domenica 28 febbraio 2010

congedo per motivi di studio con o senza assegni

Caro Prof. Pagliarini,

le scrivo in merito a un congedo per motivi di studio per eccezionali e
giustificate ragioni di studio o di ricerca scientifica che richiedano la permanenza all'estero ai sensi dell’art. 10 della Legge 311/1958.

Consideri che sono un professore associato. Gli uffici preposti della mia
università sostengono che durante tale periodo viene mantenuto il trattamento economico a condizione che l’interessato non fruisca ad altro titolo di assegni in misura corrispondente al trattamento economico in godimento.
A me questa cosa non torna, pensavo che questo limite si applicasse solo ai
ricercatori ai sensi dell'art. 8 della Legge 349/1958 e che non si applicasse ai
professori.

L'ufficio sostiene che esiste questa stessa disposizione anche per i
professori (l'ha confermato di fronte a me il capo ufficio) anche se non sono in grado di dirmi qual è il riferimento normativo.
Dicono che hanno fatto sempre così anche se non riescono a ricordare nessun
caso di professore in congedo senza assegni a causa di questa disposizione. Ma che comunque sono sicuri che è così.

Volevo chiedere il suo aiuto. Hanno ragione i funzionari della mia
università? Esiste un limite che si applica ai professori in congedo ai sensi dell'art. 10 della Legge 311/1958 e che impone di andare in congedo senza assegni se il limite è superato?

La ringrazio molto per la sua rubrica "L'esperto risponde", è un aiuto molto
importante all'intera comunità.

Cordiali saluti,

xxxxxxxxxxxxxxxxxxx

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caro collega
le copio in calce la risposta da me data ad una funzionaria
della divisione docenti di una sede. La questione riguardava un ricercatore
ma vale anche per i professori di ruolo. Nei regolamenti di diversi atenei
sono riportate le norme e le procedure per ottenere un congedo per motivi di
studio e lo schema di domanda da presentare. Hanno ragione i funzionari,
l'art. 10 della legge 311/1958 si applica a tutti. Cordialmente
Alberto Pagliarini




Gent.le prof. Pagliarini,

le scrivo in merito al congedo per motivi di studio dei ricercatori ai sensi
dell’art. 8 della Legge 349/1958.

La norma stabilisce che durante tale periodo viene mantenuto il trattamento
economico, compatibile anche con borse di studio o premi, a condizione che l’interessato non fruisca ad altro titolo di assegni in misura corrispondente al
trattamento economico in godimento.

Qual è la sua opinione nel caso di una borsa di importo inferiore di una
ventina di Euro allo stipendio di un nostro ricercatore?

Applicando la ratio della norma dovremmo collocare l’interessato in congedo
di studio senza assegni in quando percepirà emolumenti in misura
corrispondente; d’altro canto lo stipendio percepito attualmente è però di
poco superiore.

Nell’attesa di suo gentile riscontro, cordialmente la saluto.

xxxxxxxxxxxxxxxxxx



UNIVERSITA' DEGLI STUDI DELL'INSUBRIA
SETTORE PROFESSORI E RICERCATORI
Ufficio Gestione Carriere


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Gentile Sig.ra Funzionaria

lo spirito e la ratio della norma tendono ad evitare che il ricercatore in
congedo per motivi di studio aggiunga agli assegni corrisposti
dall'amministrazione di appartenenza, una borsa di studio o un premio in
misura "corrispondente al trattamento economico in godimento". La locuzione
"corrispondente" usata dal legislatore va intesa, a mio avviso, nel senso
che il compenso aggiuntivo non deve essere uguale o superiore a quello in
godimento, nel qual caso scatta l'incompatibilità tra compenso aggiuntivo e
trattamento economico che, pertanto, non può continuare ad essere erogato
dall'amministrazione di appartenenza. Per ciò stesso consegue che
l'incompatibilità non sussiste in casi diversi. Ove l'incompatibilità fosse
estesa discrezionalmente anche a casi diversi da quello richiamato,
conseguirebbe un danno economico, più o meno grande o più o meno piccolo, ma
sempre danno, per il ricercatore posto in congedo per motivi di studio. Se,
come spesso accade, il ricercatore utilizza il periodo di congedo
all'estero, con spese aggiuntive rilevanti rispetto a quelle sopportate
nella sua sede, l'incompatibilità con effetti di riduzione del trattamento
economico complessivo, potrebbe non consentire l'attuazione del programma di
studio da realizzare all'estero o in sede italiana diversa da quella di
appartenenza. Il caso da lei segnalato è un caso limite ma rientra, pur
sempre, nelle predette considerazioni di ratio della norma, che, in
conseguenza, deve essere sganciata da ogni discrezionalità interpretativa.

