e clinici in regime Moratti, avendo specificato, nel predetto comma 17, che nel 70° anno di età è compreso il biennio di proroga. La specificazione si è resa necessaria per il legislatore, onde evitare che questi professori potessero fare la richiesta dei due anni di proroga dopo i 70 anni. In sostanza il legislatore ha fissato un'unica età pensionabile, 70 anni, per tutti i professori, compresi quelli clinici, inquadrati nel regime della legge 230/05; mentre con il comma 18 ha concesso i 70 anni anche ai professori clinici in servizio con in più la possibilità di proroga in ruolo di due anni. Consegue che ai professori, anche clinici, inquadrati con il regime Moratti e a quelli che per tale regime hanno optato, non sono applicabili le nuove norme per la concessione dei due anni di proroga in ruolo, fissate dall'art. 72 della legge 133/88, semplicemente perché costoro non hanno più diritto ai due anni di proroga che il legislatore ha già concesso avendoli inclusi nei 70 anni dell'età pensionabile. Pertanto, I commi dal 7 al 10 dell'art. 72 della legge 133/80, sono applicabili a tutti i professori, i ricercatori e gli assistenti ordinari del ruolo ad esaurimento richiamati nei commi 18 e 19 della 230/05, non a quelli richiamati nel comma 17. Non può, quindi, il rettore con un suo decreto togliere i due anni di proroga concessi dal legislatore ai professori in regime Moratti e pensionarli a 68 anni. Altrimenti si verifica l'assurdo per cui ai docenti che hanno optato per la Moratti e ai quali il legislatore ha già concesso i due anni di proroga inclusi nei 70 di età pensionabile, il rettore decide di togliere quanto concesso dal legislatore, con evidente abuso di potere. Ritengo ci siano sufficienti motivi per impugnare tale decisione. cordialmente
Alberto Pagliarini

lunedì 9 febbraio 2009

anticipare o no il pensionamento

Caro Alberto,
nel 2007 pubblicavi questo tuo parere; mi piacerebbe ora un tuo parere aggiornato alla situazione odierna.
Grazie
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conviene o no anticipare il pensionamento
17 giugno 2007


----- Original Message -----
From: xxxxxxxxxxxxxxxxx
To: Alberto Pagliarini
Sent: Friday, June 08, 2007 11:08 AM
Subject: voci
Caro Alberto, molti colleghi, che hanno già raggiunto l'anzianità di oltre 40 anni, ma che per motivi anagrafici possono ancora restare in servizio, si rivolgono a me perché preoccupati per un eventuale taglio, o blocco, delle liquidazioni.
Ora, essendo tu l'Esperto, mi rivolgo a te per avere una risposta dal tuo osservatorio privilegiato. Anche se sono conscio che neanche tu hai una sfera di cristallo e puoi prevedere i futuri comportamenti del Legislatore.
Nell'occasione, ti saluto con affetto
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caro xxxxxxxx
sulla necessaria riforma delle pensioni siamo in pieno marasma. Una qualche riforma va fatta perché con l'allungamento della vita e con la possibilità di andare in pensione di anzianità a 57 anni sino alla fine di quest'anno, a 60 anni dal 2008 se rimane lo "scalone", il sistema rischia di esplodere. La legge Dini del 1995 ha previsto l'aggiornamento dei coefficienti di rendimento dopo 10 anni. Si dovevano rivedere per legge nel 2005 ma il governo Berlusconi non lo ha fatto per evitare l'ennesimo sciopero generale dei sindacati che, peraltro, avevano accettato e sottoscritto quella legge. Una considerazione per inciso: se i governi per primi disattendono le leggi dello Stato, senza neanche modificarle, pur potendolo fare, come è possibile pretenderne il rispetto da parte dei cittadini?; questa è una delle tante cause di anormalità di questo Paese. A mio avviso questo governo dovrà necessariamente aggiornare i coefficienti, come, di quanto e quando nessuno può dirlo perchè dipenderà dalle resistenze più o meno forti della sinistra massimalista e dei sindacati. Ciò, però, interessa tutti coloro che andranno in pensione con il sistema contributivo, certamente non i docenti che avendo maturato 40 anni di servizio andranno in pensione con il sistema retributivo. Quindi nessuna preoccupazione per quanto attiene la pensione. Per la buonuscita nè il governo attuale nè quello passato hanno mai posto il problema di una revisione di calcolo o di un appesantimernto fiscale, anzi un intervento favorevole c'è stato alcuni anni fa: la quota esente annua ai fini IRPEF fu aumentata da
500.000 a 600.000 lire. Non vi è, quindi, da preoccuparsi, non solo allo stato attuale, ma anche in prospettiva a breve. Pertanto, chi ha maturato 40 anni di servizio, anche compresi quelli eventualmente riscattati, ed ha una età anagrafica più o meno lontana da quella prevista per la pensione di vecchiaia, continui a rimanere in servizio, se non ci sono altri motivi personali; in vantaggio avrà una pensione maggiore perché in gran parte calcolata sull'ultima retribuzione prima del pensionamento; avrà anche una buonuscita più consistente, tenendo presente che ogni anno in più di servizio nelle classi retributive alte, produce una buonuscita lorda di circa 5.000 euro. Poichè la questione interessa moltissimi colleghi, pubblico quesito e risposta su internet. Ricambio i saluti con altrettanto affetto.
Alberto

