Egregio professor Pagliarini,
ho già avuto modo di avvantaggiarmi delle Sue preziose e autorevoli consulenze, per le quali Le sono molto grata.Il suo parere circa il godimento del periodo di prova è stato dirimente, al punto che ha convinto la Provincia Autonoma di Trento a modificare i contenuti dell'articolo del contratto collettivo provinciale del comparto scuola. In prima istanza, infatti, mi si era negato tout court il diritto al periodo di prova, chiedendomi di licenziarmi (benché in servizio con contratto a tempo indeterminato); in una seconda fase, si è inteso limitare il periodo di prova a un anno; infine, la decisione di modificare il comma in oggetto nei seguenti termini:Articolo 14 (Aspettativa per motivi di famiglia, di lavoro, personali e di studio), Comma 3 bis: "Il dipendente già in servizio presso l’Amministrazione provinciale da almeno 4 anni, vincitore di concorso presso altra area contrattuale, comparto o altra pubblica Amministrazione, ha diritto alla conservazione del posto, senza retribuzione e decorrenza dell’anzianità, per la durata del periodo di prova” (Accordo provinciale concernente il biennio economico 2008-2009 e norme sulla parte giuridica 2006-2009 del Comparto Scuola – Area del personale docente e delle scuole ed istituti di istruzione elementare e secondaria della Provincia Autonoma di Trento).E' stata un'esperienza, questa con la burocrazia scolastica, frustrante; ma nello stesso tempo per questa via ho scoperto l'esistenza di interlocutori come Lei, che mettono a disposizione competenze, tempo e energie, consentendo a chi come me vaga senza bussole nel ginepraio di recuperare il buon umore! Grazie.E oggi sono ancora ad affidarmi a Lei in relazione a una questione sulla quale ricevo risposte contradditorie. Si tratta di questo: nel momento in cui ho assunto il servizio all'Università (Università degli Studi di Trento, Facoltà di Sociologia) come ricercatrice in Storia moderna, a scuola lavoravo a tempo ridotto, in part-time (chiesto e ottenuto per ragioni di studio). Una volta ottenuta la certificazione relativa alla ricostruzione della carriera come insegnante, ho chiesto agli Uffici competenti dell'Ateneo se vi fossero gli estremi per godere dell'assegno ad personam, anche sulla base della 'consulenza' informale di amici avvocati, secondo i quali l'assegno andrebbe calcolato non sulla base del mero cedolino e della retribuzione in part-time, ma sulla base della mia 'carriera' e della mia posizione nel momento del passaggio all'Università. Insomma, dovrei usufruire dell'assegno calcolato sul tempo pieno e non sulla 'contingenza' del part-time. Diversamente, gli uffici di Ateneo (che ammettono di non aver precedenti in questo senso) hanno proceduto al computo sulla base dello stipendio in part-time, così che lo stipendio come ricercatrice supera quello precedente. Ora mi chiedo e Le chiedo: chi ha ragione? Qual è effettivamente la ratio dell'assegno ad personam? Sarebbe per me un sollievo potermi ancora appoggiare a Lei.Con gratitudine e stima, Le invio i miei più cordiali saluti,
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gentile dottoressa
il legislatore ha previsto la concessione dell'assegno ad personam per evitare una diminuzione retributiva nel passaggio da una ad altra carriera, nel rispetto del principio della "non refomatio in pejus". Ovviamente vanno comparate le reali retribuzioni nella vecchia e nella nuova posizione giuridica, confrontando i cedolini stipendiali dell'una e dell'altra. L'ufficio non poteva fare diversamente. cordialmente
Alberto Pagliarini
sabato 23 maggio 2009
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