Cordialmente

Alberto Pagliarini

domenica 21 febbraio 2010

ancora sul riconoscimento degli assegni di ricerca

Gentilissimo Professor Pagliarini,
sono una ricercatrice confermata dell'Università di Napoli Federico
II. Ho da poco ricevuto il diniego definitivo sul riconoscimento dei
miei tre anni di assegno di ricerca. Alla richiesta presentata al
Rettore avevo accluso tutta la documentazione reperita grazie al Suo
prezioso lavoro (elenco sedi che riconoscono, parere CUN 2005, nota
IGOP 2006, nota INPDAP, circolare Rettore di Verona, parere Dip.
Funzione Pubblica 2008).
Ora, mio malgrado, non mi resta che rivolgermi ad un avvocato.
Alla ricerca di nuovi documenti e/o informazioni, ho letto nella Sua
mail di sabato 11 aprile 2010, il riferimento ad un parere favorevole
espresso dall'Avvocatura di Pisa che, però, non sono riuscita a
reperire nonostante abbia spulciato tutte le Sue risposte su
"L'esperto risponde" fino al marzo 2007. Potrebbe aiutarmi?
Ogni consiglio, inoltre, sarebbe prezioso.
La ringrazio sentitamente,
xxxxxxxxxxxxxxx



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gentile dottoressa
ormai quasi tutte le sedi riconoscono gli assegni di ricerca nella
ricostruzione di carriera. Poche sedi ancora non lo riconoscono, tra queste
Foggia, Napoli Federico II e Bari che ha rinviato il riconoscimento degli
assegni per difficoltà finanziarie contingenti. Credo che il motivo di
rinvio della sede di Bari sia anche quello del non riconoscimento adottato
da altre sedi che evitano, in tal modo, di far crescere la spesa per il
personale docente. Non è questa una valida e accettabile giustificazione.
Occorre insistere e, extrema ratio, adire le vie legali. Per questo, prima
di adire le vie legali sarebbe preferibile scrivere al rettore evidenziando
che lo stato giuridico dei docenti è unico e valido in tutte le sedi.
Pertanto non può esserci un trattamento di riconoscimento di diritti
ritenuto valido in quasi tutte le sedi e non valido solo in alcune.
Significhi al rettore che perdurando il non riconoscimento del diritto,
peraltro riconosciuto da tanti organismi ministeriali e di enti, sarà
costretta ad adire le vie legali. In mancanza di risposta o di risposta
negativa, faccia scrivere da un legale. Per quanto attiene il parere
favorevole espresso all'università di Pisa dall'Avvocatura dello Stato, non
ho la nota dell'avvocatura ma la risposta datami da un funzionario di quella
sede. La copio in calce. Potrà eventualmente richiederla direttamente al
funzionario di Pisa. Cordialmente
Alberto Pagliarini

risposta del funzionario di Pisa

al fine di dirimere il dubbio relativo alla valutabilità, al fine
della ricostruzione della carriera dei ricercatori confermati, degli
assegni di ricerca di cui all'articolo 51, comma VI, della legge 449/1997,
questo Ateneo ha ritenuto opportuno chiedere un parere all'Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Firenze.

In tale parere, pervenuto in data 8.3.2004, l'organo consultato si è
espresso favorevolmente in merito alla riconoscibilità di tali
assegni, ritenendo di poterli assimilare ai servizi di cui alla lettera e)
dell'articolo 7 della legge 28/1980 ("titolari di borse o assegni, di
formazione o addestramento scientifico e didattico ..."), a condizione
che l'assegnazione si sia svolta secondo criteri di pubblicità e
valutazione comparativa, che costituiscono l'essenza del pubblico
concorso.

Poiché il rispetto di tali criteri è espressamente previsto dalla
norma istitutiva, questa Università ha recepito il parere favorevole
espresso dall'Avvocatura e riconosce, al fine della ricostruzione della
carriera dei ricercatori confermati, i periodi di servizio da essi svolti
fruendo di assegni per la collaborazione ad attività di ricerca.