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caro Carlo
dal giugno 2007 non è cambiato nulla sulle pensioni di vecchiaia, mentre su quelle di anzianità, con l'eliminazione dello scalone è cambiato qualcosa. Con la legge 247 del dicembre 2007 è stata introdotta qualche novità ma limitatamente alle pensioni contributive che non interessano i docenti anziani dell'università per i quali vale il sistema retributivo o misto. . Pertanto le considerazione fatte nella risposta da te riportata sono tuttora valide. Aggiungo, in calce, la risposta da me data sulla stessa questione, poco tempo fa, ad un collega di Firenze. Non essendoci nell'immediato prospettive di cambiamento sulle pensioni di vecchiaia e, tantomeno sulla liquidazione, conviene rimanere in servizio, ove possibile. Un caro saluto
Alberto
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Caro Alberto
Prima di tutto come stai? Poi ti pongo un piccolo quesito postomi da un collega: avendo maturato i 40 anni di servizio qualora, cosa molto remota, ci fosse un aumento di stipendio, questo che riflessi avrà sulla pensione? Grazie anticipatamente e a presto
Cordialmente
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caro vincenzo
a meno di qualche inevitabile acciacco dovuto all'età, posso dire di star bene. Grazie. La domanda non può avere una risposta precisa e unica. Ti darò un quadro sintetico della questione pensioni. Un qualsiasi aumento retributivo produce aumento anche sulla pensione e sulla liquidazione. Gli effetti dell'aumento sono più consistenti per coloro che si trovano nel sistema retributivo o in quello misto; sono più modesti per coloro che si trovano nel sistema contributivo. Per gli anni oltre i 40 di contribuzione maturata, i contributi pagati non servono per il soggetto, avendo questi raggiunto il massimo dei contributi annui utili ai fini della pensione. I contributi che si continua a versare hanno solo scopo sociale. Continuano però ad essere utilizzati per intero ai fini della liquidazione, che verrà calcolata su un numero di anni superiore ai 40 maturati ai fini pensione. Gli aumenti retributivi attribuiti dopo i 40 anni di contributi versati, servono al calcolo della pensione, una quota della quale è calcolata sull'ultima retribuzione in godimento prima del pensionamento. Ovviamente più alta è quest'ultima retribuzione, maggiore sarà la pensione attribuita. Pertanto gli aumenti ISTAT annuali e gli aumenti automatici biennali, contano. Più se ne maturano più alta sarà la pensione. I contributi versati oltre i 40 anni sono compensati ampiamente dalla pensione più alta. Il vantaggio, invece, ai fini della liquidazione è totale, essendo calcolata non solo sull'ultima retribuzione, ma anche sul numero complessivo degli anni di contribuzione. Nell'attuale situazione economica è illusorio pensare di avere aumenti retributivi. Al più si potranno avere applicazioni forzose una tantum di prelievi sulla retribuzione, come è già avvenuto. Cordialmente
Alberto

