Gentile Prof. Pagliarini,
a suo avviso un professore di prima fascia assunto ai sensi dell’art. 12 della legge 230/2005 può coordinare un corso di dottorato se il Regolamento d’Ateneo in materia lo consente?
Attendo ormai da due mesi una risposta dall’Ufficio competente del MIUR, visto che nell’anagrafe dottorati predisposta dal CINECA non mi è possibile inserire un coordinatore che rientra in questa categoria (prima fascia, ma non di ruolo).
Inoltre: l’art. 16 del DPR 382 del 1980 prevede che il coordinatore del corso di dottorato sia un professore ordinario. In seguito, il DM 224 del 1999 stabilisce semplicemente che deve essere prevista la figura del coordinatore, senza specificare la categoria di appartenenza. Molte università hanno interpretato questa norma come una apertura, consentendo la possibilità di affidare il coordinamento sia a professori di prima sia di seconda fascia, in alcuni casi perfino ai ricercatori confermati (cfr. regolamenti in materia di Trento, Padova, Bologna, Udine). Del resto, il sistema CINECA (che lavora su input del ministero) consente di registrare come coordinatore anche un professore associato. Ciò nonostante, il nostro Ufficio legale, ritiene che ci si debba attenere all’art. 16 del DPR 382 del 1980. Cosa ne pensa?
Distinti saluti
xxxxxxxxxxxx
Ufficio sviluppo
Libera Università di xxxxxxxxxx
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gentile Signora Funzionaria
l'autonomia organizzativa concessa con la legge 180/90 ha consentito alle università di darsi uno Statuto e i Regolamenti necessari per l'attivazione e il funzionamento di Facoltà, Dipartimenti, Corsi di studio, dottorati ed altro. In particolare per i corsi di dottorato i regolamenti adottati prevedono la figura del coordinatore che può essere, come avviene in tutte le sedi, un docente di ruolo, ordinario o associato o anche ricercatore confermato, purché in possesso di sufficienti e acclarati requisiti scientifici relativi allo specifico corso di dottorato. Per l'art. 16 del DPR 382/80 la nomina a coordinatore di un corso di dottorato era riservata ai professori ordinari. Il successivo DM 224/99 ha previsto la figura del coordinatore senza specificarne quella giuridica dello stesso. Si è, in tal modo, salvaguardata l'autonomia organizzativa dell'università, ignorando l'art. 16 citato che prevedeva solo la possibilità di nomina a un associato in casi di motivato impedimento degli ordinari. Le università hanno ritenuto di estendere la nomina agli associati e in qualche caso anche ai ricercatori per poter garantire la piena e necessaria presenza dei requisiti scientifici per lo specifico corso di dottorato, prevista, per il coordinatore e i docenti, nel DM 224/99 di regolamentazione dei dottorati; DM che, all'art. 8 stabilisce l'abrogazione di alcune norme e di ogni altra disposizione incompatibile con il regolamento medesimo Questa è la ratio, a mio avviso giusta, che discende dal DM e adottata dalle università per la nomina del coordinatore di un dottorato. Il vincolo fissato dall'art. 16 del DPR 382/80, per la nomina del coordinatore di un dottorato è superato, de iure e de facto, salvo che il regolamento d'ateneo non lo abbia espressamente previsto valido. Rispondo al primo quesito. Ritengo che la nomina di coordinatore responsabile di un dottorato debba essere riservata a un docente di ruolo in possesso dei requisiti scientifici predetti. La responsabilità di un dottorato deve essere pienamente garantita e, pertanto, non può essere affidata a figure di docenza non di ruolo come quelle previste dal comma 12 della legge
230/05. Cordialmente
Alberto Pagliarini
mercoledì 25 gennaio 2012
domenica 22 gennaio 2012
anna sabatico e vincolo dei 35 anni di servizio
Gent. Prof. Pagliarini,
La Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012, ex legge finanziaria) approvata in via definitiva dal Parlamento il 12 novembre 2011
e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n. 265 si è occupata anche dei docenti universitari.
Tra altre cose, il capo 78 dell’art. 4 recita come segue:
“78. Le autorizzazioni di cui all’articolo 17, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, di cui all’articolo 10 della legge 18 marzo 1958, n. 311, e di cui all’articolo 8 della legge 18 marzo 1958, n. 349, possono essere concesse al medesimo soggetto per un periodo complessivamente non superiore ad un anno accademico in un decennio e non oltre il compimento del trentacinquesimo anno di anzianità di servizio. Nel concedere le autorizzazioni,
il Rettore tiene conto delle esigenze di funzionamento dell’Università ivi incluso il contenimento della spesa per la didattica sostitutiva. I conseguenti risparmi di spesa rimangono alle università.”