Spero che quanto detto possa esserle utile.

In caso di ulteriore necessità non esiti a ricontattarmi.

Cordiali saluti.



Paolo Rotelli

Università di Pisa

Area Reclutamento e Amministrazione del Personale

Unità Amministrazione Personale Docente

Telefono: 050/2212194 - Fax: 050/2212156 - Lungarno Pacinotti 43/44,

56126

Pisa

sabato 13 febbraio 2010

assegni di ricerca e ricostruzione di carriera

Egregio Prof. Pagliarini,
solo da pochissimo ho scoperto la sua preziosa rubrica "l'esperto risponde" e trovo estremamente utile il servizio che Lei fornisce a tutti noi. Grazie mille!
Avrei anch'io da sottoporLe dei quesiti.
In seguito alla ricostruzione di carriera in qualità di Professore Associato Confermato presso l'Ateneo xxxxxxxxxxxxx, ho avuto rigetto definitivo (nonostante mie opportune considerazioni presentate per iscritto entro 10 giorni dal preavviso)dell'istanza di riconoscimento dei servizi prestati come:
a) assegnista di ricerca,
b) contrattista di ricerca per 3 volte nell'ambito della realizzazione del Parco Scientiifico e Tecnologico (P.S.T.) dell'area Metropolitana di Napoli-D.M. MURST del 25/3/94
c) borsista post-dottorato.
-Riguardo all'assegno, non sembra che ci sia una richiesta da parte del nostro Rettore al MIUR per il riconoscimento. Come dovrei regolarmi?
-Nel caso dei 3 contratti, secondo Lei rientrerei nella posizione e) dell' art. l'art. 7 della L. 21 febbraio 1980, n. 28?
-Per un eventuale ricorso collettivo per il riconoscimento della borsa post-dottorato, un nostro sindacato locale potrebbe fare riferimento a qualche sede che ha già in corso tale procedura?

Cordialmente,

xxxxxxxxxxxxxxxxxxx

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caro collega
in molte sedi gli assegni di ricerca sono ormai riconoscuti nella ricostruzione di carriera di tutti i docenti: ricercatori, associati, ordinari. La sua sede è una delle poche che non si è adeguata alle altre. Le copio in calce lo schema di circolare che diversi rettori hanno inviato ai docenti della sede informandoli del riconoscimento dell'assegno e invitando gli interessati a far domanda. Parli con l'ufficio preposto e consegni una copia della circolare. Scriva anche al rettore chiedendo il riconoscimento dell'assegno di ricerca già riconosciuto in tante altre sedi per i pareri favorevoli espressi riportati nella circolare predetta.. Per le borse di studio post dottorato nessuna sede ancora le riconosce ma in qualche sede è stato fatto un quesito al MIUR. I contratti non rientrano tra i titoli elencati nella lettera e) dell'art. 7 della legge 28/80. Cordialmente
Alberto Pagliarini


.
Ai Professotri e Ricercatori universitari

LORO SEDI







OGGETTO: Riconoscimento ed equiparazione di servizi pre-ruolo dei docenti universitari

(art.103 D.P.R. 382/1980): Assegni di ricerca ex art. 51 comma 6 Legge 449/1997.







L'art.103 del D.P.R. 11/7/1980 n. 382, nello specificare la disciplina relativa al riconoscimento ed equiparazione di servizi ai fini della ricostruzione di carriera dei professori e ricercatori universitari all'atto della conferma in ruolo, ha previsto la valutazione, oltre ai servizi prestati in qualità di professore universitario, di ricercatore o assistente, nonché del servizio prestato in una delle figure previste dall'art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28 e in particolare, tra le altre:




titolare di assegni biennali di formazione scientifica e didattica di cui all'rt. 6 del D.L. 10 ottobre 1973, n. 380, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1973, n. 766;

titolare di borse o assegni di formazione o addestramento scientifico e didattico o comunque denominati, purché finalizzati agli scopi predetti, istituiti sui fondi destinati dai consigli di amministrazione sui bilanci universitari, anche se provenienti da donazioni o da contratti o da convenzioni con enti o con privati, ed assegnati con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso.




