lunedì 26 settembre 2011

sistema contributivo o rispetto dei diritti acquisiti?

Egregio collega,
sempre grazie per la miniera di informazioni che si
ricavano dal Suo sito e dalle Sue risposte. Una domanda secca: ho
l`impressione che i nostri politici (in primis Cazzola) intendano
cancellare il comma della Legge Dini che garantisce a chi al 1995 aveva
almeno 18 anni di contribuzione l`adozione del sistema pensionistico
retributivo. Mi piacerebbe sapere se Lei ritiene costituzionale
un`operazione che intaccherebbe diritti acquisiti e che ingenererebbe
una sperequazione all`interno di una categoria comunque ad esaurimento.
Ci si potrebbe in questo caso difendere? Cosa conviene fare? Cordiali
saluti
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gentile collega
la grave crisi economico-finanziaria che incombe nel mondo, in particolare
in Italia a causa del mastodontico debito pubblico che attanaglia
il Paese, debito dovuto alle politiche economiche allegre dal 1980 ad oggi,
attuate da tutti i governi, in particolare dall'ultimo in carica
che, irresponsabilmente, ha fatto crescere il debito dal 105% al 120% del
PiI, impone decisioni rapide, impopolari, intaccando anche i cosiddetti
diritti acquisiti che, in molti casi, sono solo privilegi concessi a caste,
categorie, corporazioni, ordini, sindacati. Peraltro, le irresponsabili
politiche economiche sono state avallate dai vari Presidenti della Repubblica che hanno sempre firmato ed emanato leggi di spesa fuori bilancio approvato, in contrasto con l'art. 81 della Costituzione,venendo così meno al principio costituzionale che individua nel Presidente "il garante della Costituzione". Le leggi di spesa emanate fuori copertura di bilancio,senza alcun'altra copertura finanziaria, sono solo servite a mantenere l'occupazione del potere, da parte dei politici in carica, scaricando gli oneri sui contribuenti,non potendo lo Stato accollarseli.
Nessuno ne ha risposto e ne risponde di tali anomale procedure legislativo-finanziarie, essendo da sempre di casa, in questo Paese,la professione politica a vita, imposta dai "partiti degenerati a centri di potere e di interessi", come disse Enrico Berlinguer nel lontano 1981, ritenendo "questa la causadi tutti i mali della Nazione". Da decenni vediamo sempre le stesse facce e le stesse figure che passano da uno ad altro partito, da una ad altra carica elettiva o non, indipendentemente da quanto ciascuno ha o non ha realizzato, bene o male, a favore e vantaggio della collettività, dello sviluppo del Paese e di una sua accettabile e funzionale
organizzazione sociale. A conferma di quanto sopra si possono riportare
tanti casi: mi limito a due più evidenti e conosciuti dal gran pubblico.
Da anni tutti i governi hanno parlato di eliminazione delle Provincie. Negli
atti che hanno accompagnato il varo della Costituzione si legge il pensiero
dei costituenti che prevedeva, con il varo delle regioni, di dover rivedere
l'organizzazione dello Stato eliminando le provincie. Orbene la Lega è nata
all'insegna di diversi slogan: uno molto sbandierato è stato quello di "Roma
ladrona". In questa legislatura la Lega si è fortemente opposta non solo alla eliminazione o alla riduzione della provincie , per tutelare interessi politici di bottega, ma si è fortemente adoperata a farne nascere diverse altre, in particolare nella inesistente Padania, facendo ulteriormente crescere la spesa pubblica e, quindi, il debito pubblico. E' questo un evidente ladrocinio a carico dei
contribuenti che porta gli stessi a gridare lo slogan "Lega ladrona". In
verità, della crescita delle provincie non è responsabile solo la Lega. La
Regione autonoma Sardegna in poco tempo ne ha create altre tre, producendo
un ulteriore irresponsabile spreco di risorse pubbliche. Altro esempio. La
sovrabbondante "Casta" dei parlamentari e dei consiglieri regionali si è
autoconcessa un consistente vitalizio anche con una sola legislatura, anzi
con mezza, senza essere gravata di alcun contributo previdenziale. Evidente privilegio che è diventato diritto acquisito intoccabile, mentre, per gli stessi politici, sono diritti toccabili quelli che riguardano migliaia o milioni di cittadini che, per poterne usufruire hanno pagato regolari contributi previdenziali durante la loro vita lavorativa.
Tutto ciò ho premesso per dire che alcuni diritti acquisiti si possono
intaccare, in una situazione di quasi default per il Paese. Ma devono
essere intaccati a partire, come buon esempio responsabile, da quelli dei
politici a tutti i livelli, anche perchè sono autentici assurdi e vergognosi privilegi, non diritti acquisiti. Che ciò possa essere fatto senza intaccare lo
stato di diritto lo ha sancito anche la Consulta, in diverse sentenze,
stabilendo un principio che ho definito di "relativismo giuridico", in forza
del quale diritti concessi in passato, in situazioni sociali, economiche
nazionali e internazionali che ne consentivano la concessione, possono
essere ridotti o eliminati nel divenire del tempo e delle mutate situazioni,
nell'interesse più generale del Paese, che dovrebbe essere prevalente
rispetto a quello di singoli o di gruppi di cittadini.
Teoricamente, gentile collega, si può ricorrere al TAR paventando aspetti di
incostituzionalità non infondata. Ma le possibilità di spuntarla, a mio
avviso, sono ridotte. Comunque ritengo che per opportunismo politico, per
evitare forti reazioni sindacali porterebbero alla totale rottura di una
tregua sindacale, opportuna ed utile in siffatta difficile situazione di crisi politica e finanziaria e per evitare un forte contenzioso giudiziario, non del tutto prevedibile nei suoi esiti, sarà molto difficile, per governo e parlamento,
assumere la decisione di cancellare il sistema retributivo estendendo a
tutti i pensionati il sistema contributivo come unico sistema per il calcolo
delle pensioni. Vedremo cosa succederà.
Cordialmente
Alberto Pagliarini

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