In pratica viene stabilito che dal 1 gennaio 2012 i congedi per sabbatico (art. 17 Legge 382/80), per ricerca all'estero (art. 10 Legge 311/58) e i congedi per gli assistenti universitari (art. 8 Legge 349/58) possono essere concessi alla stessa persona nel limite complessivo di 1 anno accademico in un decennio e non oltre il 35° anno di servizio.
Io sono un professore Associato di Chimica Industriale (CHIM 04) con una carriera che si è svolta: all’estero (fino al luglio 1975), presso l’Università di xxxxxxxx
come assegnista dal Luglio 1975 al Luglio 1976, come ricercatore di ruolo presso il CNR (1976- 1987), ed infine presso l’Università di xxxxxxxx, dove ho preso servizio in data 27/09/1987.
Ho fatto richiesta di anno sabbatico per l’a.a. 2012-13, ma ho saputo (per vie non ufficiali) che nel Senato Accademico di mercoledì scorso tale opportunità non mi è stata concessa dato che è stato ritenuto che la mia anzianità di servizio sia superiore ai 35 anni (probabilmente hanno sommato gli anni CNR con gli anni di associato).
Vorrei ricorrere al TAR contro questa decisione ritenendo che la mia anzianità di servizio vada considerata risalire al 27/09/1987 data in cui ho dato le dimissioni dal CNR e preso servizio a xxxxxxxxxx.
Qual è la sua opinione?
RingraziandoLa per il suo lavoro a beneficio di noi tutti,
Le invio i miei più cordiali saluti.
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
il computo degli anni di servizio per il vincolo dei 35 anni previsto dalla nuova norma, per la concessione di un anno sabatico ai docenti universitari va fatto, a mio avviso, riferendosi esslusivamente al servizio prestato nell'università, in qualità di docente, non in altri enti. Peraltro i ricercatori del CNR e i dipendenti pubblici di qualsiasi ente, non godono di tale concessione. Tra i servizi resi nell'università possono rientrare anche gli assegni di ricerca, anche perché sono riconosciuti ai fini giuridici ed economici nella ricostruzione di carriera. Il ricorso al TAR è possibile ma dopo aver scritto al rettore illustrando le motivazioni suddette e chiedendo una adeguata applicazione della norma. Cordialmente
Alberto Pagliarini
La Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012, ex legge finanziaria) approvata in via definitiva dal Parlamento il 12 novembre 2011
e pubblicata in Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2011, n. 265 si è occupata anche dei docenti universitari.
Tra altre cose, il capo 78 dell’art. 4 recita come segue:
“78. Le autorizzazioni di cui all’articolo 17, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, di cui all’articolo 10 della legge 18 marzo 1958, n. 311, e di cui all’articolo 8 della legge 18 marzo 1958, n. 349, possono essere concesse al medesimo soggetto per un periodo complessivamente non superiore ad un anno accademico in un decennio e non oltre il compimento del trentacinquesimo anno di anzianità di servizio. Nel concedere le autorizzazioni,
il Rettore tiene conto delle esigenze di funzionamento dell’Università ivi incluso il contenimento della spesa per la didattica sostitutiva. I conseguenti risparmi di spesa rimangono alle università.”
In pratica viene stabilito che dal 1 gennaio 2012 i congedi per sabbatico (art. 17 Legge 382/80), per ricerca all'estero (art. 10 Legge 311/58) e i congedi per gli assistenti universitari (art. 8 Legge 349/58) possono essere concessi alla stessa persona nel limite complessivo di 1 anno accademico in un decennio e non oltre il 35° anno di servizio.
Io sono un professore Associato di Chimica Industriale (CHIM 04) con una carriera che si è svolta: all’estero (fino al luglio 1975), presso l’Università di xxxxxxxx
come assegnista dal Luglio 1975 al Luglio 1976, come ricercatore di ruolo presso il CNR (1976- 1987), ed infine presso l’Università di xxxxxxxx, dove ho preso servizio in data 27/09/1987.