Questa Amministrazione, dopo aver operato una attenta valutazione della possibilità di comprendere nelle predette figure i titolari degli Assegni di ricerca disciplinati dall'art. 51 comma 6 della Legge 449/1997 e tenuto conto del parere favorevole espresso dal CUN in risposta ad un quesito nella sessione del 14 e 15 /9/2005, del parere favorevole espresso dal Ministero dell'Economia e della Finanze – Dipartimento per la Ragioneria Generale dello Stato – I.G.O.P. con nota del 17 ottobre 2006, nonché del parere espresso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica – con nota del 26/11/2008, ritiene di attivare le procedure di riconoscimento dei predetti servizi pre-ruolo nell'ambito delle ricostruzioni di carriera di cui all'art. 103 del D.P.R. 382/1980, nella misura di 1/3 per i professori ordinari, di ½ per i professori associati e di 2/3 per i ricercatori confermati, nella misura massima di complessivi 8 anni.




Si invitano, pertanto, i professori ordinari, i professori associati confermati e i ricercatori confermati che hanno già fruito dell'applicazione dell'art. 103 del D.P.R. 382/1980 per un periodo complessivo di servizio pre-ruolo inferiore a 8 anni, a presentare domanda di riconoscimento del servizio prestato in qualità di Assegnista di ricerca ai sensi della Legge 449/1997 utilizzando il modulo qui accluso ed allegando la relativa documentazione.




Cordiali saluti




IL RETTORE

sulla convenienza dei riscatti pre ruolo

Mi permetto di disturbarla su indicazione del collega Roberto Cagliano Candela al quale avevo prospettato dei dubbi riguardo all'opportunità di continuare a pagare il riscatto, ai fini della pensione, di taluni anni di dottorato e di borsa di studio CNR. Le fornisco qualche ragguaglio sulla mia situazione. Ho attualmente 49 anni. Ho preso servizio come ricercatore il 2 febbraio 1993 e come professore associato il 16 giugno 2001. Ho già effettuato il riscatto, ai fini pensionistici, dei 4 anni della laurea in Giurisprudenza. Ho quindi, attualmente, 21 anni di servizio (compresi i 4 di laurea). Ho chiesto il riscatto ai fini della pensione dei 3 anni di dottorato di ricerca e dei 2 anni di borsa di studio CNR quando ero già associato. L'importo da pagare per riscattare questi 5 anni è di euro 42243,08 da pagare in 60 rate mensili di euro 706,04. All'ufficio assistenza fiscale dell'Università mi hanno calcolato un risparmio fiscale totale di euro 16897,52 e un risparmio mensile, sempre in ragione delle detrazioni fiscali, di euro 281,62 che in realtà come risulta dallo stipendio di gennaio è di euro 267,52 (ho cominciato a pagare a dicembre 2009). In sostanza mi trovo in meno nello stipendio, almeno per ora, 436,54 euro al mese. Questi 5 anni di riscatto andrebbero a confluire nel sistema retributivo perchè riguardano gli anni 1985-1988, 1990-1992. Comunque, anche con questi 5 anni non raggiungo i 18 anni per essere assoggettata al sistema retributivo (in tutto avrei, con questo riscatto, 11 anni e 11 mesi) e quindi, allo stato attuale, sono sottoposta al sistema misto. All'ufficio assitenza fiscale dell'Univerisità mi avevano sconsigliato di riscattare solo il dottorato di ricerca o solo il CNR perchè, nel primo caso l'importo mensile era altissiomo (36 rate da 1009,66 euro al mese) e, nel secondo caso, il vantaggio sarebbe stato irrisorio. In conclusione, poichè il provvedimento mi è stato comunicato nel periodo estivo e con poco margine per prendere una decisione ponderata, mi viene il dubbio di aver fatto un errore, dato che la cifra da pagare è comunque molto alta. Mi hanno anche detto che, comunque, posso interrompere il pagamento quando voglio, venendo conteggiati, in questo caso, solo i periodi per i quali i pagamenti sono stati effettuati Mi rendo conto che è difficilissimo poter fare previsioni future, dato il tempo che comunque mi seoara dalla pensione e data anche l'incertezza legislativa in materia, ma mi pare che se l'età pensionabile dei professori universitari resta fissata a 70 anni e - sempre che io viva fino ad allora e non voglia andare in pensione prima - il pagamento di questi importi finisce nel nulla. All'ufficio pensioni dell'Università hanno rimarcato che questi 5 anni andrebbero, come già detto, nel sistema retributivo, ma ho il dubbio che - ripeto, a parte le difficoltà di poter individuare "ora per allora" l'importo di una pensione futura - ciò si risolverebbe in poca cosa. Può aiutarmi a chiarire questi dubbi, posto che, ovviamente la responsabilità della decisione finale è solo mia? La ringrazio comunque moltissimo anche solo per aver avuto la pazienza di leggermi. Un cordiale saluto
xxxxxxxxxxxxxxxxx