domenica 8 febbraio 2009

procedure per la concessione del biennio di proroga

Caro Alberto,a proposito della concessione discrezionale da parte dell'Universita' del biennio di permanenza in servizio dopo il compimento del 70esimo anno di eta', mi permetto di richiedere il Tuo autorevole parere su due aspetti che ritengo essere anche di interesse generale:* e' necessaria la sua richiesta (e eventuale concessione) anche per coloro i quali ricoprano cariche istituzionali (rettore, preside, ecc.) la cui scadenza vada non solo oltre il 70esimo anno ma eventualmente anche oltre l'ulteriore biennio? Oppure in tali casi il trattenimento in servizio e' automatico?* nella circolare esplicativa (Dipartimento della Funzione Pubblica - Circolare n. 8/2008) si dice tra l'altro che "nel compiere le valutazioni, che dovranno trovare riscontro nella motivazione dell’atto, sarà opportuno tenere in debita considerazione il parere del responsabile della struttura nella quale il richiedente è inserito". Questo potrebbe implicare per le Universita' la necessita' di acquisire comunque il parere di Dipartimento e/o Facolta'?La proposta del secondo argomento e' motivata dal fatto che il nostro Ateneo intende procedere unicamente sulla base di un parere consultivo di una commissione nominata dal SA e decisione del Rettore previa verifica delle risorse finanziarie da parte del CdA. Ti ringrazio e Ti saluto cordialmente,
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro Marco
solo per il rettore vale la permanenza in carica sino alla fine del mandato se, nel corso del mandato raggiunge l'età pensionabile, salvo che lo statuto o il regolamento generale di ateneo non preveda espressamente la decadenza per raggiunti limiti d'età.. Ritengo che, in mancanza di specificazioni statutarie o regolamentari il rettore prosegue il mandato indipendentemente dal biennio di proroga, già concesso o da concedere, perchè la legge lo consente. Al secondo quesito rispondo che non essendo obbligatorio il parere del responsabile della struttura, ma solo opportuno, le sedi si stanno orientando a stabilire la concessione o no del biennio di proroga in base alle esigenze programmatiche, ed economico-finanziarie, oppure stabiliscono i criteri generali di concessione della proroga secondo le proposte formulate da apposita commissione nominata ad hoc. Entrambe le procedure sono legittime. cordialmente
Alberto

pensione sulla supplenza

Egregio Prof. Pagliarini,

Sono ricercatore confermato con carico didattico in diverse materie. Dall'A.A: 1991-1992 all'A.A. 2007-2008 ho avuto la supplenza retribuita, avendo compiuto 62 anni e 40 anni di contributi versati , con molta probabilità dovrò andare in pensione anticipata, vorrei sapere se i contributi versati per la supplenza sono utili per la pensione o per la buonuscita.
Cordialmente.
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caro collega
se continuerai ad avere la supplenza retribuita sino a maturare 19 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi versati (manca poco), potrai avere una pensioncina anche sulla supplenza, oltre la pensione sul ruolo svolto. Con contributi inferiori non ti compete la pensioncina ma solo l'una tantum sui contributi versati. La buonuscita è calcolata solo sugli anni di ruolo. cordialmente
Alberto Pagliarini

sabato 7 febbraio 2009

pensione e legge 230/05

Alberto,
la mail che mi hai mandato circa l'applicazione della pensione a 70 anni della L. 230 non aveva allegato e quindi non capisco come veniva interpretata dalla sede.
Qui a Pisa di fatto mandano in pensione gli associati che hanno optato per il ruolo della Moratti a 68 anni, cioè interpretando il fatto che i 70 anni valgono incluso il biennio opzionale, ed essendo questo negato dal nostro Rettore diventa automatico il pensionamento a 68 anche senza stare a chiedere alle persone se vogliono o meno i due anni in più.
Cosa ne pensi?
Grazie
Paolo

