sabato 7 febbraio 2009

opzione legge 230/05

Caro Professor Pagliarini,
alcune settimane fa le avevo chiesto un parere circa l'interpretazione relativa all'età di pensionamento prevista dalla legge 230 così come può desumersi dalla lettera che le invio in allegato. La mia Università (Genova) ha interpretato diversamente e ritiene che anche chi ha optato per lo stato giuridico Moratti debba fare domanda per il biennio aggiuntivo. A me sembra piuttosto convincente la tesi contenuta nell'allegato, ma non ho alcuna competenza specifica in materia. Attendo quindi con particolare interesse la Sua di interpretazioni. Intanto un saluto molto cordiale
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caro collega
L'università Federico II di Napoli ha, a mio avviso, correttamente interpretato e applicato la legge Moratti e la normativa, anche recente, vigente in materia di età pensionabile e di possibile proroga in ruolo di 2 anni. Una qualsiasi altra interpretazione può produrre illecite concessioni di diritti non previsti dalle leggi vigenti, o privare gli interessati di diritti fissati dalle stesse leggi. Un collega mi ha scritto informamdomi che la sua sede non accetta le domande di opzione alla legge Moratti, perché ritenuta non applicabile in quanto priva di alcuni decreti attuativi. In quella sede, quindi, nessun docente è stato inquadrato in conformità della predetta legge Moratti. Questa legge, come tutte le altre leggi dello Stato, termina con la solita frase "E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato". Per quella sede universitaria questo obbligo non c'è, per quella sede la legge è come se non fosse stata pubblicata sulla G.U. della Repubblica. Quella università si comporta come una repubblica universitaria autonoma e toglie ai propri docenti diritti concessi da una legge. Di contro, la sede di Genova, per quanto dice, consente l'opzione per la legge Moratti, per cui l'età pensionabile per i professori ordinari ed associati è fissata al compimento del 70° anno, comprensiva del fuori ruolo e dei due anni di proroga (in pratica la legge ha eliminato il fuori ruolo e i due anni di proroga, fissando una età pensionabile unica per tutti i professori inquadrati secondo quella legge). Però quella stessa sede va oltre la legge e consente a coloro che hanno optato per questa legge, di far domanda per la proroga in ruolo di due anni, oggi non più concessa obbligatoriamente, a domanda, ma facoltativamente. In tal modo l'università si è sostituita al legislatore concedendo un diritto non concesso dallo stesso legislatore, con evidente abuso di potere. In questa babele normativo-applicativa non ha alcun senso parlare di stato giuridico. Di fatto, non esiste più! Perché, quanto evidenziato sopra per questa specifica questione, succede per tante altre questioni che investono i diritti e i doveri dei docenti, ormai diversi da sede a sede, con riflessi anche sulla retribuzione non più uguale per tutti, a parità di qualifica, di funzioni e di anzianità di ruolo. Per questo continuo a dire da anni, si abbia il coraggio di dare piena autonomia a ciascuna sede, eliminando lo stato giuridico, il ruolo, i concorsi, l'anacronistico e inutile valore legale del titolo di studio, la cui eliminazione fu propugnata da Luigi Einaudi ma rimase solo nelle sue "Prediche inutili". Come ho scritto altre volte, qualsiasi riforma che non attui la predetta necessaria rivoluzione è destinata ad essere solo un "restyling di facciata" che non intacca e modifica i mali e gli sprechi dell'attuale università degradata. cordialmente
Alberto Pagliarini

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