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gentile collega
le informazioni fornitele dagli uffici sono esatte. Qualche altra considerazione si può aggiungere in base ai suoi dati anagrafici e all'età di pensionabilità dei professori associati attuale, salvo modfiche legislative future. Attualmente i professori associati vanno in pensione a 65 anni, essendo stato eliminato il fuori ruolo opzionale. Possono andare in pensione a 67 se l'amministrazione concede i due anni di proroga in ruolo, cosa difficile per l'amministrazone di Bari in disastrata situazione finanziaria. La concessione è data sicuramente ai professori responsabili di un progetto internazionale di ricerca. Nell'ipotesi, quindi, che vada in pensione a 65 anni, tenendo conto dei suoi attuali 49 anni, restano da fare 16 anni di servizio che sommati ai 21 già maturati, comprensivi degli anni di laurea riscattati, portano a 37 anni di contributi validi ai fini della pensione. In questa situazione il riscatto dei 3 anni di dottorato consente di raggiungere esattamente i 40 anni di servizio per avere il massimo della pensione. Per gli anni successivi ai 40 i contributi versati hanno solo scopo sociale non essendo utilizzabili dal soggetto. I 2 anni di borsa di studio CNR potrebbero servire solo nell'ipotesi di voler andar via 2 anni prima dei 65 di età anagrafica e potrebbero servire ad aumentare il numero degli anni di servizio utili ai fini pensione anche nel caso in cui dovesse decidere di pensionarsi prima dei 63 anni anagrafici. Escludendo quest'ultima ipotesi il riscatto dei due anni di borsa è del tutto inutile. Occorre precisare che se ha optato, o ha intenzione di optare, per lo stato giuridico fissato dalla legge Moratti, legge 230/05, l'età pensionabile è di 70 anni o 68, secondo che la sede consideri inclusi i due anni di proroga che ha deciso di concedere o non concedere. In tal caso non servirebbero neppure i tre anni di dottorato, se la pensione è a 70 anni, o ne servirebbero solo 2 se la pensione è a 68 anni. Infine, riscattando i 3 anni di dottorato cresce di 3 il numero degli anni antecedenti il 1996 sui quali si calcola la pensione, quota A, con il metodo retributivo, più vantaggioso di quello contributivo che si applica per gli anni di servizio dal 1966 sino al pensionamento. Con queste considerazioni aggiuntive a quelle fornite dagli uffici ritengo possa più accortamente assumere una decisione. Cordialmente
Alberto Pagliarini

sabato 6 febbraio 2010

compatibilità per un ricercatore a contratto

Caro Professor Pagliarini,
innanzitutto buon anno!
Ecco il mio quesito: puo' un ricercatore a tempo determinato partecipare, in corso di servizio, ad una valutazione comparativa per RU sullo stesso settore, o un settore affine, avendo presentato domanda prima di essere assunto dall'ateneo presso cui ora presta servizio con contratto di diritto privato?
In caso positivo, qualora vincesse il concorso per RU, costituirebbe quest'evento una giusta causa per la rescissione del suo attuale contratto di lavoro in favore dell'assunzione a tempo indeterminato?
Cordialmente,
xxxxxxxxxxxxx


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caro dottore
ringrazio per gli auguri e li ricambio. Ritengo possibile partecipare al concorso per RU e in caso di vincita dimettersi con rescissione del contratto in corso. Cordialmente
Alberto Pagliarini