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caro Paolo
vengo a conoscenza, da quanto dici, di un'altra perla interpretativa delle norme vigenti in materia di età pensionabile, che ritengo priva di validità giuridica e facilmente impugnabile. Ciò rafforza la mia convinzione che mi porta a dire: lo stato giuridico dei docenti non esiste più, è stato sepolto dalle stesse università che dovevano rispettarlo e applicarlo. Il legislatore, con il comma 17 della 230/05, ha cercato di mettere ordine nella pletora delle età pensionabili esistenti, stabilendo un'unica età pensionabile, 70 anni, per tutti i professori ordinari ed associati inquadrati secondo le nuove norme e, con il comma 19 anche per quelli già in servizio che optano per il nuovo regime, conservando l'anzianità acquisita. Con il comma 18 ha stabilito che i 70 anni valgono anche per le funzioni assistenziali e primariali dei professori di materie cliniche, concedendo solo a questi la proroga in ruolo di due anni in applicazione dell'art. 16 del D.lgs.503/92. Proroga esclusa per tutti gli altri professori con il comma 17, nel quale è specificato che nel 70° anno di età è compreso il biennio di proroga. La specificazione si è resa necessaria per il legislatore, onde evitare, per questi professori, la richiesta dei due anni di proroga dopo i 70. In sostanza il legislatore ha fissato un'unica età pensionabile, 70 anni, per tutti i professori,compresi quelli clinici, ma concedendo solo a questi ultimi la possibilità di proroga in ruolo di due anni, non concessa agli altri. Se così non fosse, conseguirebbe l'assurdo giuridico di aver compreso nei 70 anni, ai professori clinici, i due anni di proroga di cui al richiamato art. 16, lasciando agli stessi la possibilità di chiederne altri due in applicazione dello stesso art. 16 della 530/92. Ovviamente consegue che ai professori inquadrati con il regime Moratti e a quelli che per tale regime hanno optato, con esclusione dei professori clinici, non sono applicabili le nuove norme per la concessione dei due anni di proroga in ruolo, fissate dall'art. 72 della legge 133/88, semplicemente perché costoro non hanno più diritto ai due anni di proroga Pertanto, I commi da 7 a 10 dell'art. 72 richiamato sono applicabili a tutti i professori, i ricercatori e gli assistenti ordinari del ruolo ad esaurimento richiamati nel comma 19 della 230/05 e ai professori clinici dianzi specificati. Questa perla interpretativa si aggiunge all'altra messa in atto da qualche sede che ha deciso di non accettare le domande di opzione per il regime Moratti e continua a inquadrare i nuovi docenti con il vecchio regime. Questa sede ritiene che la legge 230/05 non sia esecutiva, quindi non applicabile, poichè mancano alcuni decreti attuativi. Con questa decisione questa sede ha penalizzato i propri docenti, anche ai fini pensionistici. In Italia la libertà è veramente totale. Ogni università di questo Stato è libera di applicare o no le leggi dello Stato!. Un caro saluto
Alberto

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Caro Alberto,
ho letto con attenzione le tue osservazioni. Non sono convinto del tutto e voglio fare la parte del diavolo. La legge Moratti potrebbe essere interpretata nel senso che il comma 18, che permette il biennio in più ai medici, è applicabile al personale in servizio. Invece il comma 17, che fissa i 70 anni biennio incluso, vale per quelli nuovi. Quindi potrebbe non esserci contrasto. In sostanza quelli nuovi ci possono stare al massimo fino a 70 (sia medici che non!), mentre i soli medici già in servizio ci possono stare due anni in più. Addirittura il comma 18 avrebbe una portata ulteriore rispetto a quanto io avevo sempre pensato, perchè non solo concede ai clinici in servizio il biennio in più, ma dice espressamente che vanno comunque fino a 70 anni, mentre un associato ante-Moratti, che non sia clinico, va in pensione a 65. O sbaglio?
Che ne dici?
Paolo

