giovedì 10 febbraio 2011

sulla concessione dell'aspettativa

Gentile Prof. A. Pagliarini,
dopo averla ringraziata per l'utilissimo blog, le chiedo un parere
sull'interpretazione di una norma contenuta nel contratto collettivo
del comparto ricerca:

" Al dipendente già in servizio a tempo indeterminato presso gli Enti
del comparto, vincitore di concorso presso altro Ente o altra
amministrazione italiana o degli altri Stati membri dell’Unione
europea che consentono l’accesso di cittadini italiani, o presso le
istituzioni dell’Unione europea, è concesso un periodo di aspettativa,
senza retribuzione e decorrenza dell’anzianità, non inferiore alla
durata del periodo di prova e, qualora non espressamente prevista, per
un periodo massimo di 6 mesi. "

Io sono dipendente di un EPR, e ho vinto un bando per una co.co.co. in
universita'; a suo parere, ho diritto a questa aspettativa? La mia
domanda sorge
dal fatto che nella norma si parla di "periodo di prova" e la
co.co.co. non ha alcun periodo di prova, essendo a tempo determinato.

La ringrazio in anticipo per l'aiuto e la saluto cordialmente,

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caro dottore
la norma contrattuale da lei citata consente la concessione dell'aspettativa
senza assegni a un dipendente già a tempo indeterminato vincitore
di concorso presso altro Ente, per la durata del periodo di prova e, qualora
non espressamente prevista, per la durata massima di 6 mesi.
L'aspettativa è concessa per consentire al dipendente il rientro nel caso in
cui non superi il periodo di prova che non è espressamente prevista per la
co.co.co.
Per l'inciso "qualora non espressamente prevista" l'aspettativa potrebbe
anche essere concessa per un massimo di 6 mesi. Salvo che l'amministrazione
non intenda che anche la nuova posizione debba essere a tempo indeterminato. Cordialmente
Alberto Pagliarini

mercoledì 9 febbraio 2011

incostituzionalità del blocco triennale

Gentile prof. Pagliarini,

le scrivo per proporle un problema a cui lei ha già risposto a un
collega in data 10 luglio 2010 ma che a mio avviso necessita di una
precisazione (se possibile). Ossia, lei sostiene che un ricercatore
confermato risultato idoneo a procedura comparativa per PA (I sessione
2008), chiamato dalla propria università con presa di servizio nel 2011,
mantiene fino al 1.1.2014 lo stipendio da ricercatore di cui godeva al
31.12.2011. Supponiamo che al concorso in oggetto l'altro idoneo fosse
un "esterno", ossia una persona non già dipendente pubblico, e che
questa persona sia chiamata dalla medesima università per lo stesso
ruolo nello stesso SSD e nella stessa data (presa di servizio nel corso
del 2011). Ci si troverebbe con due professori associati che hanno la
presa di servizio lo stesso giorno, nella stessa facoltà, nello stesso
SSD, idonei nel medesimo concorso, ma con due stipendi diversi (l'
"esterno" da PA non confermato, l' "interno" da ricercatore). Alcuni
colleghi mi hanno detto che è palesemente incostituzionale e che quindi
fioccheranno i ricorsi, in quanto: 1) a parità di prestazione lavorativa
dovrebbe corrispondere pari trattamento economico; 2) la presa di
servizio come PA è considerata un avanzamento di carriera, ma a tutti
gli effetti è l'ingresso in un ruolo nuovo e l'essere già dipendente
pubblico è fortemente discriminante rispetto a chi, con le stesse
procedure, assume questo ruolo proveniendo dall'esterno. Spero di essere
stato chiaro e mi scuso se sono risultato eccessivamente prolisso. Lei
che ne pensa?