assegno ad personam riassorbimento e ricupero compensi erogati

Chiarissimo Professore Pagliarini,
sottopongo alla Sua cortese attezione un problema che rappresenta un nuovo modo di procedere del nostro Ateneo.
Tre anni orsono ho vinto un concorso di ricercatore all'Università di xxxxxxxxxx e nell'inquadrarmi nel ruolo l'Amministrazione universitaria mi ha riconosciuto un "assegno ad personam", riassorbibile, integrativo della differenza tra il vecchio trattamento economico (ero e sono responsabile di struttura complessa di una Azienda Ospedaliera Universitaria) ed il nuovo stipendio di ricercatore non confermato, fissato in € 42.517,11 a decorrere dall'1 marzo 2006. Il 28 ottobre mi ha scritto l'Amministrazione che secondo il disposto del 5° comma dell'art. 8 della legge 370/99, che prevede il riassorbimento dell'assegno personale anche per effetto dell'incremento di retribuzione di Dirigente medico, l'assegno ad personam è stato già completamente riassorbito. Mai prima l'Università aveva inciso sulla quota aziendale. Infatti gli aumenti contrattuali che l'Amministrazione dell'Azienda mi ha riconosciuto sono in adempimento all'applicazione dei protocolli d'intesa tra la Regione Siciliana. Mi chiedono altresì la restituzione di € 63.947,50 al lordo perchè indebitamente a me erogate per "difetto di comunicazione" (così è stata la spiegazione verbale) tra gli Uffici dell'Azienda e dell'Ateneo".
Premesso che mai finora si era verificato che la quota universitaria fosse riassorbita utilizzando quella per il servizio reso all'Azienda, i rispettivi Uffici da me interpellati mi rimandano ognuno al corrispondente dell'altra Amministrazione. Pertanto Le chiedo cortesemente un chiarimento su questi punti:
1. E' possibile che una Amministrazione utilizzi il rapporto di lavoro dell'altra? e chi sceglie di esercitare in libera professione nel proprio studio e, non in rapporto aziendale come il sottoscritto, come fa l'Amministrazione dell'Ateneo ad incidere sui ricavi da attività privata? E' possibile quindi che ci sia una difformità di trattamento tra figure uguali?
2. Per effetto della riduzione del trattamento economico ospedaliero di fatto percepirei meno dei miei colleghi pari grado. E' possibile questo? Si verrebbe a creare la situazione paradossale che l'Azienda, dopo avere aggiornato il mio stipendio, poi assorbito dall'Università, debba riconoscermi un assegno integrativo per compensare quello che mi è stato sottratto, pagando così di fatto due volte.
3. Per qunto riguarda la restituzione, l'entità di quanto mi è stato erroneamente erogato - se così fosse - è tale che andrebbe ad incidere in maniera esageratamente negativa sul mio trattamento economico futuro, per cui ne avrei un danno grave. Se nel riscuotere non c'è problema nell'esborso, sì. Di fatto l'Università per tre anni mi ha erogato molto più di quanto avrei dovuto ricevere, sì che ha modificato il mio tenore di vita ponendolo ad un livello a me non spettante, sicchè la conseguenete restituzione mi porterebbe a livelli addirittura inferiori a quelli che avrei avuto senza assegno ad personam (anche questo un paradosso). Che fare?

La ringrazio per l'attenzione e spero che il nuovo anno porti tanta serenità a partire da un buon chiarimento.

Grazie,
xxxxxxxxxxxxxxxx


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caro dottore
il comma 5 della legge 370/99 consente all'amministrazione universitaria di attribuire un assegno ad personam, riassorbibile con i futuri miglioramenti economici, ad un docente che entra in un ruolo della docenza provenendo da altra amministrazione. La retribuzione aggiuntiva ad un docente di medicina che presta attivita' assistenziale convenzionata e' corrisposta dall'universita' su un fondo all'uopo fornito dall'AOU. Per l'amministrazione e', pertanto, un miglioramento retributivo della retribuzione complessiva corrisposta al docente e' puo' utilizzare anche l'aumento della stessa, ai fini del riassorbimento dell'assegno ad personam. Ho scritto puo' perche' la scelta e' discrezionale, potendo l'amministrazione limitarsi a riassorbire solo gli aumenti automatici biennali. Ove l'amministrazione decida di riassorbire anche l'aumento della retribuzione aggiuntiva, non ha alcun obbligo di darne comunicazione all'AOU. Per la restituzione di quanto corrisposto erroneamente in piu' puo' scrivere al rettore e chiedere la massima dilazione temporale per evitarle una eccessiva riduzione della retribuzione complessiva che le intaccherebbe il tenore di vita. In genere l'amministrazione concede una piu' lunga rateizzazione. Cordialmente
Alberto Pagliarini