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caro Paolo
ritenevo ovvia un'altra considerazione che non ho aggiunto a quelle già fatte. La formulo. Ammesso e noin coincesso che il legislatore abbia fissato con il comma 17 l'età pensionabile a 70 anni, includendo in questi e, quindi, concedendo i due anni di proroga ai professori in regime Moratti, non può il rettore con un decreto togliere i due anni di proroga concessi dal legislatore e pensionarli a 68 anni. Il rettore, per i commi da 7 a 10 dell'art. 72 della legge 133/08 può solo concedere o non concedere i due anni di proroga a coloro che hanno titolo a far domanda e può, anzi deve, annullare i decreti di concessione dei due anni, già emanati e ancora non applicati, e valutare la nuova domanda stabilendo se concedere o no la proroga. Altrimenti si verifica l'assurdo per cui ai docenti che hanno optato per la Moratti e ai quali lil legislatore ha concesso i due anni di proroga inclusi nei 70 di età pensionabile, il rettore di Pisa decide di togliere quanto concesso dal legislatore. Inoltre il comma 18, successivo al 17, riguarda, come il 17, il personale in regime Moratti e, specificamente i professori di materie cliniche che il legislatore ha voluto distinguere da tutti gli altri inclusi nel comma 17, per aver voluto concedere a questi e, solo a questi, i 2 anni di proroga. Con il comma successivo 19 il legislatore ha completato il quadro, stabilendo che professori e ricercatori in servizio restano nel vecchio regime ove non esercitino la concessa opzione per il nuovo regime. Ritengo abbastanza lineare e chiara nei contenuti la successione dei commi 17, 18 e 19 della 230/05, così come sono abbastanza ben definiti i poteri attribuiti al rettore con l'art. 72 della 133/08. L'interpretazione e l'applicazione di queste norme fatta da Pisa stravolge la linearità della 230 e dà poteri al rettore al di fuori di quelli previsti nella 133. Infine, per rispondere all'ultima tua osservazione, non solo il comma 18 per i clinici ma anche il 17 per tutti gli altri, concede agli associati che optano per il regime Moratti, di passare dai 65 ai 70 anni. Proprio per questo c'è stata una migrazione in massa di associati clinici o non clinici, dal vecchio al nuovo regime. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
Alberto

scatto anticipato e riduzione 2,5%

Gent.mo Prof. Pagliarini, ringraziandola in anticipo per la sua disponibilità e competenza, le pongo il seguente quesito:
La mia posizione è quella di ricercatore confermato, classe zero anzianità nell'inquadramento al 31/12/2008 Anni 1 mesi 0 giorni 4.
Il 30/12/2008 è nata la mia prima figlia ragion per cui ho chiesto all'Università la concessione dello scatto anticipato. Il problema sorge a causa della l.133/2008 per l'abbattimento del 2,50% degli scatti a partire dall'1/1/2009 che azzererebbe la misura del beneficio.
Ora lo scatto, nel mio caso, decorre dal 2008 o dal 2009, in quanto nel primo caso, a quanto ho capito, avrei diritto al beneficio a partire da dicembre e fino alla maturazione della prima classe, nel secondo lo perderei.
Cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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caro dottore
la riduzione del 2,5% dello scatto biennale si applica, a partire da gennaio 2009, sullo scatto biennale che il docente maturerà dopo il 1° gennaio 2009. Pertanto se lo scatto anticipato per nascita di un figlio le sarà attribuito, come presumo, dal 30 dicembre 2008, la riduzione del 2,5% sarà fatta sullo scatto biennale che maturerà il 30 dicembre 2010. Ovviamente la riduzione sarà maggiore perché calcolata su una retribuzione maggiore. cordialmente
Alberto Pagliarini