Ho fatto richiesta di anno sabbatico per l’a.a. 2012-13, ma ho saputo (per vie non ufficiali) che nel Senato Accademico di mercoledì scorso tale opportunità non mi è stata concessa dato che è stato ritenuto che la mia anzianità di servizio sia superiore ai 35 anni (probabilmente hanno sommato gli anni CNR con gli anni di associato).
Vorrei ricorrere al TAR contro questa decisione ritenendo che la mia anzianità di servizio vada considerata risalire al 27/09/1987 data in cui ho dato le dimissioni dal CNR e preso servizio a xxxxxxxxxx.
Qual è la sua opinione?
RingraziandoLa per il suo lavoro a beneficio di noi tutti,
Le invio i miei più cordiali saluti.
xxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
il computo degli anni di servizio per il vincolo dei 35 anni previsto dalla nuova norma, per la concessione di un anno sabatico ai docenti universitari va fatto, a mio avviso, riferendosi esslusivamente al servizio prestato nell'università, in qualità di docente, non in altri enti. Peraltro i ricercatori del CNR e i dipendenti pubblici di qualsiasi ente, non godono di tale concessione. Tra i servizi resi nell'università possono rientrare anche gli assegni di ricerca, anche perché sono riconosciuti ai fini giuridici ed economici nella ricostruzione di carriera. Il ricorso al TAR è possibile ma dopo aver scritto al rettore illustrando le motivazioni suddette e chiedendo una adeguata applicazione della norma. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 15 gennaio 2012
sentenza Consiglio di Stato riconoscimento assegni ricerca
Gentile Prof. Pagliarini,
sarebbe molto gradito un suo punto di vista sulla sentenza del Consiglio di Stato sulle ricostruzioni di carriera. Inoltre le chiedo se è d'accordo con il parere della collega xxxxxxxxxxx, sotto riportato, per la quale la sentenza eliminerebbe ogni possibile differenza tra assegno e post-doc.
saluti cordiali
Gennaro Carotenuto
Car*
vi segnalo che, con la sentenza n. 102 del 11.1.2012 (in allegato), il Consiglio di Stato ha affermato che la categoria degli assegnisti di ricerca costituisce un’evoluzione delle categorie di collaborazione precaria con le università vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del DPR n. 382/1980, e che, per non creare situazioni di disparità di trattamento fra situazioni identiche, i benefici previsti dall’art. 103 del DPR n. 382/1980 devono essere applicati anche in relazione alle categorie che hanno avuto origine dalla trasformazione di quelle esistenti nel 1980 (e prese espressamente in considerazione dallo stesso articolo 103).
E la saga continua...
Ciao
xxxxxxxxxxxxxxxx
------------------------------------------------------------
caro collega
la recente sentenza del Consiglio di Stato concerne esclusivamente la figura precaria del titolare di assegno di ricerca, non altre figure precarie. La stessa Corte rileva di essersi pronunciata favorevolmente anche per altre figure precarie quale quella dei tecnici laureati o funzionari tecnici. La sentenza non è, quindi, estendibile ad altre figure precarie come quella dei titolari di borse post dottorato., per le quali, ad oggi, nessuna università ha concesso il riconoscimento e non esistono pareri favorevoli espressi da organismi centrali. Le poche università che non hanno ancora riconosciuto gli assegni di ricerca nella ricostruzione di carriera, in Puglia solo Bari, pur in presenza di molteplici pareri favorevoli espressi da diversi organismi centrali (MEF, MIUR, INPDAP, CUN, Avvocatura dello Stato), potrebbero attuare il riconoscimento alla luce di questa sentenza. Probabilmente difficoltà di bilancio non lo consentiranno. Ritengo che tutti gli interessati delle predette sedi producano domanda al rettore per il riconoscimento, ai fini economici e giuridici, dei periodi di titolarità di assegno di ricerca. Inoltre i sindacati della docenza dovrebbero ufficialmente dichiararsi favorevoli alle predette richieste, anche per evitare un inutile contenzioso giudiziario, sicuramente favorevole ai ricorrenti, che comporterebbe aggravio di spese per l'amministrazione. In passato la predetta procedura, poggiante sui pareri favorevoli espressi e su alcune mie memorie sulla questione, ha determinato risultati positivi in alcune sedi. Mi consta che il CNU nazionale ha già scritto ai presidenti di sede informandoli della questione. Per quanto attiene le borse post dottorato ho sempre consigliato alle sedi di porre un quesito agli organismi centrali sopra citati, chiedendo il parere per l'eventuale riconoscimento. Da quanto mi risulta nessuna sede si è mossa in tal senso. Anche per questa questione i sindacati della docenza dovrebbero chiedere al rettore di far partire un regolare quesito, per l'eventuale riconoscimento di questo diritto. Con i tempi che corrono e le difficoltà economiche di tutte le amministrazioni universitarie, i rettori, presumibilmente, non si muoveranno in tal senso. Il mio parere è che anche le borse post dottorato dovrebbero rientrare nella estensione delle tipologie previste nell'art. 7, comma e) della legge delega 28/80 citata nell'art. 103 del DPR 382/80 sui riconoscimenti di servizi nella ricostruzione di carriera. Cordialmente
Alberto Pagliarini
sarebbe molto gradito un suo punto di vista sulla sentenza del Consiglio di Stato sulle ricostruzioni di carriera. Inoltre le chiedo se è d'accordo con il parere della collega xxxxxxxxxxx, sotto riportato, per la quale la sentenza eliminerebbe ogni possibile differenza tra assegno e post-doc.