sulla idoneità. la chiamata e l'assunzione in servizio

Chiarissimo Prof. Pagliarini,
leggendo la sua rubrica non ho trovato la risposta ad un quesito che
potrebbe interessare numerosi colleghi in vista dei prossimi concorsi di I
e II fascia relativi alla I sessione 2008, alla luce dei limiti
attualmente imposti al turn over.
Esiste una differenza tra la chiamata da parte di una Facoltà e la presa
di servizio? La legge n. 1 del 2009, all'art. 3, individua i limiti alle
"assunzioni" dei docenti. Che cosa si intende per "assunzione"? Ci si
riferisce alla sola presa di servizio (cioé l'effettiva assunzione) o
anche alla "chiamata" da parte della Facoltà? Molti uffici di diverse
università ritengono che la Facoltà abbia il dovere di chiamare un idoneo
entro 60 gg dall'approvazione degli atti del concorso, salvo poi
sottostare alle regole del turn over per la presa di servizio. E quindi
tracciano una netta differenza tra chiamata e presa di servizio. La
chiamata interrompe il decorso del termine dell'idoneità? In altri
termini, la chiamata determina un mutamento di status rispetto all'idoneo,
creando una posizione giuridica autonoma e più forte? E il chiamato che
non avesse ancora preso servizio potrebbe fregiarsi del titolo di
associato non confermato o di straordinario?
La ringrazio per il prezioso servizio che rende a tutti noi e Le invio i
più cordiali auguri di Buone Feste.

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caro collega
la chiamata della Facolta' e' il primo atto della procedura di assunzione di un docente. La chiamata non da' diritto a fregiarsi del titolo di professore, connesso al ruolo, sino a quando non sia avvenuta la presa di servizio nel ruolo. Per il completamento della procedura di assunzione occorre, dopo la chiamata della facolta', il decreto rettorale di nomina, il telegramma o la lettera di accettazione, la presa effettiva di servizio e la comunicazione del preside di facolta' al rettore dell'avvenuta assunzione. Per quanto attiene l'idoneita', alcune sedi la ritengono terminata con la chiamata della facolta', altre con la effettiva assunzione. Considerata l'autonomia delle sedi, entrambe le interpretazioni possono essere considerate valide. Cordialmente
Alberto Pagliarini

sulla concessione di due anni di proroga in ruolo

Caro Alberto, sono un PO che ha fatto ricorso
per rimanere in servizio ancora per due anni
presso il mio Ateneo (compio 70 anni il prossimo
aprile ) . L'avvocato a cui mi sono rivolto nel
giugno scorso, ha preferito farmi fare ricorso
alla Presidenza della Repubblica,invece che al
TAR emiliano . Altri PO , hanno avuto ragione dal
TAR e successivamente dal Consiglio di Stato a
cui si era rivolta l'Universita'. Con una nuova
delibera del Senato Accademico molto restrittiva
, questi Colleghi sono stati costretti a fare un
contro ricorso con ulteriore esborso per parcelle
e spese legali.
Il mio percorso ,mi si dice, è molto piu' lungo.
So che altri Atenei hanno accettato la sentenza
del TAR senza appellarsi al Consiglio di Stato.
Mi sai spiegare questi diversi comportamenti tra
Atenei verso i ricorrenti. Ed io sono stato
consigliato bene dal mio avvocato? Grazie come
sempre dell'attenzione. Cordiali saluti
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx


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caro Roberto
la questione della concessione o no della proroga in ruolo di due anni è
stata condizionata, in molte sedi, dalla disastrata situazione finanziaria
d'Ateneo. Per realizzare economie di spesa sul capitolo personale docente,
diverse sedi hanno assunto la decisione di non concedere i due anni di
proroga senza attenersi alla norma che consente la discrezionalità della
concessione, ma motivata dalla esistenza o no di esigenze didattiche e/o di
ricerca. In mancanza di una chiara motivazione la decisione di non
concessione è stata giustamente annullata dai TAR e dal Consiglio d Stato.
Questo è in sintesi quanto è accaduto e sta accadendo in diverse sedi sulla
predetta questione. In presenza di sentenze del TAR favorevoli ai ricorrenti
era fuor di luogo presentare un ricorso alla Presidenza della Repubblica,
allungando con ciò i tempi giudiziari per ottenere una sentenza che,
presumibilmente, sarà allineata a quelle già emesse dal TAR, avallate dal
Consiglio di Stato. Vi sono sedi che hanno continuato a concedere i due anni
di proroga in ruolo a tutti coloro che ne fanno domanda. Altre hanno
prestabilito criteri più o meno accettabili per la concessione dei due anni.
Altre hanno deciso, sbagliando, di non concedere ad alcuno i due anni di
proroga per realizzare economie di spesa utili a riportare il bilancio in
equilibrio. Queste ultime sedi, dopo le sentenze dei TAR, hanno
rideliberato sulla questione fissando criteri più o meno restrittivi per la
concessione dei due anni di proroga. Mi piacerebbe sapere la nuova decisione
assunta dal Senato accademico della tua sede che ha costretto gli
interessati a fare un ulteriore ricorso al TAR. Ti sarò grato se potrai in
qualche modo fornirmi informazioni sulla predetta decisione. Cordialmente
Alberto Pagliarini