aspettativa dottorato e prestazioni occasionali

Gentile Prof. Pagliarini Sono un dipendente pubblico a tempoindeterminato presso una Università italiana.Vorrei chiederle unacosa: in caso di aspettativa retribuita per il dottorato (quindi senzaborsa di studio ma con il mantenimento dello stipendio) è possibilesvolgere prestazioni occasionali ?E' possibile svolgere attività,anche di formazione, eventualmente a solo titolo gratuito (potrebbe essere utile per cumulare titoli per progressioni di carriera) ? Grazieper il supporto che fornisce attraverso il suo archivio web!
Saluti
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caro dottore
prestazioni retribuite anche occasionali possono essere svolte solo previa autorizzazione del rettore, sentito il collegio dei docenti del dottorato. Ritengo che per l'attivita di formazione a titolo gratuito possa bastare l'autorizzazione del collegio dei docenti. cordialmente
Alberto Pagliarini

Preside di Facoltà e obblighi didattici

Caro Prof. Pagliarini,

il Senato Accademico del mio Ateneo ha deliberato qualche tempo addietro l'obbligo di 120 ore annue di didattica frontale come impegno didattico per professori associati e ordinari. Non voglio qui entrare nel merito della questione, ma sottoporle piuttosto uno specifico quesito. In qualita' di preside di facoltà la normativa mi consente di usufruire di una riduzione dell'impegno didattico obbligatorio?
La ringrazio per l'attenzione che vorra' accordarmi.

Cordialmente,

xxxxxxxxxxxxxxxx

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caro collega
il comma 2 dell'art. 13 del DPR 382/80 prevede la possibilità di richiedere una limitazione dell'attività didattica ai professori che ricoprano la carica di rettore, preside di facoltà, direttore di dipartimento, presidente di consiglio di corso di laurea, di componente del CUN. La limitazione è concessa con provvedimento del Ministro e non dispensa dall'obbligo di svolgere il corso ufficiale. Sin qui la norma generale che, in parte è stata superata con lo statuto e i regolamenti di ciascuna sede. Negli statuti è previsto che l'esonero totale o parziale dell'attività didattica al rettore è concesso dal ministro, mentre per le altre cariche accademiche è concesso dal rettore. Negli statuti può essere prevista anche l'eventuale indennità di carica per le predette figure, la cui entità è stabilita dal consiglio di ammninistrazione. Occorre, quindi, riferirsi ed attenersi a quanto previsto nello statuto del proprio ateneo. La norma generale sopra richiamata vale solo in mancanza di una specifica norma statutaria.
cordialmente
Alberto Pagliarini

domanda per riconoscimento assegni ricerca

Caro Roberto,
se un assegnista di ricerca dell’ Università di Bari è diventato ricercatore in un altra Università, a chi dovrebbe essere indirizzata la domanda per il riconoscimento degli assegni di ricerca ?

Ti ringrazio in anticipo per la tua cortese risposta .
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caro collega
su richiesta dell'amico Gagliano rispondo al quesito posto.
La ricostruzione di carriera viene fatta dalla sede nella quale il ricercatore confermato presta servizio. Pertanto è a quella sede che il ricercatore deve presentare la domanda per il riconoscimento del servizio di assegnista di ricerca. cordialmente
Alberto Pagliarini

gli anni di dottorato e di assegni di ricerca

Caro Prof. Gagliano,
grazie per l'email. Avrei una domanda: Gli anni di dottorato sono assimilabili agli anni degli assegni di ricerca? Grazie in anticipo per la risposta. In attesa Cordiali saluti
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caro collega su richiesta dell'amico Gagliano ripondo al suo quesito. Gli anni di dottorato non sono assimilabili agli anni di assegni di ricerca. Gli anni di dottorato, a domanda, possono essere riscattati ai fini giuridici e non economici, con onere a carico del soggetto. cordialmente
Alberto Pagliarini