saluti cordiali
Gennaro Carotenuto
Car*
vi segnalo che, con la sentenza n. 102 del 11.1.2012 (in allegato), il Consiglio di Stato ha affermato che la categoria degli assegnisti di ricerca costituisce un’evoluzione delle categorie di collaborazione precaria con le università vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del DPR n. 382/1980, e che, per non creare situazioni di disparità di trattamento fra situazioni identiche, i benefici previsti dall’art. 103 del DPR n. 382/1980 devono essere applicati anche in relazione alle categorie che hanno avuto origine dalla trasformazione di quelle esistenti nel 1980 (e prese espressamente in considerazione dallo stesso articolo 103).
E la saga continua...
Ciao
xxxxxxxxxxxxxxxx
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caro collega
la recente sentenza del Consiglio di Stato concerne esclusivamente la figura precaria del titolare di assegno di ricerca, non altre figure precarie. La stessa Corte rileva di essersi pronunciata favorevolmente anche per altre figure precarie quale quella dei tecnici laureati o funzionari tecnici. La sentenza non è, quindi, estendibile ad altre figure precarie come quella dei titolari di borse post dottorato., per le quali, ad oggi, nessuna università ha concesso il riconoscimento e non esistono pareri favorevoli espressi da organismi centrali. Le poche università che non hanno ancora riconosciuto gli assegni di ricerca nella ricostruzione di carriera, in Puglia solo Bari, pur in presenza di molteplici pareri favorevoli espressi da diversi organismi centrali (MEF, MIUR, INPDAP, CUN, Avvocatura dello Stato), potrebbero attuare il riconoscimento alla luce di questa sentenza. Probabilmente difficoltà di bilancio non lo consentiranno. Ritengo che tutti gli interessati delle predette sedi producano domanda al rettore per il riconoscimento, ai fini economici e giuridici, dei periodi di titolarità di assegno di ricerca. Inoltre i sindacati della docenza dovrebbero ufficialmente dichiararsi favorevoli alle predette richieste, anche per evitare un inutile contenzioso giudiziario, sicuramente favorevole ai ricorrenti, che comporterebbe aggravio di spese per l'amministrazione. In passato la predetta procedura, poggiante sui pareri favorevoli espressi e su alcune mie memorie sulla questione, ha determinato risultati positivi in alcune sedi. Mi consta che il CNU nazionale ha già scritto ai presidenti di sede informandoli della questione. Per quanto attiene le borse post dottorato ho sempre consigliato alle sedi di porre un quesito agli organismi centrali sopra citati, chiedendo il parere per l'eventuale riconoscimento. Da quanto mi risulta nessuna sede si è mossa in tal senso. Anche per questa questione i sindacati della docenza dovrebbero chiedere al rettore di far partire un regolare quesito, per l'eventuale riconoscimento di questo diritto. Con i tempi che corrono e le difficoltà economiche di tutte le amministrazioni universitarie, i rettori, presumibilmente, non si muoveranno in tal senso. Il mio parere è che anche le borse post dottorato dovrebbero rientrare nella estensione delle tipologie previste nell'art. 7, comma e) della legge delega 28/80 citata nell'art. 103 del DPR 382/80 sui riconoscimenti di servizi nella ricostruzione di carriera. Cordialmente
Alberto Pagliarini
domenica 8 gennaio 2012
sulla non riassorbibilità dell'assegno ad personam
Caro Pagliarini,
Ti sarei molto grato se volessi inviarmi eventuali riferimenti giurisprudenziali (possibilmente il testo delle decisioni) in materia di attribuzione definitiva a professore ordinario dell'assegno ad personam (goduto quale già professore associato nella stessa università ) non riassorbito completamente durante il triennio di straordinariato, nonché le sedi universitarie, oltre quella di Roma La Sapienza, riconoscono pacificamente tale diritto ai loro docenti in applicazione dell'art.8, comma 4, della legge 370/99.