venerdì 5 febbraio 2010

riduzione del 2,5% dello scatto biennale

Caro Pagliarini,



nel ringraziarti anticipatamente per il prezioso contributo ti pongo il seguente quesito: a marzo 2010 maturerò lo scatto biennale da associato confermato a T.P. passando da classe 6 a 7. Pertanto vorrei sapere se anche nel 2010 è prevista la decurtazione del 2.5% prevista dalla recente legge. Se sì, a Marzo 2011 recupererò il 2,5% perso nel 2010?



Un caro saluto,
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx

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caro collega

per effetto dell'art.69 della finanziaria 2008, al primo scatto biennale maturato dopo gennaio 2009 viene operata una riduzione del 2,5% sull'aumento percentuale previsto dallo scatto. Tale riduzione resta attiva per 12 mesi, allo scadere dei quali l'aumento percentuale dello scatto viene ripristinato per intero. Pertanto, a marzo 2010 ti sarà attribuito lo scatto del 5,5% invece dell'8%, appunto per la riduzione del 2,5%. A marzo 2011 sarà ripristinato lo scatto intero dell'8%

Cordialmente

Alberto Pagliarini

mercoledì 3 febbraio 2010

riconoscimento servizio militare ai fini economici e giuridici

Gentile prof. Pagliarini,

sono un ricercatore confermato dal 2005. Altre volte le ho scritto e la
ringrazio per
le sue puntuali risposte.
Mi hanno da pochi giorni riconosciuto il periodo di servizio militare (14
mesi, sono
stato un Allievo Ufficiale negli anni 1998-99). L'ufficio competente mi ha
però detto
che il riconoscimento opererà solo ai fini economici e per la
determinazione
dell'anzianità lavorativa (art. 20 Legge 24/12/1986 n°958) MA NON
giuridici. Dunque
non potrò far valer detto periodo per la progressione in carriera.
L'ufficio fa
riferimento alla sentenza della Corte dei Conti n°2049 del 29/12/1988.
Ha operato correttamente l'ufficio oppure posso far riferimento ad altre
sentenze o
norme?
La ringrazio per la Sua generosità

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caro collega
anche per il riconoscimento del servizo militare, sia ai fini economici che
giuridici, stabilito da precise norme di legge, in alcune sedi si attua la
cancellazione di un diritto, come è avvenuto per altre questioni, putroppo,
solo perché un funzionario ha mal letto e interpretato le norme in materia,
o ha inteso applicare una sentenza invece della legge. Potere della
burocrazia avallato semplicisticamente dai vertici dell'Istituzione Rettore
e Direttore amministrativo.
L'art.7 della legge 412/91 e in particolare l'art. 20 della legge 958/86
sanciscono il riconoscimento del servizio mlitare. In particolare l'art. 20
della citata legge 958/86 recita: "Il periodo di servizio militare è valido
a tutti gli effetti per l'inquadramento economico e per la determinazione
dell'anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore
pubblico."
Le sentenze non hanno forza di legge e non possono modificare una legge.
Pertanto scriva al rettore chiedendo la formale applicazione delle citate
leggi e il conseguente riconoscimento del servizio militare come recita
l'art. 20, sia per l'inquadramento economico (cioè ai fini economici), sia
per la determinazione dell'anzianità lavorativa (cioè ai fini giuridici).
diritto riconosciuto dalla legge a tutti i dipendenti del settore pubblico.
Cordialmente
Alberto Pagliarini