pensionamento docenti con 40 anni di contributi

Gent. Prof. Pagliarini
approfitto della sua gentilezza per chiederle il seguente ragguaglio:
Avevo sentito dire che nella Finanziaria era prevista una norma che imponenva
il pensionamento unilaterale da parte dell'ente datore di lavoro
per tutti i dipendenti statali (compresi i docenti universitari) che avessero
maturato i 40 di servizio (riscatti vari compresi).
Questa norma esiste veramente?
Sara' applicata ai docenti universitari?
Grazie ancora per l'attenzione
Cordiali saluti
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caro collega
il comma 11 dell'art 72 della recente legge 133/08 consente alle amministrazioni pubbliche di pensionare i dipendenti che abbiano maturato 40 anni di contributi, pur non avendo ancora raggiunto l'età pensionabile. Sono esclusi i magistrati e i professori universitari. Alcune sedi applicano la norma ai ricercatori non essendo espressamente menzionati nella norma. Altre sedi hanno inteso trattare ugualmente professori e ricercatori escludendoli dall'applicazione della norma. cordialmente
Alberto Pagliarini

opzione legge 230/05

Caro Professor Pagliarini,
alcune settimane fa le avevo chiesto un parere circa l'interpretazione relativa all'età di pensionamento prevista dalla legge 230 così come può desumersi dalla lettera che le invio in allegato. La mia Università (Genova) ha interpretato diversamente e ritiene che anche chi ha optato per lo stato giuridico Moratti debba fare domanda per il biennio aggiuntivo. A me sembra piuttosto convincente la tesi contenuta nell'allegato, ma non ho alcuna competenza specifica in materia. Attendo quindi con particolare interesse la Sua di interpretazioni. Intanto un saluto molto cordiale
xxxxxxxxxxxxxxx

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caro collega
L'università Federico II di Napoli ha, a mio avviso, correttamente interpretato e applicato la legge Moratti e la normativa, anche recente, vigente in materia di età pensionabile e di possibile proroga in ruolo di 2 anni. Una qualsiasi altra interpretazione può produrre illecite concessioni di diritti non previsti dalle leggi vigenti, o privare gli interessati di diritti fissati dalle stesse leggi. Un collega mi ha scritto informamdomi che la sua sede non accetta le domande di opzione alla legge Moratti, perché ritenuta non applicabile in quanto priva di alcuni decreti attuativi. In quella sede, quindi, nessun docente è stato inquadrato in conformità della predetta legge Moratti. Questa legge, come tutte le altre leggi dello Stato, termina con la solita frase "E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato". Per quella sede universitaria questo obbligo non c'è, per quella sede la legge è come se non fosse stata pubblicata sulla G.U. della Repubblica. Quella università si comporta come una repubblica universitaria autonoma e toglie ai propri docenti diritti concessi da una legge. Di contro, la sede di Genova, per quanto dice, consente l'opzione per la legge Moratti, per cui l'età pensionabile per i professori ordinari ed associati è fissata al compimento del 70° anno, comprensiva del fuori ruolo e dei due anni di proroga (in pratica la legge ha eliminato il fuori ruolo e i due anni di proroga, fissando una età pensionabile unica per tutti i professori inquadrati secondo quella legge). Però quella stessa sede va oltre la legge e consente a coloro che hanno optato per questa legge, di far domanda per la proroga in ruolo di due anni, oggi non più concessa obbligatoriamente, a domanda, ma facoltativamente. In tal modo l'università si è sostituita al legislatore concedendo un diritto non concesso dallo stesso legislatore, con evidente abuso di potere. In questa babele normativo-applicativa non ha alcun senso parlare di stato giuridico. Di fatto, non esiste più! Perché, quanto evidenziato sopra per questa specifica questione, succede per tante altre questioni che investono i diritti e i doveri dei docenti, ormai diversi da sede a sede, con riflessi anche sulla retribuzione non più uguale per tutti, a parità di qualifica, di funzioni e di anzianità di ruolo. Per questo continuo a dire da anni, si abbia il coraggio di dare piena autonomia a ciascuna sede, eliminando lo stato giuridico, il ruolo, i concorsi, l'anacronistico e inutile valore legale del titolo di studio, la cui eliminazione fu propugnata da Luigi Einaudi ma rimase solo nelle sue "Prediche inutili". Come ho scritto altre volte, qualsiasi riforma che non attui la predetta necessaria rivoluzione è destinata ad essere solo un "restyling di facciata" che non intacca e modifica i mali e gli sprechi dell'attuale università degradata. cordialmente
Alberto Pagliarini