La ringrazio in anticipo per la risposta che vorrà darmi e la saluto
cordialmente
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caro collega
il suo ragionamento è valido ma............"dura lex sed lex". Occorre fare
un ricorso al TAR ponendo la questione di incostituzionalità della norma.
Cordialmente
Alberto Pagliarini

pensionamento non oltre i 70 anni

Gentile Professore,
sono ordinario dal 2001 e non ho optato per la legge Moratti. Per l’Università di Torino devo andare in pensione a 70 anni, quando avrò solo 38 anni di contributi
(non ho, a suo tempo, riscattato la laurea e gli anni di Borsa). Se potessi andare in pensione a 72 anni raggiungerei i 40 anni di contributi. C’è qualche speranza?
Ringraziandola per l’attenzione, invio cordiali saluti
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caro collega
la legge Gelmini ha eliminato la possibilità di avere due anni di proroga in ruolo che potevano essere concessi discrezionalmente dall'amministrazione. Allo stato attuale l'età massima di pensionamento è 70 anni. Cordialmente
Alberto Pagliarini

opzione per la legge Moratti

Gentile Prof. Pagliarini
sono un prof. associato dal 2001 presso la facoltà di scienze Federico II Napoli, vorrei sapere se posso presentare il modulo di opzione età pensionabile 70 anni legge230/05.
La ringrazio
Un cordiale saluto
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gentile collega
la legge Gelmini non ha abrogato il comma 19 dell'articolo unico della legge Moratti che prevede la possibilità di opzione. Pertanto l'opzione può ancora essere richiesta.
Cordialmente
Alberto Pagliarini

domenica 6 febbraio 2011

sul blocco retribuzione ai ricercatori non confermati

Gent. Prof. Pagliarini,
sono un ricercatore di Ingegneria appena entrato in servizio, nel ringraziala del prezioso supporto che da anni offre a tutti noi,
volevo porre alla Sua gentile attenzione la misura di cui all’oggetto.

Nell’ambito delle misure di contenimento della spesa nel pubblico impiego, l’articolo 9
comma 21, terzo periodo, del DL 78/2010 come convertito dalla Legge 30 luglio 2010 n. 122
il nostro Ateneo ha sospeso per i ricercatori fino al 2013 gli effetti della legge 43/2005
secondo cui "dopo il primo anno di effettivo servizio e fino al giudizio di conferma, il trattamento
economico dei ricercatori universitari e' pari al 70 per cento di quello previsto per il professore
universitario di seconda fascia a tempo pieno di pari anzianità".

Volevo chiedere il suo papere sulla leggittimità di questo provvedimento e sulla correttezza dell'interpretazione del DL 78.


Grazie,
cordialmente
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caro dottore
il comma 21, art. 9, legge 122/2010 prevede
"Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti".

Il passaggio dopo un anno alla classe 01 adegua la retribuzione del ricercatore non confermato al 70% di quella dell'associato non confermato. Tale passaggio avviene automaticamente, pertanto rientra nel citato comma. Il blocco è, quindi, legittimo anche se iniquo. I ministri Tremonti e Gelmini hanno più volte assunto l'impegno che con successiva norma sarebbero stati eliminati dal blocco i ricercatori non confermati e i confermati sino a una certa classe retributiva della prima progressione economica. Costoro, per unanime riconoscimento, hanno retribuzioni molto basse e sono i più danneggiati dal blocco. Sarebbe giusto rimediare in qualche modo. Sinora ciò non si è verificato. E' sperabile che si provveda nel mille proroghe in itinere al Parlamento. Cordialmente

Alberto Pagliarini

ancora sulla proroga in ruolo

Gent.mo Prof. Pagliarini,

sono un prof. ordinario con concorso bandito prima
della Legge Moratti del 2005 sebbene con presa
di servizio dopo l'approvazione della suddetta legge.
(concorso bandito aprile 2005 e presa di servizio
ottobre 2006).
Se ho ben capito, non avendo optato per il regime
della Moratti, dovrei essere sottoposto ancora alle
condizioni post DPR 382/80, ovvero 70 anni + altri
2 anni opzionali per andare in pensione.

Quello che non mi è chiaro è la concessione
dei due anni oltre i 70 :
devono essere concessi a mia richiesta oppure
l'amministrazione può decidere se concederli o meno.

In quale normativa è stata prevista la discrezionalità
nella concessione dei 2 anni di proroga oltre i 70 anni??

Nel mio ateneo alcuni docenti ordinari messi a riposo
a 70 anni sono stati reiintegrati dal TAR per gli ulteriori
due anni. Quindi la discrezionalità la si può sempre
contestare???