Nel ringraziarTi vivamente in anticipo per la cortesia Ti invio i migliori auguri
xxxxxxxxxxxxx
----------------------------------------------------
caro collega
molte sedi, da tempo, non considerano riassorbibile l'assegno ad personam sia durante il triennio di conferma o di straordinariato, sia successivamente per l'eventuale quota residua dopo la ricostruzione di carriera. Bologna, Pisa, Verona, Parma, Siena e tante altre si comportano in tal modo. Vi sono sedi, come Bari e Foggia, che non lo considerano riassorbibile durante il triennio, ma riassorbono l'eventuale quota residua dopo la ricostruzione di carriera. Non mi consta ci siano sentenze di TAR sulla questione, tranne quella del TAR Foggia, presentata da un ricorrente per altre questioni, non per la questione assegno ad personam. Nella sentenza il TAR, incidentalmente, considera riassorbibile l'assegno residuo dopo la ricostruzione di carriera. Bari non considerava riassorbibile l'assegno anche dopo la ricostruzione di carriera, ma dopo la predetta sentenza ha cambiato opinione e lo ha considerato riassorbibile. Questa è la situazione, per quanto ne so. L'assegno, che compete per avanzamento di carriera in forza del comma 4, dell'art. 8 della legge 370/99, non è riassorbile e rivalutabile, come ho sempre sostenuto con memorie apposite e come lo ha considerato il MEF in risposta a specifici quesiti fatti da sedi, compresa Bari. Ma per una malintesa autonomia, le risposte ministeriali a specifici quesiti contano niente rispetto all'interpretazione della norma fatta da funzionari della sede. Ricambio gli auguri. Cordialmente
Alberto Pagliarini
Ti sarei molto grato se volessi inviarmi eventuali riferimenti giurisprudenziali (possibilmente il testo delle decisioni) in materia di attribuzione definitiva a professore ordinario dell'assegno ad personam (goduto quale già professore associato nella stessa università ) non riassorbito completamente durante il triennio di straordinariato, nonché le sedi universitarie, oltre quella di Roma La Sapienza, riconoscono pacificamente tale diritto ai loro docenti in applicazione dell'art.8, comma 4, della legge 370/99.
Nel ringraziarTi vivamente in anticipo per la cortesia Ti invio i migliori auguri
xxxxxxxxxxxxx
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caro collega
molte sedi, da tempo, non considerano riassorbibile l'assegno ad personam sia durante il triennio di conferma o di straordinariato, sia successivamente per l'eventuale quota residua dopo la ricostruzione di carriera. Bologna, Pisa, Verona, Parma, Siena e tante altre si comportano in tal modo. Vi sono sedi, come Bari e Foggia, che non lo considerano riassorbibile durante il triennio, ma riassorbono l'eventuale quota residua dopo la ricostruzione di carriera. Non mi consta ci siano sentenze di TAR sulla questione, tranne quella del TAR Foggia, presentata da un ricorrente per altre questioni, non per la questione assegno ad personam. Nella sentenza il TAR, incidentalmente, considera riassorbibile l'assegno residuo dopo la ricostruzione di carriera. Bari non considerava riassorbibile l'assegno anche dopo la ricostruzione di carriera, ma dopo la predetta sentenza ha cambiato opinione e lo ha considerato riassorbibile. Questa è la situazione, per quanto ne so. L'assegno, che compete per avanzamento di carriera in forza del comma 4, dell'art. 8 della legge 370/99, non è riassorbile e rivalutabile, come ho sempre sostenuto con memorie apposite e come lo ha considerato il MEF in risposta a specifici quesiti fatti da sedi, compresa Bari. Ma per una malintesa autonomia, le risposte ministeriali a specifici quesiti contano niente rispetto all'interpretazione della norma fatta da funzionari della sede. Ricambio gli auguri. Cordialmente
Alberto Pagliarini
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