effetti sulla pensione degli aumenti retributivi

Caro Alberto
Prima di tutto come stai? Poi ti pongo un piccolo quesito postomi da un collega: avendo maturato i 40 anni di servizio qualora, cosa molto remota, ci fosse un aumento di stipendio, questo che riflessi avrà sulla pensione? Grazie anticipatamente e a presto
Cordialmente
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caro vincenzo
a meno di qualche inevitabile acciacco dovuto all'età, posso dire di star bene. Grazie. La domanda non può avere una risposta precisa e unica. Ti darò un quadro sintetico della questione pensioni. Un qualsiasi aumento retributivo produce aumento anche sulla pensione e sulla liquidazione. Gli effetti dell'aumento sono più consistenti per coloro che si trovano nel sistema retributivo o in quello misto; sono più modesti per coloro che si trovano nel sistema contributivo. Per gli anni oltre i 40 di contribuzione maturata, i contributi pagati non servono per il soggetto, avendo questi raggiunto il massimo dei contributi annui utili ai fini della pensione. I contributi che si continua a versare hanno solo scopo sociale. Continuano però ad essere utilizzati per intero ai fini della liquidazione, che verrà calcolata su un numero di anni superiore ai 40 maturati ai fini pensione. Gli aumenti retributivi attribuiti dopo i 40 anni di contributi versati, servono al calcolo della pensione, una quota della quale è calcolata sull'ultima retribuzione in godimento prima del pensionamento. Ovviamente più alta è quest'ultima retribuzione, maggiore sarà la pensione attribuita. Pertanto gli aumenti ISTAT annuali e gli aumenti automatici biennali, contano. Più se ne maturano più alta sarà la pensione. I contributi versati oltre i 40 anni sono compensati ampiamente dalla pensione più alta. Il vantaggio, invece, ai fini della liquidazione è totale, essendo calcolata non solo sull'ultima retribuzione, ma anche sul numero complessivo degli anni di contribuzione. Nell'attuale situazione economica è illusorio pensare di avere aumenti retributivi. Al più si potranno avere applicazioni forzose una tantum di prelievi sulla retribuzione, come è già avvenuto. Cordialmente
Alberto
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Nomina membro interno commissione concorso associato

Caro prof. Pagliarini,
nella mia facoltà tra poco si dovrà nominare il membro interno di un concorso da associato della seconda sessione 2008. La legge 1/2009 (Gelmini) dice che il membro interno deve essere un ordinario nominato dalla facoltà. Alcuni ritengono che per questa nomina la facoltà debba essere ristretta ai soli straordinari e ordinari. Le risulta che sia corretto dal punto divista normativo? Io personalmente penso di no, non riesco a capire quale sia la giustificazione normativa. Mi farebbe molto piacere sapere quale è la sua opinione in merito,vista la sua grande esperienza giuridica e la sua conoscenza della normativa universitaria.
La ringrazio molto per il servizio estremamente importante che dà alla comunità accademica. Cordialmente,
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Caro collega prima della legge 1/2009 il membro interno poteva essere ordinario o associato e per la nomina votavano ordinari ed associati della Facoltà. La nuova legge ha ristretto la possibilità di nomina solo agli ordinari e, conseguentemente, ritengo abbia ristretto la votazione solo agli ordinari, cosicché elettorato attivo e passivo coincidano come accade per tutte le questioni che investono solo professori ordinari.
cordialmente
Alberto Pagliarini