La ringrazio in anticipo per la sua risposta e le
porgo i miei più cordiali saluti,
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caro collega
con la legge 133/2008 la proroga in ruolo di due anni è diventata
discrezionale per l'amministrazione, non più obbligatoria a domanda. La non
concessione andava comunque motivata dall'amministrazione
"in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali ed in funzione
dell'efficiente andamento dei servizi.", come dice la legge. I ricorsi al TAR sonio stati vinti perché l'amministrazione non aveva motivato o sufficientemente motivato la non concessione. La legge Gelmini, entrata in vigore il 29 gennaio, con
l'art. 25 ha eliminato del tutto la proroga in ruolo di due anni. Pertanto non
ritengo ci siano le condizioni per un ricorso. Cordialmente
Alberto Pagliarini

sabato 5 febbraio 2011

Gelmini e parentopoli

Caro Pagliarini,

Che cosa pensa lei del'art. 18 lettera b, ultimo periodo, e lettera c? (parenti e affini fino al quarto grado)
In pratica, se per struttura chiamante si intende l'intera Scuola, si preclude la possibilità di intraprendere la carriera universitaria a tanti giovani che, magari senza neanche saperlo, hanno un lontano parente incardinato nella stessa Scuola.

Cordiali saluti,


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caro collega
l'ultimo periodo del punto b), comma 1 dell'art. 8, non consente "la partecipazione alle procedure per la chiamata a coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, sino al 4° grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente il consiglio di amministrazione dell'ateneo". Pertanto la parola "struttura" va sicuramente riferita alla facoltà o altro organismo che può effettuare la chiamata, non può essere riferita a tutta l'università perché, se così fosse, il legislatore non avrebbe ulteriormente specificato "ovvero con il rettore........". Pertanto un parente può partecipare alle procedure per la chiamata da parte di un dipartimento o una facoltà diversa da quella cui afferisce il professore parente. Ritengo necessario fare qualche considerazione sul perché il legislatore ha inteso introdurre lo specifico veto. Certamente non per capriccio legislativo o per un pregiudizio verso la categoria dei professori universitari. Il legislatore lo ha fatto perché la degenerazione del fenomeno parentopoli e affinopoli, ha dato spesso materia di cronaca scandalistica e giudiziaria a tanti giornalisti e scrittori, anche docenti, che hanno pubblicato volumi in materia. E' vero che il fenomeno predetto non è esclusivo solo del comparto dei professori universitari, essendo diffuso in tanti altri comparti, magistratura, ministeri, notariato ecc., tanto da essere endemico in questo anomalo Paese. Ma è anche vero che, per l'enfatizzazione data dalla stampa agli scandali universitari, l'opinione pubblica è rimasta scioccata e, per una incontrollabile immaginazione collettiva si è convinta che il fenomeno coinvolgesse tutta l'università e tutti i concorsi. Non è così, ovviamente, perché nell'università ci sono sempre stati, ci sono e ci saranno, tanti docenti che compiono pienamente il loro dovere istituzionale anche sotto il profilo etico sociale. Tuttavia la vecchia immagine del professore universitario, avvertita dalla collettività come Uomo di alta cultura, di sapere di vecchia e nuova conoscenza, che prepara e forma le nuove generazioni all'esercizio delle professioni e, per l'immaginario sociale anche sotto il profilo etico e comportamentale, è stata cancellata o, quanto meno, sbiadita. Per questo ritengo che il legislatore non poteva fare diversamente nell'interesse stesso dell'Istituzione universitaria, dei suoi docenti e dell'intero Paese. Anche per questo ritengo che la legge Gelmini non sia tutta da rigettare, come è stato detto, essendoci elementi accettabili e necessari. Si poteva far di meglio, ma è sicuramente un passo avanti verso una vera riforma che elimini il valore legale del titolo di studio e le connesse conseguenze in termini di autonomia vera, di responsabilità, di concorrenza reale e salutare tra le sedi. Per il bene del Paese è' auspicabile che in ogni altro comparto dell'organizzazione sociale si pongano veti, come quelli introdotti nell'università, per limitare le diffuse anomalie etico sociali. Questo è il mio pensiero che, da decenni, in ogni occasione ho sempre esposto, purtroppo, senza risultati. Vedremo quali risultati produrrà la norma limitativa predetta. Cordialmente
Alberto Pagliarini